La nautica lancia l’allarme “E’ sparito il mercato interno” Leasing Nautico -33%

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Genova Come sta la nautica italiana? Di certo ha vissuto tempi migliori e non se la sta passando proprio bene. Ma non ha alcuna intenzione di abbassare la guardia. Primo, perché continua a essere la leader mondiale nel segmento dei grandi yacht, secondo perché nella sfida globale le imbarcazioni firmate dai cantieri italiani continuano a essere le più richieste. I problemi, però, superano di gran lunga gli aspetti positivi, perché il mercato italiano sta letteralmente sparendo ed è ormai ridotto a poco più del 10 per cento del fatturato complessivo del settore e perché la pressione fiscale e la complessità normativa finiscono per allontanare i clienti verso altre destinazioni. Da Cannes, prima vetrina internazionale della nautica che ha inaugurato la stagione dei saloni a cui seguiranno Montecarlo e Genova, il presidente dell’Ucina Anton-Francesco Albertoni riflette amaramente: «Il salone di Cannes è una specie di bomboniera, piccolo e con barche di gamma medio-alta – spiega – Rispetto alle altre edizioni la flessione è evidente, ma questo finisce per giocare a favore della qualità dell’offerta, con spazi più ampi sia a terra che in acqua. Rispetto all’Italia cambiano però l’atteggiamento nei confronti della nautica, l’atmosfera che si respira dentro e fuori il Salone. Detto ciò, devo anche sottolineare che il 60 per cento delle barche esposte è italiano». I grandi marchi, infatti, sono tutti presenti, a cominciare

dal gruppo Ferretti, la cui proprietà è da pochi mesi cinese, che porta 24 imbarcazioni e cinque anteprime mondiali, con Ferretti, Itama, Riva, Pershing, Mochi Craft, per continuare con Azimut- Benetti, San Lorenzo, Wider. In effetti, nonostante una crisi devastante, nel 2011, secondo i primi dati elaborati per Repubblica dall’Ucina su un campione del 65 per cento del totale degli associati, la nautica italiana ha retto alla recessione. Le stime di fatturato parlano di 3,37 miliardi di euro, con una leggerissima crescita (più 0,42%) che però nel calcolo finale potrebbe anche mutare in una leggera flessione rispetto al 2010. A crescere è soprattutto il mercato del refitting e della manutenzione (più 7,66%), mentre tengono cantieristica e accessori (più 1,56%) e calano vistosamente i motori (meno 5,89%). Ma se la somma totale non cambia, sempre attorno ai tre miliardi, il suo mix fa riflettere e preoccupa. Solo nel 2008 l’export era al 53% del totale del fatturato, con un sostanziale bilanciamento con il mercato interno. Nel 2011 è salito fino all’80 per cento e in questo 2012 viaggia poco al di sotto del 90 per cento. Si riducono anche gli addetti, del 16 per cento, e crolla letteralmente il leasing nautico (il contratto a cui si ricorre quasi sempre per barche superiori ai dieci metri). Nel 2011 i contratti stipulati sono arrivati a 613 milioni di euro, con un calo del 33 per cento per numero di contratti e del 25 per cento per valore. Il primo trimestre del 2012 è in ulteriore picchiata: meno 73 per cento per i contratti e meno 64 per il valore. Non c’è da stare allegri, insomma, nonostante Cannes abbia confermato ancora una volta che il mercato della produzione continui a parlare principalmente la stessa lingua, cioè l’italiano, con i suoi marchi di riferimento. Ferretti, Azimut-Benetti e San Lorenzo, infatti, occupano le prime tre posizioni dell’order book mondiale nel settore dei grandi yacht e la loro quota complessiva rappresenta la somma delle sette nazioni che seguono nella graduatoria. «E’ indubbio che dal punto di vista della produzione ciò che l’Italia sa mettere in campo con i suoi marchi non ha confronti — continua Albertoni — Ciò che invece è diametralmente diverso camminando per il Salone è l’atteggiamento che la Costa Azzurra e quindi la Francia hanno per una realtà come la nautica, che qui un’eccellenza da tutelare con forza, mentre da noi è un qualcosa da colpire senza nemmeno troppa attenzione». Ancora la vecchia polemica sui controlli nelle parole degli uomini e delle donne della nautica? «Guardi che noi non abbiamo mai contestato i controlli, anzi li abbiamo sempre invocati e, allo stesso modo, abbiamo chiesto sanzioni ancor più pesanti per chi sgarra — spiega Albertoni — Detto questo, non possiamo accettare che i possessori di barche vengano quasi sempre associati a potenziali evasori. E’ una profonda ingiustizia che colpisce un settore che dà lavoro a 100 mila persone e che, se pure ha visto il suo fatturato dimezzarsi nell’arco dell’ultimo triennio, continua a occupare il quinto posto nella classifica italiana dell’export». Per il leader dell’Ucina, particolarmente devastanti sono state le ultime mosse del governo che prima ha annunciato l’inserimento della tassa di stazionamento, poi l’ha mutata in tassa di proprietà. «Peccato che all’annuncio della prima tassa, gli stranieri siamo scappati quasi tutti verso Francia e Croazia, decidendo di lasciare lì le loro imbarcazioni – chiarisce il concetto Albertoni – Così, quando la tassa è stata cambiata e spostata sulla proprietà, con un’attenzione mediatica di gran lunga inferiore al primo annuncio, sono stati in pochi a rientrare. Ora siamo in attesa del redditometro, stiamo a vedere che succede. Da parte nostra non chiediamo altro di essere equiparati agli altri proprietari di beni non di prima necessità. Un atteggiamento peggiorativo nei confronti dei proprietari di barche sarebbe inaccettabile». Archiviato Cannes, il prossimo banco di prova sarà Montecarlo, che inizierà mercoledì (fino a sabato 22) e che vedrà nella sua giornata inaugurale la consegna da parte di Mariotti Yachts del nuovo 54 metri “Rahil”. Poi, sabato 6 ottobre (fino al 14) toccherà al Salone di Genova. «A Cannes abbiamo visto 400 aziende, a Genova ne vedrete più del doppio, 800-900 – spiega Albertoni – Certo, non sono le 1.150 del 2011 o le 1.600 del 2008, ma sarà ancora la prima vetrina internazionale del settore. La nautica rappresenta un punto di forza di questo Paese, faremo tutto il possibile per difenderla. La vetrina di Genova sarà utile non sono per presentare le ultime novità del settore, ma per ribadire anche questi concetti».

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