CREDIT CRUNCH O BANK CRUNCH? IL PRECARIO EQUILIBRIO DELLE BANCHE ITALIANE

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In Italia aumenta la raccolta e si riducono gli impieghi bancari, si contrae lo spread sui tassi, esplodono le sofferenze. La liquidità affidata alle banche dalla Bce è finita tutta in titoli di Stato, complice il deterioramento dell’economia reale. Il risultato di tutto questo è il credit crunch in corso

RACCOLTA E IMPIEGHI

Secondo l’Outlook mensile dell’Abi pubblicato in gennaio, i prestiti ai residenti in Italia sono calati del -1,3% su base annua nel 2012. Il totale degli affidamenti ammonta a 1.923,4 miliardi di euro, di cui quelli al settore privato (compresi enti senza fine di lucro, assicurazioni, fondi pensione, altre istituzioni finanziarie) sono 1.657,6 miliardi, in flessione del -1,99%. All’interno di questo insieme, i finanziamenti all’economia reale, ovvero società non finanziarie (imprese) e famiglie, si sono attestati a 1.476 miliardi in frenata del -2,41% rispetto al 2011; si sono ridotti più i finanziamenti ultrannuali (-2,83%), rispetto ai crediti a breve termine (-1,24%). A novembre 2012 (ultimo dato dissaggregato), i prestiti alle imprese erano in calo del -3,4%, quelli alle famiglie del -0,3%. Gli impieghi versi i privati sono tornati lievemente sotto i dati del gennaio 2011: il segno meno nei confronti delle erogazioni all’economia reale è costante dal maggio 2012, prova di un effettivo credit crunch (contrazione del credito bancario) in atto, seppur di magnitudo non elevata.
Al contrario, l’Abi evidenzia segnali positivi sul fronte della raccolta di fondi. La raccolta complessiva è salita dell’1,2% a 1.754,6 miliardi: i depositi da clientela residente hanno registrato un molto positivo +5,67 (1.186,3 miliardi ), mentre la raccolta obbligazionaria è scesa del -6,99% (568,2). Pur in un contesto di ripresa, quindi, le banche hanno difficoltà a reperire risorse a medio-lungo termine, riuscendo ad attrarre solamente raccolta a vista.
Poco confortante, invece, è l’andamento dei depositi dall’estero, la cui dinamica aggiornata al novembre 2012 è stata ancora negativa (come da oltre un anno): le banche italiane raccolgono risorse dall’estero per circa 356,3 miliardi, -14,8% in meno rispetto a dodici mesi prima (circa 62 miliardi in meno), anche se la dinamica di deflusso sembra essere in rallentamento. La quota dei depositi dall’estero sul totale della provvista non è banale, visto che ne costituisce il 12,9%. Il dato sulla raccolta netta dall’estero (depositi dall’estero al netto dei prestiti italiani all’estero) è anch’esso in contrazione (-35,3%), a circa 137,3 miliardi.

IL MARGINE SUI TASSI

Secondo le rilevazioni del Sistema europeo di banche centrali il tasso di raccolta sui depositi applicato a famiglie e imprese a dicembre è stato dell’1,24% (1,08% un anno fa); al contrario il rendimento delle obbligazioni bancarie è cresciuto al 3,37% (invariato sul dicembre scorso). Il tasso medio della raccolta bancaria (rendimento dei depositi, delle obbligazioni e dei pronti contro termine a famiglie e società non finanziarie) si è collocato al 2,08%, valore più elevato dal 2009.
Il tasso medio ponderato sul totale dei prestiti a famiglie e imprese, secondo l’Abi, è stato in dicembre del 3,78%, in costante flessione dal dicembre 2011 (-45 punti base).
In flessione anche i tassi praticati sulle nuove operazioni alle famiglie: il tasso sui prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni (sintesi dei tassi fissi e variabili, tenendo conto delle varie tipologie di mutuo) è risultato pari al 3,70%; nonostante il calo dei tassi, l’erogazione di mutui è scesa del 42% rispetto all’anno prima (in cui era scesa del 19% sul 2010), segno che la crisi immobiliare dipende solo in parte dai prezzi praticati dalle banche sui prestiti. Il tasso sui prestiti erogati alle imprese in dicembre si è posizionato al 3,59%.
Lo spread fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie a dicembre è stato di 170 punti base, sui minimi storici: la media del 2012 è stata dell’1,87%, -0,30% sul 2011. Più in particolare, il differenziale tra tassi di impieghi e raccolta verso famiglie e imprese è stato dell’1,76%, in contrazione del -0,39% rispetto ad un anno prima (la media del 2012 è stata dell’1,88%, -0,14% sul 2011).

