La Germania siede su una bomba

Ancora nessun commento

germaniaTarget2, il tema non è dei più semplici e richiede la conoscenza di tecnicismi che la maggior parte delle persone ignora, ragione per la quale in molti approfittano della cosa per spargere un po’ di false notizie (fake news come si direbbe oggi), o quantomeno notizie manipolate ad hoc. È questo il caso di alcuni giornali (italiani e tedeschi) che ogni tanto tornano sull’argomento usandolo come uno spauracchio ad uso e consumo dei lettori che si fidano e danno per oro colato quel che gli viene offerto alla lettura.

L’acronimo “Target” sta per “Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer System” che nella prima versione fu varato nel 1999, mentre la sua seconda versione è entrata in vigore dal 2007. In buona sostanza il Target2 prevede che le singole banche centrali nazionali si occupino dei pagamenti dalla banca commerciale di uno Stato dell’Eurozona ad un altro. Divenne famoso allorquando l’europarlamentare Marco Zanni fece la famosa domanda al Presidente della Banca Centrale Europea (Bce) circa cosa sarebbe avvenuto in caso di uscita dall’Euro di uno dei Paesi dell’Unione. La possibilità, fino ad allora, era stata data, ripetendolo come un mantra, come impossibile. Ma Draghi si tradì rispondendo: «Se un Paese lasciasse l’Eurosistema, i crediti e le passività della sua banca centrale nazionale nei confronti della BCE dovrebbero essere regolati», facendo implicitamente capire che la cosa era possibile.

Più avanti vedremo in buona sostanza cosa comporta questo meccanismo.

La bomba in questione sarebbe, in base al Target2, il “presunto” debito che l’Italia avrebbe nei confronti della Germania in caso di uscita dall’Eurozona (ma il nuovo governo non ha detto a chiare lettere che non intende farlo?). Secondo i dati appena pubblicati dalla Bundesbank tedesca, il saldo target tedesco è salito a 976,3 miliardi di euro. A fine maggio erano 956,1 miliardi di euro. In Italia al contrario continua a crescere il saldo negativo: con 480,9 miliardi di euro, a giugno era di circa 16 miliardi superiore rispetto al mese precedente, secondo i dati forniti dalla banca centrale italiana… Con l’uscita dall’unione monetaria i crediti diverrebbero esigibili. Ma ciò supererebbe di gran lunga le riserve della banca centrale di Roma. Non sarebbe il caso di muoversi attivamente? È sicuramente più facile a dirsi che a farsi. Sarebbe piuttosto ipotizzabile coprire i crediti con delle garanzie, oppure corrispondere degli interessi. Ma le riserve auree e le altre riserve della banca centrale italiana sono tutt’altro che sufficienti per coprire i crediti tedeschi. La divergenza dei saldi attualmente è così ampia che una compensazione dei crediti a fine anno è del tutto irrealistica. Come a dire, nemmeno l’oro degli italiani potrebbe ripagare i poveri tedeschi che ci stanno rimettendo i propri soldi. Ma le cose stanno proprio così?

 

Se una ditta italiana (o un privato) compra merci in Germania effettua un bonifico bancario tramite la sua banca a quella del destinatario tedesco. In realtà il pagamento non è diretto banca-banca. La banca italiana (“x”,”y” o “z”) sottrarrà la stessa cifra del bonifico dal suo (della banca in questione) conto di riserva presso la banca centrale nazionale, Banca d’Italia, la quale a sua volta farà lo stesso con la BCE. Quest’ultima accrediterà la somma corrispondente sul conto di riserva della banca centrale tedesca, la Bundesbank, che verserà la somma sul conto di riserva della banca tedesca del destinatario (anche qui “x”,”y” o “z”), la quale finalmente verserà i soldi sul conto corrente del cliente in Germania. In buona sostanza si “distrugge” denaro da una parte (Italia) e si “crea” dall’altra (Germania).

 

Fin qui, quindi, tutto abbastanza semplice. E invece, secondo l’economista tedesco Hans-Werner Sinn, ex presidente del celebre istituto d’economia tedesco IFO, un vero e proprio “guru” dei politici tedeschi (dell’ex ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble in testa), questo giro fittizio di denaro creerebbe delle passività delle banche commerciali italiane nei confronti di quelle tedesche. E come?, viene da chiedersi. Ciò, oltretutto, senza contare che il più delle volte i trasferimenti di denaro non sono avvenuti dall’Italia alla Germania per l’acquisto effettivo di merci, quanto piuttosto per il trasferimento di capitali dal nostro Paese a quello che, a torto o ragione, è considerato economicamente più stabile. Quindi i soldi escono e entrano nei conti correnti della stessa persona o società.

Come ha ben spiegato l’economista irlandese Karl Whelan, i saldi Target2 non possono definirsi dei debiti nel senso letterale del termine, perché non sono altro che cambiamenti nella contabilità dei bilanci delle varie banche centrali. In buona sostanza quando la Banca d’Italia trasferisce una cifra “tot” alla Bce, non sta chiedendo un prestito all’istituto di Francoforte, anche se nel suo bilancio questa transazione risulta come una passività. Viceversa quando la Bundesbank riceve questa somma dalla BCE non le ha prestato denaro. I prestiti richiedono l’emissione di garanzie (collaterali), hanno una data di scadenza e comportano la riduzione dei beni delle banche che li emettono, mentre qui non c’è stato nulla di tutto questo.

Non sarebbe dunque ora di smetterla di fare i maestrini d’Europa, dando i voti e i compiti da fare a tutti, collaborando invece in modo più costruttivo a rinsaldare un vero spirito europeo, tanto sbandierato a parole?

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI