E’ morto questa mattina all’età di 66 anni Sergio Marchionne ex amministratore delegato del gruppo Fiat Chrysler Automobiles

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fiatE’ morto all’età di 66 anni Sergio Marchionne, ex amministratore delegato del gruppo Fiat Chrysler Automobiles. Ne ha dato l’annuncio un comunicato del gruppo Exor alle 11:30.

E’ morto Marchionne

Il manager italo-canadese, che aveva compiuto 66 anni lo scorso giugno, si è spento all’ospedale universitario di Zurigo per le complicanze postoperatorie di un intervento alla spalla che lo aveva costretto al ricovero lo scorso 27 giugno.

Le cause del decesso

Nessuna precisazione è trapelata da Zurigo sulle circostanze della morte, ma fonti di stampa rivelano che il decesso per “cause naturali” sarebbe stato provocato da un arresto cardiaco, dopo un primo già avvenuto durante l’intervento di luglio e che era stato alla base delle drammatiche condizioni in cui Marchionne versava negli ultimi giorni.

Lunedì scorso, in una lettera al Corriere della Sera, l’avvocato Franzo Grande Stevens aveva inoltre scritto di aver avuto da Zurigo “la conferma” che “i suoi polmoni erano stati aggrediti e che era vicino alla fine”, lasciando intendere che il manager era stato colpito da un tumore.

Ad assisterlo negli ultimi giorni di vita, la cui ultima uscita pubblica risale a un paio di giorni prima del ricovero in ospedale, c’erano i due figli, Alessio Giacomo e Johnatan Tyler, e la compagna Manuela.

L’addio a FCA

Marchionne era stato CEO di FCA fino alla fine della settimana scorsa, quando a séguito della dichiarazione di irreversibilità delle sue condizioni di salute la guida del gruppo è stata affidata al britannico Mike Manley, già capo del marchio Jeep, mentre John Elkann e Louis Carey Camilleri sono stati nominati rispettivamente presidente e amministratore delegato di Ferrari e presidente di CNH e Suzanne Heywood e passata al timone di CNH.

Gli studi

Marchionne, nato a Chieti il 17 giugno 1952 da un maresciallo dei carabinieri emigrato da giovane in Canada, aveva oltre alla doppia nazionalità italiana e canadese, aveva anche una doppia laurea: una in legge alla Osgoode Hall Law School of York University, seguita da un Master in Business Administration (MBA) alla University of Windsor, ed una in filosofia all’Università di Toronto: altre due honoris causa gliene avevano molto più tardi assegnato l’Universita degli studi di Cassino nel 2007, in Economia Aziendale, e il Politecnico di Torino nel 2008, in Ingegneria Gestionale.

Il lavoro

Dopo alcune esperienze come commercialista, il manager copre tra gli anni 80 del secolo scorso e i primi anni 2000 incarichi di vertice in diverse aziende, ma la svolta che lo porterà al Lingotto arriva nel 2002, quando diventa amministratore delegato di SGS, società ginevrina di sistemi di certificazione che ha tra gli azionisti di controllo la famiglia Agnelli.

Sarà Umberto l’anno successivo a volerno nel board della Fiat, di cui sarà designato amministratore delegato dopo la morte del fratello dell’Avvocato, nel 2004, in sostituzione di Giuseppe Morchio e a fianco di Luca di Montezemolo e di John Elkann.

Da Fiat a Fca

Sono gli anni del difficile percorso di risanamento, portato avanti con il rilancio di marchi storici dell’azienda e preliminare di quello che viene definito il “capolavoro” della sua carriera: il successo del percorso che porterà Fiat tra il 2009 e il 2014 – e tra momenti burrascosi, come il duro scontro sulle condizioni per gli investimenti a Pomigliano e a Mirafiori e l’uscita da Confindustria – a detenere il 100% del capitale di Chrysler, premessa per la nascita del nuovo gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca), settimo gruppo mondiale del settore che mette insieme alcuni tra i marchi più prestigiosi del 900, da Ferrari a Jeep.

Gli ultimi anni

Nell’ultimo periodo, era poi stato protagonista e artefice di una ulteriore evoluzione, per molti aspetti anche radicale, dei connotati dell’azienda di cui aveva assunto il timone 14 anni fa: lo spostamento del baricentro dell’azienda verso le auto premium; gli spin-off di Ferrari e CNH e il piano per scorporare anche Magneti Marelli; il tentativo di avvicinamento a General Motors; il progetto di rinnovare la tradizione del marchio Ferrari, di cui aveva assunto il timone nel 2014, aprendo ai suv e all’auto elettrica: sarebbe dovuto rimanere alla guida della casa del Cavallino ancora fino al 2021, dopo la presentazione a settembre prossimo del nuovo piano industriale. Il “salvatore della Fiat”, come lo ricorda oggi il Guardian, non ha fatto in tempo.

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