LE SOFFERENZE

A fine novembre 2012, secondo il report dell’Abi, le sofferenze lorde si attestavano a 121,8 miliardi di euro, 17,5 miliardi in più rispetto al novembre 2011 (incremento annuo del 16,8%): ormai al 6,1% sul totale degli impieghi (5,3% un anno prima). Al netto degli accantonamenti prudenziali, le sofferenze pesano sui bilanci bancari per quasi 62,2 miliardi, circa 11,6 miliardi in più rispetto a dodici mesi prima (+22,9% l’incremento annuo): il rapporto sofferenze nette/impieghi totali si colloca a 3,23% (2,62% nel novembre 2011).
Il cruccio delle banche italiane non riguarda solo l’esplosione delle sofferenze, ma in generale l’aumento del credito deteriorato. Gli istituti non riescono ad accantonare abbastanza risorse rispetto alla dinamica di crescita delle partite problematiche, il che comporta che i crediti deteriorati netti (al netto delle coperture in bilancio) crescono costantemente da mesi: a settembre 2012 le prime otto banche italiane mostravano 198,2 miliardi di partite problematiche (più 50 miliardi rispetto a nove mesi prima!). L’incapacità di appostare accantonamenti in linea con l’enorme crescita del credito di dubbia esigibilità è il chiaro segnale che i bilanci bancari sono in forte difficoltà: accantonamenti elevati ridurrebbero (o azzererebbero) i già bassi utili.
LIQUIDITA’ DELLA BCE E TITOLI DI STATO

Il sistema bancario italiano ha fortemente sofferto la crisi di liquidità che nel secondo semestre 2011 ha colpito i Paesi europei in crisi debitoria. Gli istituti hanno quindi fatto ampio ricorso alla liquidità iniettata dalla Bce nel sistema finanziario europeo a cavallo della fine del 2011 con le due operazioni Ltro. Secondo Bankitalia a novembre le banche italiane attingevano complessivamente risorse dalla Bce per 273,3 miliardi di euro; nel giugno 2011 l’esposizione verso Francoforte del sistema bancario era di soli 41,3 miliardi. In circa 18 mesi l’Eurotower ha fornito liquidità aggiuntiva per 232 miliardi, peraltro a un tasso contenuto (inizialmente 1%, oggi 0,75%). Queste risorse sono state fornite dal Francoforte con tre finalità sostanziali: risolvere la crisi di liquidità in cui si trovavano all’epoca le banche italiane (a causa della contrazione dei depositi, in particolare esteri), sostenere la sottoscrizione del debito pubblico (anch’esso in difficoltà di rifinanziamento a causa della fuga dei sottoscrittori esteri), evitare il blocco del credito all’economia reale. Le banche sono uscite dalla loro crisi di liquidità e hanno rifinanziato le scadenze del debito pubblico. Il totale dei finanziamenti netti acquisiti dal nostro sistema creditizio grazie ai due Ltro è stato di circa 130 miliardi (dicembre 2011-febbraio 2012, ndr): i dati di Bankitalia mostrano che quasi 100 miliardi (fino ad aprile) di questi sono stati impiegati per sostenere il finanziamento del debito italiano, in pratica per sopperire all’azzeramento delle sottoscrizioni estere. E’ evidente che, almeno in Italia, i soldi facili erogati dalla BCE non sono serviti a salvare le banche né ad incrementare il credito concesso all’economia reale, ma ad evitare il default dello Stato”. Il dato è stato poi aggiornato a settembre nel post “Nuovi record per il debito italiano. Gli stranieri rimangono alla finestra”, da cui si evince che i titoli pubblici quotati in mano alle banche italiane sono passati da 630,8 miliardi di marzo ai 697,7 di settembre (+67 miliardi circa).
In sostanza pressochè tutta la liquidità affluita nel sistema bancario italiano è stata utilizzata per sottoscrivere debito pubblico. Secondo l’Abi il totale dei titoli (non solo pubblici) detenuti nei portafogli bancari al dicembre 2012 era di 866,2 miliardi.

IL CREDIT CRUNCH

Abbiamo visto che la liquidità della Bce è servita, in buona sostanza, a preservare la solidità dei conti pubblici: visto che l’Eurotower non può acquistare direttamente debito italiano, ha fatto in modo che lo facessero le banche italiane.
Le risorse incrementali, quindi, non sono finite a finanziare l’economia reale. La motivazione, al di là delle ricostruzioni spesso fantasiose circolate pubblicamente nell’ultimo anno, è da ricondurre sostanzialmente al deterioramento del contesto economico. In Italia siamo ancora in piena recessione, peraltro più forte che in altri Paesi occidentali: questo determina che da un lato è molto scarsa la domanda di credito per investimenti, dall’altro le banche non prestano denaro perchè c’è un’avversione al rischio (il che si sostanzia nella restrizione dell’offerta di credito). Più che per un razionamento volontario dell’offerta di credito per mancanza di fondi, sembra che il continuo deterioramento della qualità dei creditori (dovuto al perdurare della recessione) abbia portato automaticamente le banche ad essere più selettive e a concedere meno finanziamenti. Risulta evidente che il sistema economico italiano si trova davanti ad un circolo vizioso che si autoalimenta: probabilmente sarebbero necessari interventi pubblici (per esempio fondi di garanzia) per interrompere la spirale recessione-rischio-contrazione credito.
Incide sulla discesa dei finanziamenti (specie alle imprese) anche la difficoltà per le banche a raccogliere fondi a medio-lungo termine: automaticamente si riducono i finanziamenti a medio termine (più utilizzati dalle imprese) e sui mutui casa (per le famiglie).

Quindi, in estrema sintesi: si è ridotta la massa dei crediti complessivi concessi dalle banche (il fatturato); si è ridotto il guadagno percentuale che le banche riescono a trattenere sugli affidamenti (spread raccolta/impieghi); sono aumentano i crediti che non vengono rimborsati (perdite secche) e a rischio di non essere rimborsati. Una miscela esplosiva per la redditività delle banche.

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