«Bankitalia vigila, non è Polizia»

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Tra le nevi svizzere di Davos irrompe come una valanga inattesa il “caso” Monte dei Paschi di Siena e operazioni correlate che altera l’ordine dei lavori al Centro congressi del World economic forum dove 2.500 partecipanti del gotha finanziario e industriale discutono dei destini del mondo. Un evento, quello di Mps, che fa riflettere come, dopo cinque anni dall’inizio delle crisi finanziaria, i suoi effetti non siano ancora finiti.
«La Banca d’Italia non fa un’azione di polizia, cura la sana e prudente gestione e laddove la gestione sembra imprudente allora interviene». Così nella prima gelida mattinata Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, con zainetto a tracolla e un loden verde scuro adatto al paesaggio alpino circostante, commenta a margine dei lavori del Wef, a Davos sul caso Mps. Visco è sereno, concentrato sui prossimi appuntamenti che lo vedranno partecipare come oratore a un seminario sulla “mancanza della crescita e politica monetaria facile” insieme al ministro dell’economia francese Pierre Moscovici, al cinese Jin Liqun, presidente della Cic e Brian Moynihan, Ceo di Bank of America. Il governatore è disponibile a una breve chiacchierata su quello che rischia di diventare un nuovo ostacolo per il recupero d’immagine dell’Italia nel mondo.
Qual è la posizione della Banca d’Italia sul caso Mps?
La posizione della Banca d’Italia è quella che bisognerà accertare le eventuali responsabilità individuali che sono in corso di investigazione da parte dei magistrati. La Banca d’Italia dà la massima collaborazione su questo. Noi chiaramente siamo aperti per dare tutte le informazioni non solo alle autorità giudizarie ma anche a rendere conto del modo su come la vigilanza viene ed è stata effettuata. In questo caso specifico però bisogna essere molto chiari. Le responsabilità individuali sono emerse di recente e le eventuali perdite non sono tali da compromettere la stabilità della banca in questione».
C’è stata una particolare attenzione da parte della Banca d’Italia e dei suoi uffici a proposito della liquidità di Monte dei Paschi di Siena nei mesi scorsi?
«Sicuramente negli ultimi due o tre anni c’è stata molta attenzione sullo stato della liquidità della banca Mps che era molto compromessa e questo è il motivo per cui si sapeva da tempo che interventi sulla banca erano necessari. D’altra parte i primi Tremonti Bond erano esattamente mirati a quello scopo. I secondi sono il risultato dell’aver avuto un aumento del rischio sovrano che si è ripercosso sul bilancio della banca senese e la banca non aveva la liquidità sufficiente per farvi fronte».
Ritiene a rischio la stabilità della banca dopo questa scoperta di operazioni fatte dalla precedente gestione e scoperte in seguito, come quella con la Nomura?
«No sulla stabilità della banca non ci sono assolutamente problemi».
Come si procede in questi casi così complessi?
«Uno può dire datemi tutte le carte ma se uno non ti da tutte le carte? È un problema perché se uno fa un’operazione assolutamente azzardata e crea un pasticcio tremendo che succede?».
Poi però chi fa i pasticci va salvato oppure no?
«Dipende. A volte sì a volte no. Qui nel caso di Monte dei Paschi di Siena quello che succede è che questi saranno salvati, ma ci sarà sicuramente un prestito del Tesoro oneroso, quindi molto costoso, che vuole dire che lo pagheranno gli azionisti».

 

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