Il tema del riciclaggio, e di conseguenza anche quello dell’antiriciclaggio, sono oggi di grande attualità. Per questo abbiamo chiesto a Ermanno Cappa, avvocato del Foro di Milano, presidente del Centro Studi Ambrosoli e autore del libro Il Riciclaggio del denaro. Il Fenomeno, il reato, le norme di contrasto, di delineare un quadro dell’attuale situazione normativa in materia, focalizzandosi sugli adempimenti che gli intermediari devono mettere in campo per ottemperare alle richieste di segnalazione previste dalle norme.
In cosa consiste esattamente il riciclaggio di beni e denaro e perché è importante contrastare tale fenomeno?
Per la criminalità organizzata e, tutto sommato, per chiunque commetta crimini finalizzati a ottenere qualsivoglia vantaggio economico (così è, a ben vedere, per la stragrande maggioranza dei reati), il riciclaggio dei beni, e o del denaro, derivanti dai delitti commessi rappresenta, prima di tutto, una impellente necessità: il ricavato del reato, infatti, non può essere utilizzato senza rischi, prima di essere ripulito, mascherato, camuffato. Senza riciclaggio il crimine non produce vantaggi economici duraturi: di qui la rilevanza strategica per la criminalità di ciò di cui parliamo.
Il riciclaggio è un reato che generalmente non suscita allarme sociale; si è portati a pensare che si tratti di un fenomeno connesso alla grande criminalità che non riguarda la gente comune. È così?
Non v’è dubbio che il fenomeno prevalentemente riguardi, perlomeno nelle sua genesi, la grande criminalità ma è altrettanto indubbio, purtroppo, che non esistono fenomeni riguardanti la grande criminalità che non si riflettano pesantemente sul sistema economico generale e, quindi, in ultima analisi, sulla gente comune. La ripulitura dei soldi provenienti dal narco-traffico, ad esempio, consente alla criminalità organizzata di comperare, con enormi vantaggi competitivi (disponibilità di somme immediate, non necessità di ricorso al credito bancario, intimidazione …), attività economiche (ad esempio esercizi commerciali, bar, ristoranti) di per sé lecite: il riciclaggio quindi inquina l’economia e l’inquinamento dell’economia finisce con lo svantaggiare soprattutto i più deboli.
Ultimamente si parla di introdurre il reato di “auto riciclaggio” nel nostro ordinamento. Può spiegare ai nostri lettori di cosa si tratta? Qual è la sua posizione a riguardo?
In base al Codice penale italiano il riciclaggio è un reato che presuppone necessariamente la consumazione di un altro crimine: prima commetto una rapina, poi devo ripulire il denaro rapinato per renderlo spendibile e, quindi, lo riciclo: si tratta di due momenti differenti, che il Codice tratta in maniera nettamente separata. In pratica, chi commette la rapina (e chi concorre nella commissione della rapina), non viene punito per il riciclaggio del denaro rapinato, bensì soltanto per la rapina. È il c.d. “privilegio di auto-riciclaggio”, una stranezza del nostro Codice (artt. 648-bis e 648-ter C.P.), criticata da più parti. Ancor più criticata se si considera che talvolta il riciclaggio è punito più gravemente rispetto al reato presupposto, così che, chi viene preso con le mani nel sacco a riciclare, spesso ha interesse ad autodenunciarsi quale “concorrente” nel reato-presupposto, per ottenere una riduzione di pena. Si tratta di un’incongruenza, che penalizza non poco l’efficacia della repressione del riciclaggio. Varie sono le proposte di riforma del Codice penale finalizzate a recidere questa incongruenza. Spero che ciò avvenga presto.
Nel suo volume Il Riciclaggio del denaro. Il Fenomeno, il reato, le norme di contrastolei fa un’analisi di tutti i soggetti interessati da questo fenomeno. Chi sono questi soggetti? Come possono collaborare tra loro per contrastare il fenomeno?
Oltre al Codice Penale esiste, in Italia, una legge speciale di prevenzione e contrasto. Si tratta di un decreto legislativo del 2007 (n. 231), che prende le mosse dalla prima legge antiriciclaggio italiana, che risale al 1991 (n. 197). Il decreto legislativo n. 231 ha recepito la terza direttiva comunitaria antiriciclaggio (2005/60/CE) e prevede, in effetti, un principio di coralità nella lotta al riciclaggio: coralità fra autorità amministrative (Banca d’Italia, Uif, Mef), magistratura e forze di polizia, italiane e straniere; coralità fra destinatari diretti della norma (banche, altri intermediari finanziari, Poste, professionisti …) e le autorità di settore. Tutti possono collaborare, anzi, tutti devono collaborare, se si vuole evitare che il fenomeno divori l’economia, ma non sempre è facile. Occorrono doti rare: massima onestà; fiducia reciproca; messa al bando di atteggiamenti formalistici e burocratici.
