Cala ancora l’inflazione in Italia e Draghi valuta se prolungare il QE

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InflazioneAncora in calo l’inflazione in Italia. A Febbraio l’IAPC (indice armonizzato dei prezzi al consumo), misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, è sceso allo 0,5% annuale rispetto allo 0,7% atteso dagli analisti. L’indice mensile infatti è risultato in calo dello 0,5% rispetto a gennaio contro una stima di -0,3%.

Come rende noto l’Istat, la frenata dell’inflazione si deve prevalentemente all’inversione di tendenza dei prezzi degli Alimentari non lavorati (-3,2% da +0,4% di gennaio), cui si aggiunge il rallentamento della crescita dei prezzi sia degli Alimentari lavorati (+1,3% da +2,1%) sia dei Beni energetici regolamentati (+5,3% da +6,4%).

Più nel dettaglio, sottolinea l’Istat, “il rallentamento non riguarda la dinamica dell'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che si attesta a +0,6% come a gennaio. L’inflazione al netto dei soli Beni energetici si riduce invece di quattro decimi di punto percentuale (+0,2%, da +0,6% del mese precedente).”

Nonostante dunque gran parte della riduzione mensile non sia da attribuirsi a una dinamica di fondo dei prezzi, l’indice si mantiene particolarmente debole. L’inflazione acquisita per il 2018 è pari a +0,4% per l’indice generale e nulla per la componente di fondo.

Il dato italiano non è isolato. Andando a guardare a livello europeo si nota una dinamica che resta debole anche in quei Paesi che stanno sperimentando una crescita più sostenuta dell’economia e un mercato del lavoro in ripresa, come in Francia, se non addirittura in piena salute, come quello tedesco.

In Francia l’IAPC mensile a Febbraio è stato nullo ed è risultato in crescita dell’1,3% a livello annuale, stabile rispetto al mese precedente e in linea con le previsioni degli analisti. In Germania l’indice è sceso all’1,2%, in linea con le attese ma in rallentamento per il terzo mese consecutivo. I dati di Germania, Francia e Italia sono particolarmente indicativi per delineare il quadro entro il quale si trova ad operare Mario Draghi e la BCE. L’indice dei prezzi al consumo per l’eurozona è infatti risultato in calo a livello annuale all’1,1% dall’1,2% del mese precedente e rispetto a quanto atteso.

Non a caso due giorni fa Draghi si era espresso sottolineando come nonostante il miglioramento del mercato del lavoro rispetto al 2013 sia significativo, con circa 7,5 milioni di posti di lavoro creati, permangono incertezze e fragilità. “Per porre fine al QE”, ha aggiunto, “occorre che ci sia una condizione molto chiara, dobbiamo vedere un aggiustamento sostenibile nel percorso dell’inflazione verso il nostro obiettivo, ovvero un tasso vicino al 2% nel medio termine”. Questo perché nonostante l’economia si è sviluppata “in modo ancora più forte rispetto a quanto ci aspettassimo e la fiducia nell’Eurozona è aumentata, non possiamo ancora dire che il lavoro sia finito”. “La nostra politica monetaria dovrà dunque essere calibrata in modo da garantire che l’inflazione prosegua lungo questa strada”.

Non è detto dunque che il QE possa terminare a settembre, come inizialmente stabilito. Molti si stanno interrogando se questa condizione di bassa inflazione possa diventare cronica e se quindi i tassi bassi e gli interventi straordinari della Banca Centrale possano diventare la nuova normalità della politica monetaria.

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