Nel 2012 sono stati erogati in Italia oltre 200mila mutui ipotecari. Non si conosce, però, il dato di quanti non sono stati stipulati: ovvero di quei prestiti chiesti ma non concessi. La “sensazione” è però che sia un numero in crescendo rispetto a qualche tempo fa quando il mercato era in piena salute e le erogazioni complessive superavano anche quota 500mila. Una “sensazione” corroborata dal fatto che molti istituti vogliono premunirsi dal rischio insolvenze, dato che queste sono in aumento: secondo Crif sono aumentate dal secondo al terzo trimestre 2012 dall’1,6% all’1,9% e rischiano di avvicinarsi al record del 2,3% registrato nel 2010.
Insomma, quando c’è crisi le probabilità che tra la domanda di un finanziamento ipotecario e il nullaosta da parte della banca qualcosa si inchiodi sono più alte che in tempi normali. Allora cosa fare se la prima banca nega il finanziamento?
Il primo consiglio è non arrendersi e provare con altri istituti, perché il segreto sta nel trovare la banca che nel momento in cui stiamo cercando il finanziamento offre le migliori condizioni di mercato. E non è detto che quella banca sia casualmente proprio quella con cui abbiamo da anni un conto corrente. Bisogna aprirsi mentalmente all’idea di poter chiedere un mutuo anche presso un altro istituto senza che questo ci obblighi ad aprire un nuovo conto corrente, con costi annessi. Perché la legge lo vieta.
Però prima di (ri)cominciare la ricerca è opportuno calcolare il proprio “potere di mutuo acquisto”, ovvero la rata massima potenziale che si può sostenere con il proprio reddito.
Per chi è alle prese con la richiesta di un mutuo lo scoglio più importante da superare è l’istruttoria della banca. L’istruttoria è quella procedura (solitamente esternalizzata) con cui l’istituto di credito valuta il rating (giudizio di affidabilità) del potenziale cliente. Per capire se può essere un buono o cattivo pagatore. Solitamente migliore è il rating più basso è lo spread (il ricarico sugli indici interbancari) posto dall’istituto. E viceversa.
Se il rischio di insolvenza è troppo alto (e quindi se il rating è troppo basso) la banca può decidere di rifiutare l’offerta del mutuo. Prima di imbattersi nella richiesta del mutuo, si può provare anche da soli ad effettuare uno stress test sul proprio reddito. In che modo? Il punto di partenza è il reddito netto mensile (si somma quello dei coniugi in caso di mutuo cointestato). Poniamo che sia di 2.800 euro. A questo punto bisogna sottrarre le cosiddette quote di sussistenza. In pratica la liquidità necessaria per pagare bollette e le spese varie quotidiane che occorrono per vivere. Molti istituti di credito calcolano la quota di sussistenza intorno agli 800 euro. Poi ci sono i figli a carico per cui, in media, si sottraggono altre 200 euro cadauno. Senza dimenticare di sottrarre l’importo di rate dovute ad altri finanziamenti in corso.
Ponendo che nell’ipotesi le “altre rate” ammontino a 200 euro, e ponendo che l’aspirante mutuatario abbia un figlio a carico abbiamo 1.400 euro, da sottrarre al reddito netto (2.800). Quindi ne restano 1.600 euro. Questo importo rappresenta una sorta di “potere mutuo-acquisto”, in sostanza la forza contrattuale per ottenere il prestito. Il “potere mutuo acquisto” deve essere almeno 1,5 volte la rata. Nell’esempio, dividendo 1.600 euro per 1,5 si arriva a 1.066 euro. Ciò significa che la rata del mutuo non dovrebbe superare questo importoÈ inoltre bene sapere che molte banche, soprattutto di questi tempi e in particolare per i giovani, chiedono una fideiussione, ovvero la garanzia di un altro individuo che si ponga come pagatore nel caso il mutuatario non riesca a far fede al debito. Normalmente questa condizione viene posta per chi ha un basso rating, ovvero un rata sostenibile bassa. Anche in questo caso dopo aver calcolato il proprio “potere di mutuo acquisto” ci si può fare un’idea se è bene anche contattare preliminarmente qualche potenziale fideiussore. Per avere le carte in regola nel momento decisivo della richiesta del mutuo. Inoltre, prima di contattare la banca è meglio avere dimestichezza con il loan to value, la percentuale del finanziamento in relazione al valore dell’immobile. Alcuni istituti concedono mutui solo fino al 60-70% del valore dell’immobile e non si spingono fino all’80% (massimo consentito da Bankitalia, dopo tale soglia la banca è obbligata a stipulare un’assicurazione a copertura dell’importo eccedente). Quindi bisogna chiedere un mutuo solo se si ha un minimo di disponibilità finanziaria da parte. Altrimenti la ricerca rischia di rivelarsi un’amara perdita di tempo.
Detto ciò, siamo pronti per cercare le offerte migliori e allargare la cerchia delle banche potenzialmente disponibili ad accordarci il prestito. In questa ricerca è preferibile consultare, oltre al fai-da-te allo sportello, le soluzioni proposte da broker online, confrontando i prezzi dei mutui guardando esclusivamente il Taeg (Tasso annuo effettivo globale). Nel mondo dei broker ci si può anche rivolgere a mediatori creditizi offline che lavorano contemporaneamente con più banche, verificando che siano realmente indipendenti e che quindi possano offrire il miglior consiglio del momento. In questo caso bisogna valutare il costo dell’intermediazione e farselo includere nel Taeg, in modo tale da semplificare i confronti e ottimizzare la scelta.
Questi passi è meglio che vangano compiuti prima di aver trovato la casa. Spesso, infatti, si cerca prima la casa e poi, una volta trovata, si fanno i salti mortali per ottenere il mutuo finendo per firmare il primo contratto che si trova senza effettuare le verifiche del caso alla ricerca del finanziamento più aggressivo. È in questi casi che si firmano i mutui peggiori e non si frappone nessun ostacolo all’offerente che può porci le “condizioni peggiori”. Altro consiglio: una volta trovato l’immobile è sempre meglio inserire nella proposta d’acquisto la clausola “salvo mutuo” che ci protegge nel caso il finanziatore si tirasse indietro all’ultimo minuto.
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