Multiversity ha deciso di acquistare l’ Università telematica San Raffaele di Roma
Multiversity ha l'obiettivo di portare contenuti formativi di qualità nelle case degli studenti, superando le barriere geografiche.
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Multiversity ha l’obiettivo di portare contenuti formativi di qualità nelle case degli studenti, superando le barriere geografiche. Modello Netflix per la conoscenza: lo streaming della formazione dove si vuole, quando si vuole. Stavolta però c’è un salto industriale. Perché la didattica digitale si arricchisce della ricerca scientifica spinta. Non basta trasmettere online contenuti: spiegarli, condividerli, contestualizzarli secondo il concetto di «classe ibrida» che abbatte le barriere fisiche tra docente e discente. Per andare oltre anche la qualità della ricerca (e delle pubblicazioni) può essere trasmessa superando i vecchi steccati di trasmissione del sapere.

Multiversity ora sta diventando un caso scuola: è entrato nel capitale il fondo di private equity Cvc che l’ha comprata per 1 miliardo ingolosita dall’università telematica Pegaso fondata dall’imprenditore Danilo Iervolino che poi ha re-investito nell’editoria acquisendo L’Espresso. Alla guida ha messo Fabio Vaccarono, supermanager proveniente da Google, in passato nel board di Alphabet, uno dei talenti italiani riconosciuti nella Silicon Valley. E ora mette a segno il primo colpo consolidando ancor più il mercato che vive di alcune eccellenze globali ma con una grande frammentazione dell’offerta. Ha deciso di acquistare l’università telematica San Raffaele di Roma, che conta oggi più di 8mila studenti. 

I numeri dell’operazione non sono noti, ma quello che sta avvenendo nell’industria della formazione merita un approfondimento di analisi. Vaccarono le chiama «sinergie». È fondamentale coprire anche tutte le aree tematiche. E il San Raffaele oltre a portare in dote la sua qualità nella ricerca arricchisce il portafoglio di Multiversity coprendo anche le aree medico-sanitarie, biologiche, biotecnologiche e della scienza della persona. In più ha appena costituito la sua Business School. dunque si sta ritagliando un posizionamento anche sul segmento degli executive. Vaccarono individua nell’Italia poi un territorio di elezione: «Siamo estremamente in ritardo su tutti i principali indicatori rispetto agli altri Paesi europei. Per col mare il divario non resta che compensare con un massiccio ricorso alla tecnologia».

Certo, bisogna portare la connettività superveloce nelle case di tutti altrimenti pur essendoci le competenze manca l’infrastruttura. Ma il vantaggio della formazione digitale è che permette di restare dove si è nati (e dove magari si ha una rete sociale di supporto) puntando su studi ad alta specializzazione senza i pesanti costi di trasferimento. La premessa, per Fabio Vaccarono che conosce per averci lavorato anni l’innovazione estrema di Google e le nuove tendenze tech, è che i grossi investitori punteranno sempre più «sull’industria della formazione alle prese con la più grande riconversione del capitale umano mai sperimentata». Il salto digitale dettato dalla pandemia, ha portato la trasformazione digitale in ogni aspetto della vita umana con le nuove frontiere, come il Metaverso, che promettono il totale slittamento tra virtuale e reale. Ma agli studenti di casa nostra manca la prospettiva dell’investimento che non sentono remunerativo: che sia il digitale la leva possibile per riavviare l’ascensore sociale?

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