Anche quest’anno non mancano le novità in tema di previdenza sociale
In futuro gli assegni previdenziali saranno sempre più bassi.

In futuro gli assegni previdenziali saranno sempre più bassi. Per non veder crollare il proprio reddito una volta lasciato il lavoro è importante quindi investire nella previdenza complementare. Una scelta purtroppo che, a partire dai giovani, viene fatta ancora da una ridotta percentuali di lavoratori tanto che il tema dell’investimento sulla pensione di scorta è stato uno dei focus dell’ultima edizione del mese (ottobre) dedicato all’Educazione finanziaria. La pensione pubblica erogata dall’Inps, presieduta da Pasquale Tridico (nella foto a destra) fino agli anni ’90 del resto consentiva di mantenere un adeguato tenore di vita dopo aver lasciato il lavoro, con importi molto vicini agli stipendi. E si basava essenzialmente su due presupposti. 

La vita media residua dopo il raggiungimento del termine dell’attività lavorativa non molto lunga – che arrivava fino a circa 75 anni, tra uomini e donne – e il numero dei lavoratori in servizio, molto superiore rispetto alle persone che erano invece in pensione. E sulla base di questo meccanismo, definitivo di tipo retributivo, i lavoratori in servizio con i loro contributi pagavano di fatto le pensioni di coloro che avevano già interrotto il rapporto di lavoro per limiti di età e quindi percepivano le rate di rendita della pensione. Oggi non è più così. Il venir meno di questi due fattori aveva portato già negli anni Novanta a introdurre il metodo contributivo per il calcolo della pensione. In pratica ogni lavoratore deve costituire con i propri contributi una propria posizione individuale all’interno del sistema pensionistico pubblico e quindi al momento in cui si interromperà il rapporto di lavoro questo “gruzzolo“ sarà utilizzato per pagare le rate della sua pensione. La premessa è che più un lavoratore versa contributi più la sua rendita sarà maggiore e prima comincia a versare e più questa rendita sarà alta. Di fronte però a una pensione pubblica che potrebbe essere anche meno dell’a metà dell’ultimo reddito da lavoro, è fondamentale pensare a un’integrazione. C’è però una larga parte di lavoratori che non ha ancora una forma di previdenza complementare.

Oggi su 25 milioni di lavoratori, solo 8,8 milioni hanno aderito alla previdenza complementare. E tra quelli che hanno aderito c’è una fetta che sembra essersene dimenticata. Circa il 27% di chi ha aderito non ha fatto un versamento nell’ultimo anno e sono un milione quelli che non hanno fatto versamenti negli ultimi 5 anni. La regolarità dei contributi, anche con somme piccole, è fondamentale. Sono scese in campo anche le compagnie di assicurazione come UnipolSai, guidata dal ceo Matteo Laterza (nella foto a sinis

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