La Centrale d’Allarme Interbancaria a un decennio dalla sua introduzione

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Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto in materia di titoli di credito, soprattutto al fine di contrastare comportamenti lesivi della fiducia del mercato al momento dell’emissione. Per tale ragione, da un lato, sono state previste conseguenze economiche gravi e prolungate a carico di chi ponga in essere azioni negative e, dall’altro lato, è stato predisposto un articolato sistema di misure interdittive ed inibitorie che ruota intorno all’archivio costituito dalla Centrale d’Allarme Interbancaria (per brevità CAI).

Quest’ultimo archivio è stato istituito presso la Banca d’Italia con legge 386/1990 e ha ad oggetto tutte le vicende negative inerenti la circolazione degli assegni bancari e postali e le carte di credito irregolari. Lo stesso, tuttavia, è stato di fatto realizzato solo dopo l’emanazione del d.lgs.  n. 507/1999, che ha anche trasformato in illeciti amministrativi i precedenti reati conseguenti all’emissione di assegni senza autorizzazione e senza provvista. In tali casi il sistema, oltre a prevedere una sanzione pecuniaria, ha introdotto la c.s. “revoca di sistema” ovvero la revoca per un periodo di sei mesi dell’autorizzazione ad emettere assegni e il divieto di stipulare nuove convenzioni di assegni con qualsiasi banca.

L’Autore si sofferma quindi ad esaminare la composizione e le modalità concrete di funzionamento e di gestione del CAI. Rimandando, per un approfondimento, all’articolo per esteso, in questa sede preme soprattutto evidenziare che l’archivio  è consultabile solo dalle banche, dagli uffici postali e dagli intermediari finanziari che emettono carte di credito. Inoltre, in caso di assegni, l’omessa o ritardata segnalazione dei dati comporta la responsabilità civile della banca trattaria, che dunque non ha alcuna discrezionalità di scelta nell’effettuare la segnalazione prescritta.

Le ipotesi più gravi contemplate dalla normativa vigente sono, come già accennato, l’emissione di assegni senza provvista ovvero senza autorizzazione e che, pertanto, hanno costituito oggetto di maggiore esame da parte dell’Autore. In merito, pare essenziale ricordare che la differenza è rappresentata soprattutto dal momento di consumazione dell’illecito, che – nel caso di mancanza di autorizzazione – coincide con l’emissione stessa, con la conseguente impossibilità di evitare la segnalazione con il pagamento tardivo, ammesso invece nell’ipotesi di difetto di provvista.

Nell’articolo vengono, quindi, richiamate alcune pronunce giurisprudenziali in materia e le ipotesi più frequenti verificatesi nel corso degli anni, con i profili critici dalle medesime sollevate.

Da ultimo, l’Autore ricorda le sentenze che hanno confermato la responsabilità delle banche in caso di erronea o illegittima segnalazione, con conseguente necessità di risarcire il danno cagionato, e i rapporti esistenti tra CAI e registro informatico dei protesti, in essere presso le Camere di Commercio.

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