Crescita? Nasce l’incognita della moneta unica
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Da quanto la moneta ha compiuto i suoi primi 10 anni (2012) che sono iniziate ad uscire le prime incognite. Molti si ricordano  il clima entusiasta con il quale si salutava l’inizio della valuta unica, tra balli all’aperto e fuochi d’artificio davanti al Quirinale, celebrante Carlo Azeglio Ciampi,  e si alimentava la allegra sicurezza che il neonato euro avrebbe portato a tutto il Continente una stabile e irreversibile prosperità. Ora però non è andata così, e forse neppure tanto per colpa degli europei, quanto di una crisi finanziaria, di una tempesta selvaggia dei mercati privi di automatismi equilibratori. Ma certamente, dentro la crisi, si è colta l’assenza di quello “spirito europeo” che superasse gli egoismi e i pur legittimi interessi nazionali, come si prometteva al cambio di Millennio, quando si caricava la moneta unica del compito di potente locomotiva verso la progressiva integrazione comunitaria.
Forse si è pagata (e probabilmente la si paga tutt’ora) l’ambizione esagerata di introdurre un inedito mai accaduto nella millenaria storia dell’umanità: quella cioè di una “moneta senza sovrano”, nell’illusione magari che, attraverso il denaro uguale per tutti e una Banca Centrale europea svincolata dai governi, partisse il volano che conduceva in fondo al tragitto agli “Stati Uniti d’Europa

La crescita che si è vista nell’ultimo trimestre non ha segnato un grande impatto sulle quotazioni dell’euro. Non si fa di certo di tutta l’erba un fascio, anche perché ad inizio settimana abbiamo toccato quota 1,1846 dollari, massimo storico dal 2015. Questo andamento però potrebbe esser stato motivato da un miglioramento dello stato di salute dell’economica dell’Europa e dalle vittorie che ci sono state alle elezioni di Francia e Paesi Bassi.  L’elemento dove ci si deve maggiormente soffermare, però, è il dollaro. Dopo l’elezione del candidato Donald Trump ci fu subito un rialzo in borsa ma da li a poco tutto cambiò. Da gennaio il dollar index, che misura l’andamento del tasso di cambio, è sceso di ben 5,8 punti percentuali. Chi ha investito sulla crescita del PIL americano, ora, dovrà fare i conti con un’amministrazione meno solida del previsto. La nube pessimista che aleggia sopra alla Casa Bianca sembra essersi alimentata dopo la mancata abrogazione dell’Obamacare. I problemi però non finiscono qui: dopo 10 giorni viene licenziato il capo della comunicazione Scaramucci. Tutto questo potrebbe anche portare delle gravi conseguenza all’Europa, come la perdita di competitività sui mercati esteri. Un indebolimento del 5% del dollaro potrebbe creare un impatto potenziale del 10,7% sugli utili del 2017.

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