Mediobanca prepara il nuovo masterplan con conti in ripresa

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L’assestamento della regulation “Basilea 3” ai fini di una definizione effettiva della della base patrimoniale. L’evoluzione dello spread italiano nella direzione attesa – ma non ancora scontata dai mercati – di una stabilizzazione a livelli più bassi di quelli correnti e una ripresa generale dei segmenti dell’investment banking. Non da ultimo, il varo del masterplan da parte delle Generali, che verrà svelato il 14 gennaio dal nuovo Ceo Mario Greco: i trend reddituali e di Borsa restano rilevanti per il bilancio di Mediobanca. È questo il triangolo – ancora non delineato – entro cui prenderà forma la “revisione strategica” che l’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel – ha preannunciato agli analisti per la metà del 2013: nelle premesse prima della chiusura dell’esercizio in corso al prossimo 30 giugno. Nel frattempo l’istituto ha appena licenziato una prima trimestrale da 109 milioni di utile netto: un dato che, non solo in termini aritmetici, si colloca sul pattern del consenso corrente sui mercati per un saldo annuale attorno a quota 400 milioni.
La transizione dei conti
I primi tre mesi del nuovo esercizio fotografano con efficacia la dinamica di passaggio da un bilancio all’altro. Il margine d’interesse è evidentemente sotto pressione: il costo della provvista (condizionato dallo spread) rimane elevato e la frenata complessiva dell’economia comprime impieghi e rendimenti. Il deleveraging in corso interessa principalmente il segmento corporate (-7% annuo), mentre gli impieghi nel credito al consumo rimangono stabili in un mercato che la recessione ha pesantemente contratto. La tendenza resta non positiva anche per le commissioni da investment banking (nonostante una leggera ripresa dall’ultimo trimestre 2011/2012), mentre i ricavi da trading sono in aumento. Un apporto ai margini – ma in misura non significativa – continua a giungere anche dall’investimento in titoli di Stato già segnalato in bilancio (da 5 a 9,2 miliardi al 30 giugno) in seguito all’accesso da 7,5 miliardi alle due aste Ltro della Bce: operazione di sistema suggerita dalla moral suasion delle autorità creditizie; non indispensabile agli equilibri di liquidità di Mediobanca, il cui indice Nsfr è già oggi «ampiamente superiore» al 100 per cento.
Una gestione bancaria che difficilmente potrà fornire nell’esercizio in corso il contributo precedente (anche se il ruolo del retail CheBanca-Compass è previsto importante) promette d’altronde di essere meno problematica sul versante della rischiosità. Il “costo del credito” evidenzia già una decelerazione importante (da 156 a 124 da un trimestre all’altro) anche se resta coerentemente più elevato rispetto alla quota 115 del primo trimestre di un anno fa. Il miglioramento è comunque rilevabile sia nel consumer, che – soprattutto – nel corporate: il picco di 78 punti base del quarto trimestre è subito ridisceso a 46, dopo la conclusione dell’operazione Unipol-FonSai. Le attività deteriorate nette sono in leggero aumento sia sul trimestre sia su base annua ed è in aumento corrispondente anche la copertura (dal 61 al 66 per cento per le sofferenze; dal 39 al 40 per cento; 42% al netto dell’esposizione ristrutturata Premafin).
Le partecipazioni principali
Se l’azione sui costi (-12% su base annua) ha avuto impatti sul risultato di gestione (+44%), il trimestre ha visto una quasi-assenza di rettifiche su titoli e partecipazioni dopo i quattro trimestri precedenti, che avevano condotto al 30 giugno al maxi write-off netto da 572 sui pacchetti azionari strategici (inclusi 133 miliardi sui cashes di UniCredit, ora allineati mark-to-market. È dal venir meno di queste rettifiche di valore che Mediobanca si attende un recupero di valore non banale. Su tutte le partecipazioni principal, Nagel è stato puntuale pochi giorni fa con gli analisti. Generali: la discesa dall’attuale 13,5% fin entro il 10% – ai fini dei nuovi parametri di Basilea 3 – è decisa ma tempi e modi sono tutti da definire (lo stesso Greco ha parlato di sforzo per «un uso ottimale del capitale» del Leone, escludendo implicitamente aumenti: almeno prima del definitivo aggiustamento del portafoglio asset). Rcs: se ci sarà l’aumento di capitale al centro dei rumor di mercato (a supporto del nuovo masterplan) Mediobanca farà la sua parte di azionista stabile nel patto. Telco: la quota non è stata allineata ai valori sottostanti di Telecom; Mediobanca segue con attenzione le ipotesi di valorizzazione della rete Telecom, ma non si ritiene un investitore di lungo periodo in Telco.
Un piano «stand alone»
La strategic review di Mediobanca – mentre si susseguono i rumor di grandi riassetti allo studio nel sistema bancario domestico – si profila ancora stand alone: senza prevedibili ombre di dubbio.
Le nuove tendenze della regulation oltre alle esperienze di mercato anche nel dopo-crisi, guardano a una separazione netta fra commercial e investment banking: ogni ipotesi di combinazioni tra il gruppo di Piazzetta Cuccia e altre istituzioni finanziarie (a maggior ragione orientate al retail banking tradizionale) continua a non apparire sostenibile alla verifica del “rationale”. Il “caso Mediobanca” – nei termini essenziali – già posti dall’originario masterplan del 2005, continua dunque a puntare sul placing power – ampiamente testato – sia dei prodotti di raccolta sia di investimenti e competenze nei diversi segmenti finanziari.
L’attuale composizione della raccolta (vedi anche grafico) è significativa dell’appetibilità dei titoli Mediobanca presso altre reti (Popolari e Poste), mentre la raccolta CheBanca! garantisce il matching con le erogazioni di Compass. Un solo segmento – in prospettiva – appare in fase di dismissione: il leasing. Quello che a metà del decennio precedente appariva come un veicolo aggiornato di corporate banking (industriale e immobiliare) appare ora superato, anzitutto in termini di profittabilità. In un arco di tempo medio (oltre i quattro anni) l’esposizione di Mediobanca nel segmento è quindi destinata a decrescere progressivamente.

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