Consegnati gli avvisi a Mussari e Vigni

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Il primo della lista è l’ex presidente Giuseppe Mussari, convocato per domani pomeriggio. Poi toccherà all’ex direttore generale Antonio Vigni, che invece sarà interrogato mercoledì. L’inchiesta della procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta entra nella fase più calda. Gli avvisi a comparire sono stati notificati ieri mattina agli ex dirigenti del Monte dei Paschi. I magistrati contestano reati che vanno dall’associazione a delinquere alle false comunicazioni, alla turbativa e alla truffa. E di questo chiederanno conto agli indagati. Non solo. Per sabato prossimo è stata fissata la deposizione di Alessandro Daffina, il banchiere che per conto della Rothschild Italia curò la trattativa tra Santander e Mps. Sono centinaia i documenti utili alle verifiche acquisiti negli ultimi otto mesi. Tra questi anche alcune mail tra funzionari che proverebbero gli accordi illeciti. Le verifiche procedono spedite e c’è irritazione per l’iniziativa dei colleghi di Trani che hanno aperto un fascicolo qualche giorno fa. Scelta stigmatizzata pure dal procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati che al convegno organizzato da Magistratura Democratica ha parlato di «Procure che considerano la competenza territoriale un optional e fanno a gara per accaparrarsi le indagini».

La «stecca» per i manager
La svolta attesa ormai da giorni arriva ieri mattina, quando gli uomini della Guardia di Finanza bussano alle porte degli studi legali. Nel provvedimento firmato dai pubblici ministeri Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso si contesta la procedura seguita nel 2007 per comprare Antonveneta dal Banco Santander per 9 miliardi e 300 milioni di euro, vale a dire 3 miliardi in più di quanto gli spagnoli l’avevano pagata due mesi prima. Ma soprattutto la regolarità del contratto Fresh siglato nel 2008 con Jp Morgan. E poi la scelta di investire nei «derivati» per cercare di ripianare i debiti provocati dall’operazione.

 

Il sospetto dei magistrati è che quella «plusvalenza» sia stata divisa tra venditore e compratore. Ipotesi confermata dal manager dell’Area Finanza che da alcune settimane ha cominciato a collaborare, fornendo agli inquirenti conferma di quanto era già stato evidenziato nelle informative firmate dagli investigatori del Nucleo valutario guidati dal generale Giuseppe Bottillo. È un collaboratore stretto dell’ex capo della struttura, Gianluca Baldassari, anche lui indagato per gli stessi reati contestati a Mussari e Vigni. Baldassarri al momento non risulta tra i destinatari degli avvisi. E questo fa presumere che l’accusa voglia avere un quadro completo di quanto accaduto negli ultimi anni prima di porre domande a quello che viene ritenuto il personaggio chiave dell’affare, ma anche delle operazioni finanziarie e delle manovre speculative compiute dopo l’acquisizione.

Il contratto cambiato
Tra gli elementi che saranno contestati a Mussari e Vigni ci sono le mail scambiate tra i funzionari di Mps durante la trattativa per il Fresh con Jp Morgan. Perché dimostrano, secondo l’accusa, come siano stati occultati i veri termini dell’accordo con la banca d’affari. In particolare, come è evidenziato nell’informativa del Valutario trasmessa ai magistrati nel marzo scorso, uno degli aspetti più controversi è quello del «modo usufrutto».

Scrivono gli investigatori: «È interessante sottolineare come, anche in questo caso apparentemente alternativo all’ equity swap , l’operazione è strutturata in modo da addebitare a Mps l’onere cedolare del Fresh. Si richiama la sequenza di mail del 10 aprile 2008 nelle quali il documento predisposto per il consiglio di amministrazione della banca che inizialmente indicava in capo a Mps l’onere cedolare del Fresh “durante la vita del Fresh paga una cedola”, a seguito delle osservazioni del manager Massimo Molinari venne rettificato mediante l’eliminazione di qualsiasi riferimento alla banca quale pagatore delle cedole in questo modo: “durante la vita, il Fresh paga una cedola”».

Il giallo della prima offerta
Daffina è già stato interrogato nel marzo scorso proprio per ricostruire le fasi iniziali del negoziato. E ha rivelato un dettaglio del quale si tornerà a parlare durante il suo prossimo interrogatorio sul prezzo inizialmente fissato per l’acquisizione.

Dichiara il banchiere: «Nella serata del 6 novembre 2007 erano presenti sul tavolo due offerte: quella di Mps elevata a 8 miliardi e 250 milioni di euro e quella di Bnp che non si scostava molto dagli otto miliardi di euro. Nell’incontro conclusivo avvenuto a Madrid il giorno dopo Botin mi riferì di essersi accordato con Mussari il quale aveva accettato tutte le condizioni di ordine al corrispettivo elevato a 9 miliardi di euro». I pubblici ministeri sospettano che quell’ulteriore esborso di un miliardo fosse il frutto del patto segreto tra acquirente e venditore.

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