Le materie prime sono tornate sotto i riflettori
L’oro e il rame raggiungono un primato storico accompagnati da quasi tutti gli altri metalli.

Oro e rame raggiungono un primato storico accompagnati da quasi tutti gli altri metalli. In precedenza il cacao, con un’ascesa vertiginosa delle quotazioni seguita da una fase di estrema volatilità tuttora in corso. Le violente impennate del caffè, che si è spinto a livelli di prezzo mai raggiunti da quando esistono i futures. Ma anche il gas, rincarato di oltre il 20% sul mercato europeo dall’inizio della primavera, per tornare sui valori dello scorso dicembre, sopra 35 euro per Megawattora al Ttf. Per ultimo, in ordine cronologico, si è risvegliato il grano:  martedì 28 scambiava ai massimi da dieci mesi a Chicago, dopo un picco da marzo 2023 toccato sulla piazza di Parigi.

Le materie prime sono tornate sotto i riflettori, con rialzi in gran parte di chiara matrice speculativa sui mercati finanziari, che stanno diventando sempre più diffusi. Ad arginare il rischio di ripresa dell’inflazione resta il baluardo del petrolio, oggi piuttosto stabile anche a causa dell’orientamento dei fondi, che – a torto o a ragione – è molto cambiato rispetto a pochi mesi fa: sul greggio le posizioni lunghe (all’acquisto) degli hedge funds sono diventate «le più deboli da gennaio 2019», fa notare Ole Hansen di Saxo Bank commentando gli ultimi dati Cftc, riferiti alla settimana al 21 maggio.

Gli speculatori si sono accaniti in particolare sul Brent, concentrandovi il maggior numero di posizioni corte (ribassiste) da novembre 2020 e accelerando così il ritorno dei prezzi intorno a 83 dollari al barile, dopo essersi avvicinati a 100 dollari nel settembre 2023 aver superato 90 dollari anchein aprile.

Un copione completamente diverso sta invece andando in scena sui mercati dei metalli, dove si muovono i protagonisti assoluti dell’attuale rally delle materie prime. Le “scommesse” su ulteriori rialzi dell’oro – che pure ha già corso molto e molto a lungo – sono ai massimi da quattro anni: l’esposizione netta lunga al Comex è aumentata del 12% nella settimana al 21 maggio, a 194mila contratti.

Situazione simile per il rame: i dati, sempre riferiti al mercato Usa, indicano posizioni nette lunghe ai massimi da tre anni, intorno a 37.700 contratti, per un valore di circa 17 miliardi di dollari (e ben 116 fondi speculativi coinvolti).

Le quotazioni del metallo rosso – che per la prima volta nella storia si sono spinte sopra 11.100 dollari per tonnellata – sono probabilmente vulnerabili, quanto meno nel breve termine: stanno aumentando anche le “scommesse” ribassiste e cresce l’open interest (il numero complessivo di posizioni aperte), osserva Société Générale.

Il quadro dei fondamentali del resto oggi non offre un forte sostegno. Lo spunto viene piuttosto dalle prospettive di medio lungo termine: un rischio di forti carenze di rame dovuto allo scarso sviluppo delle miniere e al boom di consumi alimentato da transizione energetica ed intelligenza artificiale.

Pierre Andurand, celebre gestore di hedge funds focalizzati su materie prime, ha dichiarato di recente al Financial Times di essere convinto che il rame quadruplicherà di prezzo nel giro di quattro anni, raggiungendo 40mila dollari per tonnellata, man mano che le scorte si esauriranno. Intanto scommettere sul metallo rosso gli ha fruttato ottime performance: il suo fondo Commodities Discretionary Enhanced (da circa 1,3 miliardi di dollari) avrebbe guadagnato oltre l’80% quest’anno, dopo il -55% del 2023, un tonfo dovuto soprattutto a scommesse perdenti sul petrolio.

