La vittoria di Trump ha dato il via a una forte rotazione su tutti i principali mercati occidentali
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A beneficiarne maggiormente sono stati i settori tendenzialmente più ciclici, rinvigoriti dalle politiche fiscali espansive promesse in campagna elettorale dal presidente eletto. Accusano il colpo, invece, principalmente i titoli di società di settori tipicamente difensivi, come quello dei consumi ordinari (vedi grafico 1). Le ampie variazioni non hanno impattato solo sugli indici americani, ma anzi hanno avuto ripercussioni anche sul Vecchio Continente, sebbene con alcune peculiarità, e di conseguenza sugli indici globali. Nel dettaglio, dal giorno delle elezioni negli Stati Uniti i comparti che hanno realizzato le migliori performance sono stati quelli della cosiddetta “old economy”, in particolare il settore dei finanziari (+12%) e quello degli industriali (+7%). L’attenzione degli operatori è, quindi, caduta principalmente su quei settori che potrebbero essere oggetto di considerevoli mutazioni nei prossimi quattro anni, qualora il nuovo presidente manterrà le promesse fatte in campagna elettorale. Uno dei punti principali del programma è, infatti, la deregolamentazione del sistema finanziario e, in particolare, l’abrogazione del DoddFrank Act, riforma voluta da Obama dopo la crisi finanziaria, che si pone come obbiettivo quello di assegnare più poteri alla Sec in ambito di vigilanza, soprattutto su derivati e agenzie di rating. Questa proposta, che potrebbe avere vita facile anche grazie all’appoggio sul tema di tutto il partito Repubblicano, che ha conquistato la maggioranza in entrambe le Camere, sembra aver fatto molto bene ai titoli bancari: dal giorno delle elezioni, JP Morgan è cresciuta del 12,6%, Goldman Sachs del 16%, Morgan Stanley del 20%, così come Bank of America. Il  settore industriale potrà, invece, avvantaggiarsi dalle proposte tipicamente protezionistiche sostenute con forza da Trump: la minore concorrenza dall’estero e il comunque ricco spazio economico americano potrebbero dare forza, nei prossimi anni, ai conti delle aziende del settore. L’unica incognita sul comparto potrebbe essere legata al costo della manodopera, che in presenza di pesanti misure contro l’immigrazione dovrebbe crescere. I comparti più anticiclici, in particolare quello delle utilities (-4%) e dei consumi ordinari (2,8%), hanno invece accusato maggiormente la rotazione settoriale. Il primo, in particolare, ha perso terreno soprattutto a causa del forte rialzo dei tassi osservato sui titoli di Stato congiuntamente alla vittoria delle presidenziali da parte del candidato repubblicano. Al di là delle immediate reazioni del mercato, gli analisti vedono, tuttavia, all’interno del settore alcune potenzialità, sopratutto tra le imprese energetiche focalizzate sul fossile o sul gas naturale.
Nel mezzo della rotazione settoriale, l’high tech americano si è visto caratterizzato, nell’ultimo mese, da un andamento laterale. A novembre, l’indice è cresciuto meno dell’1%, perdendo qualcosa nei giorni successivi all’8 novembre. L’elezione di Trump  ha, infatti, gettato una serie di incognite sul comparto, giustificate innanzitutto dalle minori esportazioni di smartphone e tablet in Europa e in Asia, necessarie per controbilanciare l’ormai saturo mercato statunitense. Tuttavia, i nuovi e sempre dinamici orizzonti del settore (advertising, media, servizi) potrebbero, comunque, continuare a far crescere le aziende che riusciranno a svilupparli nel modo più efficiente. I movimenti verso il basso dei settori anticiclici si sono verificati in modo consistente anche sui mercati europei, soprattutto per le Utilities e per il Food & Beverage. Viceversa, i settori che hanno brillato in America non hanno entusiasmato i listini d’Europa: gli industriali europei, chiaramente, non si avvantaggeranno dal protezionismo americano, mentre il settore finanziario, nonostante l’ottima performance dei titoli assicurativi, è rallentato dalle incertezze sul settore bancario europeo. Poiché i movimenti sembrano giustificati da cambiamenti strutturali del contesto macroeconomico legati alla nuova presidenza statunitense, i settori evidenziati potrebbero essere interessati anche in futuro da buone performance. Gli Etf presenti sui mercati europei utili a prendere posizione sui settori industriale e finanziario americano sono cinque. Il Source Industrials S&P Us Select Sector Ucits Etf e lo Spdr S&P U.S. Industrials Select Sector Ucits Etf seguono l’andamento delle più grandi aziende del comparto industriale presenti nell’indice S&P 500, mentre il Source Financials S&P Us Select Sector Ucits Etf, l’iShares S&P 500 Financials Sector Ucits Etf e lo Spdr S&P U.S. Financials Select Sector Ucits Etf ricalcano le performance delle aziende finanziarie presenti nel relativo benchmark azionario. L’Etf di iShares è l’unico non quotato anche su Borsa Italiana, ma è comunque negoziabile sullo Xetra di Francoforte.  Poiché, soprattutto per il settore finanziario, le performance positive del comparto americano (dato il suo peso, in termini di capitalizzazione, sui mercati mondiali dei paesi sviluppati; ndr.) possono produrre un effetto favorevole a tutto il settore globale, sono stati riportati anche gli Etf che permettono di replicare l’andamento dell’indice Msci World Financials. Tra quelli evidenziati nella tabella 1, lo Spdr Msci World Financials Ucits Etf è l’unico a non essere disponibile sulla Borsa Italiana, ma lo si può negoziare sullo Euronext di Parigi.
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