Come si può quantificare il fenomeno del riciclaggio? La segnalazione di operazioni sospette sta fornendo qualche aiuto? Si parla anche di esubero di segnalazioni rispetto al numero reale di operazioni effettivamente sospette. È un problema effettivo?
Varie sono le stime in circolazione: secondo le più accreditate (Banca d’Italia, Procura Antimafia) ogni giorno, soltanto in Italia, vengono riciclati 400 milioni di euro: un’“industria” che rappresenta il 10% del Pil. Le segnalazioni di operazioni sospette sono indubbiamente uno strumento utile (oltreché necessario) e danno luogo ogni anno a investigazioni, processi e condanne non da poco. Esistono dati di difficile lettura, stante la delicatezza e riservatezza tipica della materia. Certo è che esiste un rischio obiettivo di esubero di segnalazioni, che possono anche diventare uno strumento becero di auto-protezione del segnalante. Il numero sta crescendo in maniera esponenziale: nel primo semestre 2012 le segnalazioni alla Uif sono state ben 34.458, con un incremento, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, pari al 44,3%. Soltanto l’onestà intellettuale degli operatori, accompagnata da una giusta dose di repressione degli abusi, potrà mantenere la materia nel giusto perimetro.
L’economia sommersa, il lavoro nero, l’evasione fiscale, la corruzione sono spesso fenomeni collaterali al riciclaggio. Cosa si può fare per combattere questi fenomeni?
Si tratta di tipologie che configurano il presupposto del riciclaggio; pertanto, il loro contrasto va condotto a monte, prima che si innestino i meccanismi del riciclaggio.
Come si inquadra il fenomeno del riciclaggio all’interno del sistema penalistico italiano? Esistono connessioni o collaborazioni con l’Europa? E con il resto del mondo?
Nel Codice penale italiano il riciclaggio è previsto e punito dalle norme già richiamate. Il fenomeno, peraltro, rappresenta una questione globale e, quindi, la risposta degli ordinamenti giuridici deve essere altrettanto globale. La legge speciale italiana (d. lgs. 231-2007) contiene norme espressamente finalizzate ad assicurare una risposta globale, ad esempio, prevedendo forme di collaborazione stretta fra autorità di polizia dei diversi Stati (art. 9). Esistono inoltre varie entità internazionali aventi lo scopo di elaborare e promuovere strategie di lotta al riciclaggio, quale, ad esempio, il Gafi, organismo intergovernativo, a cui aderiscono 36 nazioni (fra cui l’Italia). Esistono infine autorità di investigazione internazionale, come ad esempio l’Eurojust, di emanazione europea.
Come si rapportano le banche alle ultime disposizioni attuative imposte dalla legge?
Le banche sono le principali destinatarie dei precetti contenuti nella legge antiriciclaggio. Dopo l’impatto traumatico dei primi anni ’90, quando la legge n. 197 era intervenuta, come un fulmine a ciel sereno, a sovvertire le logiche del segreto bancario per invocare ciò che oggi la legge stessa chiama “collaborazione attiva” dei destinatari, le banche oggi convivono con la norma e sanno ottemperarvi. Molti sono i quattrini investiti nella formazione del personale e negli assetti organizzativi e dei controlli. Certo non manca il rischio di una sorta di atteggiamento burocratico e auto-protettivo, talvolta giustificato da un atteggiamento altrettanto burocratico delle autorità preposte.
Vale anche per gli intermediari finanziari (ex articolo 107)?
Sì, tutti gli intermediari finanziari contemplati dal Testo unico bancario rientrano nel novero dei destinatari del decreto legislativo n. 231 del 2007.
E il mondo dei Confidi?
Sì, in quanto intermediari del tipo di cui sopra.
Anche gli intermediari creditizi (mediatori e agenti in attività finanziaria) avranno degli adempimenti particolari da rispettare?
Anche i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria rientrano espressamente fra i destinatari della norma e, quindi, sono soggetti agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione in Aui, di segnalazione delle operazioni sospette, di comunicazione e di formazione. L’ordinamento giuridico non fa sconti, non considerando forse fino in fondo la circostanza che la struttura e la forza organizzativa di un mediatore creditizio, rispetto a quella di una banca, è differente. In sostanza, a disparità di struttura, corrisponde una sostanziale parità di compiti.