Andurand ora non si fida più del barile: «Penso che tutti noi (i fondi, Ndr) abbiamo perso un sacco di soldi aspettandoci interruzioni dell’offerta che non si sono poi verificate», dice all’Ft, aggiungendo di non aspettarsi «grandi movimenti di prezzo» nel breve proprio perché su questo fronte è subentrata una cautela diffusa.

I metalli invece – almeno per ora – hanno ripagato l’interesse degli speculatori. Da aprile in avanti le quotazioni del rame sono arrivate a guadagnare più del 30%, contagiando tutto il comparto: ci sono stati rincari a doppia cifra percentuale nello stesso periodo anche per alluminio, zinco, piombo e persino per il nickel, che era stato affossato da un enorme eccesso d’offerta.

In parallelo è aumentata la posta in gioco. Jp Morgan stima che l’assalto dei fondi abbia spinto al record storico il valore delle posizioni aperte sui mercati dei metalli: 227 miliardi di dollari nel caso dei non ferrosi e 215 miliardi per i metalli preziosi.

All’oro – che ha da poco aggiornato il record a 2.450 dollari l’oncia ma corre da mesi – si sono accodati di recente anche l’argento (salito ai massimi da 11 anni sopra 32,5 dollari l’oncia) e il platino.Entrambi hanno rilevanti impieghi industriali ed è forse per questo motivo che si sono risvegliati solo in seguito alla straordinaria ascesa del rame.

Anche l’argento (usato ad esempio nei pannelli solari) e il platino (che serve per le marmitte catalitiche) beneficiano degli scenari favorevoli che sembrano delinearsi per l’economia, soprattutto negli Usa, dove molti fondi speculativi concentrano la propria attenzione: l’idea di base è che presto i tassi d’interesse scenderanno e la produzione industriale potrà accelerare il ritmo, protetta se necessario da generosi sussidi e barriere commerciali a difesa dalla concorrenza cinese. Questo almeno per quanto riguarda i metalli.

Ma lo stesso ragionamento vale anche per chi investe in modo generalizzato nelle materie prime, attraverso indici. La tendenza sta di nuovo prendendo piede, con flussi raddoppiati in aprile per Morningstar (a 2,4 miliardi di dollari) e il 13% dei gestori di fondi che a maggio, secondo il sondaggio di Bank of America, sostiene di essere “overweight” sulle commodities, un record da circa un anno.

Anche i rialzi del gas quotato in Europa , come quelli dei metalli, potrebbero in parte dipendere da “scommesse” sulla ripresa dei consumi industriali. Di recente ci sono anche state difficoltà in alcuni impianti di Gnl negli Usa e in Australia, in un periodo di recupero degli acquisti in Asia. C’è stato inoltre il timore di un blocco del gas russo diretto in Austria. Ma i trader “tradizionali”, che scambiano partite fisiche di combustibile, non riscontrano carenze d’offerta, né preoccupano il livello degli stoccaggi o il ritmo delle iniezioni.

L’impressione è piuttosto che vi siano all’opera fondi che non conoscono bene il mercato europeo del gas: fondi Usa, nello specifico, che hanno “riscoperto” le materie prime e tendono a scambiare gas con logiche simili a quelle applicate con il petrolio, si legge in un’analisi di S&P Global Commodity Insights. Forse non a caso i forti movimenti di prezzo avvengono soprattutto nel pomeriggio europeo, quando Oltreoceano i trader si mettono al lavoro.

Molti fondi, comunque sia, sono guidati da algoritmi. E tra i grandi hedge funds cresce anche il ricorso all’intelligenza artificiale generativa, il che complica anche l’interpretazione di quale sia l’innesco per nuovi acquisti (o viceversa per vendite).

Lo stesso vale per i mercati agricoli. Materie prime come il cacao, il caffè e adesso il grano hanno cominciato ad impennarsi a causa di reali timori climatici o comunque relativi all’offerta. Ma quando il rally guadagna troppa forza a un certo punto inizia a vivere di vita propria, alimentandosi di segnali tecnici che inducono molti fondi a seguire il “momentum”.

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