Grilli: le banche italiane sono sane «Il prestito Mps non è un salvataggio»

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Il Monte dei Paschi di Siena «è solido». I Monti-bond «non sono un salvataggio», ma un prestito per «rendere ancora più solida una banca solida»: il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, in Parlamento, davanti alle commissioni delle Finanze di Camera e Senato, per prima cosa ha lanciato un messaggio rassicurante «per i depositanti» e i risparmiatori in genere. Prima di arrivare a Montecitorio Grilli aveva presieduto il comitato per la stabilità finanziaria — con lui c’erano il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas e il presidente dell’Ivass, Fabrizio Saccomanni — che aveva rilevato «i segnali di miglioramento», dei mercati finanziari, «conseguenti soprattutto all’allentamento delle tensioni sul rischio sovrano» e aveva constatato che Mps «ha una situazione patrimoniale complessiva solida e che le tensioni che lo hanno riguardato non producono effetti sul sistema bancario nel suo complesso». Prendendo la parola in Parlamento, Grilli ha insistito proprio su questo chiedendo alla politica di abbassare i toni del dibattito sulla terza banca del Paese per non mettere a rischio la ritrovata fiducia degli investitori sull’Italia. «Le preoccupazioni sul nostro Paese seppure attenuate sono ancora presenti» e quindi «è ora indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del sistema creditizio, che non viene toccata neppure dalle vicende del Mps» ha detto il ministro. Al quale si è aggiunto il premier Mario Monti. «La vicenda del Mps, su cui la magistratura deve andare fino in fondo, non deve gettare ombre sul sistema bancario italiano che ha retto alla crisi meglio di altri Paesi».
Tornando allo stato di salute della banca di Rocca Salimbeni, le sue condizioni «non richiedono il commissariamento» e «non c’è neanche da aspettarsi una sua nazionalizzazione» cosa che avverrebbe se Rocca Salimbeni non rimborsasse il prestito relativo all’emissione di titoli convertibili per 3,9 miliardi riservati alla sottoscrizione del Tesoro, i Monti-bond. «La quota del Tesoro salirebbe all’82% del capitale della Banca», ha rilevato Grilli precisando che la sottoscrizione pubblica dei bond «assoggetterà Mps a importanti e penetranti vincoli in termini di governance e operatività, di divieto di dividendi e di vincoli a remunerazioni».
Ma il ministro si è soffermato anche sui controlli esercitati sulla gestione della banca senese e sulla Fondazione che ne è l’azionista di riferimento e su cui il Tesoro ha una vigilanza «limitata alla legittimità degli atti». Quanto alla Banca d’Italia ha svolto un’attività di vigilanza «continua e di intensità crescente» che «ha consentito di individuare e interrompere comportamenti anomali a elevata rischiosità, inducendo la banca a rafforzare i presidi organizzativi di controllo». Inoltre, ha chiarito il ministro, Palazzo Koch «ha avviato una procedura sanzionatoria nei confronti del management». Si tratta di 4 procedimenti che hanno coinvolto dirigenti e responsabili della banca, in particolare l’ex direttore generale Antonio Vigni colpito nella buonuscita e raggiunto dalla sanzione massima di 64.555.
Alla lunga relazione del ministro è seguito un altrettanto lungo dibattito politico che ha avuto come protagonisti i leader del Pdl, Angelino Alfano, dell’Udc, Pier Ferdinando Casini e l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Dopo aver creato qualche nervosismo tra i colleghi parlamentari ventilando l’ipotesi di una sua conferenza stampa successiva, Tremonti ha marcato la differenza tra i vecchi e i nuovi strumenti finanziari di sostegno pubblico alle banche, cioè tra Tremonti-bond e i Monti-bond, e ha attaccato l’azione del premier Monti nonché quella della Banca d’Italia prendendo di mira sia l’ex governatore attuale presidente della Bce, Mario Draghi, sia l’attuale, Visco, accusato di aver fornito sul caso Mps, spiegazioni «suicide». L’intervento più significativo politicamente è stato però quello di Alfano che ha proposto una commissione di inchiesta sulla vicenda Mps, a cui ha fato seguito l’immediata contestazione di Casini e la cautela dell’esponente del Pd Zanda alla cui voce però si è aggiunta quasi subito quella del segretario Pier Luigi Bersani — che ieri Beppe Grillo ha invitato a dimettersi — che con più diplomazia ha dichiarato di non avere nulla in contrario sulla richiesta del segretario del Pdl. Fuori dalla politica, il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella ha sollecitato ad affrontare «il grande problema» del peso delle fondazioni nell’azionariato delle banche.

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