«Contanti, ridurre la soglia dei mille euro»

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La recessione è finita e la crescita dell’economia sarà più vigorosa nel 2014, ma la politica economica deve restare prudente. «Chi è favorevole a misure più incisive dovrebbe indicare quali spese ridurre, ovvero su quali maggiori entrate fare affidamento» dice il ministro dell’economia, Fabrizio Saccomanni, facendo il punto in Parlamento sulla legge di Stabilità, mentre il Pdl ed il Pd continuano a sollecitare modifiche importanti.
Saccomanni ha confermato al Senato la disponibilità del governo a rivedere le nuove tasse sulla casa, a riflettere sulla tassazione dei titoli di Stato, fissata al 12,5% sugli interessi, «troppo bassa» e a introdurre nuove vincoli sull’uso del contante, (attualmente il limite è di mille euro) attirandosi prima un attacco violento dal Pdl, poi della Lega Nord. «Saccomanni ritiene di intervenire per limitare l’uso del contante. Noi la pensiamo all’opposto» ha fatto sapere via Twitter, mentre l’audizione del ministro era ancora in corso, il segretario del Pdl Angelino Alfano. Maurizio Gasparri ha accusato il titolare dell’Economia di «dire sciocchezze» e di «parlare da burocrate scollegato dalla realtà, mostrando la sua inadeguatezza». Contro il ministro si è scagliata anche la Lega Nord, dopo le audizioni della Corte dei conti e della banca centrale, presentando una mozione individuale di sfiducia contro il ministro perché la legge di Stabilità sarebbe «priva di copertura». Anche se i magistrati contabili e i tecnici della banca centrale hanno solo parlato di «rischi», legati al futuro taglio delle detrazioni fiscali. «A fronte delle rilevanti dimensioni, il grado di incertezza dei tagli rischia di condizionare l’intera manovra» ha detto la Corte dei conti, mentre Bankitalia avrebbe preferito che la manovra sulle detrazioni scattasse «in modo automatico» per «dare maggior certezza al quadro programmatico».
Istat, Corte dei conti e Banca d’Italia hanno mostrato, però, anche qualche perplessità sui contenuti della manovra, e soprattutto sulla riduzione delle tasse a favore dei lavoratori e delle imprese. Uno sgravio che, a conti fatti, rischia di essere quasi impercettibile. Per l’Istat, che ieri tra l’altro ha sottolineato come sia raddoppiato il numero dei cittadini in condizioni di povertà assoluta (da 2,4 a 4,8 milioni tra il 2007 ed il 2012), l’aumento delle detrazioni sul lavoro dipendente si tradurrebbe in uno sgravio medio pari a 116 euro annui, meno di 10 euro al mese. Secondo la Banca d’Italia, per un lavoratore medio, il peso del cuneo fiscale, cioè la parte della busta paga mangiata dalle tasse e contributi, scenderebbe dal 48,5 al 48,1%. In pratica «meno di cento euro l’anno». Peggio ancora, dice la Corte dei conti, l’intervento sul cuneo non è neanche equo, perché taglia fuori «25 milioni di contribuenti», tra lavoratori autonomi, pensionati e «incapienti», cioè i più poveri.
Sulla manovra fiscale si concentrano anche le critiche dei partiti. Per Silvio Berlusconi «è inaccettabile il ritorno delle tasse sulla casa, addirittura aumentate», ma anche per il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, la nuova Tasi va rivista. «Non deve pagare chi non pagava già l’Imu» dice il segretario del Pd, secondo il quale la Tasi dovrà essere più progressiva. Lo stesso Saccomanni ha detto che c’è «il rischio di aliquote elevate» e non ha escluso che «si debba tornare alle detrazioni». Ieri, intanto, il Consiglio dei ministri ha reso permanente il Comitato di consulenza del Tesoro sulle privatizzazioni (nuove operazioni sono attese a breve) e dato via libera all’aumento straordinario dell’addizionale comunale Irpef a Roma dallo 0,9 all’1,2%.

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