Mutuo fondiario per ripianare lo scoperto su altro conto corrente: valido?

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Le banche italiane sono solite indurre i propri clienti a stipulare mutui per estinguere i debiti accumulati sul conto corrente. In questo modo, l’istituto di credito si limita a concedere il finanziamento, ad accreditarlo sul conto del mutuatario in passivo e, in un’unica operazione, a ripianare le perdite su quest’ultimo. Il correntista, così, bonificata la propria posizione debitoria, si trova a dover invece corrispondere il debito derivante dal finanziamento in rate mensili.

 

Tale pratica è stata considerata lecita non solo dalla giurisprudenza di merito, ma anche e soprattutto dalla Cassazione.

 

Differenza tra mutuo fondiario e mutuo di scopo

Bisogna innanzitutto distinguere il mutuo fondiario dal mutuo di scopo.

Il mutuo di scopo si ha quando la banca da in prestito al cliente il capitale necessario per realizzare un determinato obiettivo stabilito dalla legge. Solo in questo caso è necessario, ai fini della validità del mutuo stesso, che le parti destinino le somme alla realizzazione dello scopo indicato in contratto. Se tale destinazione viene elusa, il contratto è nullo e il correntista non deve la restituzione delle somme alla banca.

 

Al contrario, nel caso di un semplice mutuo con ipoteca iscritta su un immobile del correntista, non è necessario, per la relativa validità, che la somma erogata dall’istituto di credito sia destinata ad uno scopo specifico. Di conseguenza, l’istituto mutuante non è neanche tenuto a controllare l’utilizzazione che il cliente fa della somma erogata.

Pertanto, l’utilizzazione del finanziamento per scopi non specificamente prefissati [1] non comporta la nullità del mutuo [2].

 

Tale principio, a più riprese affermato dalla Cassazione, è stato da ultimo rimarcato dal Tribunale di Taranto in una recente sentenza [3].

IN PRATICA

È valido il contratto di mutuo fondiario le cui somme vengano utilizzate dalla banca solo per estinguere uno scoperto sul conto del correntista.

 

[1] In assenza di ulteriori pattuizioni di tipo convenzionale idonee a modificare la natura del negozio.

[2] Cass. sent. n. 9511/2007; Cass. sent. n. 317 dell’11 gennaio 2001; Cass. sent. n. 13768 del 18 settembre 2003; C. App. Napoli sent. del 12 marzo 2004.

[3] Trib. Taranto ord. del 16.11.2012.

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