Outlook 2013 Unicredit: i mercati verso la normalità, in primavera Italia fuori da recessione

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Nel suo rapporto previsionale Outlook 2013, Unicredit conferma una previsione fondamentale: i mercati si stanno normalizzando e la crescita, a livello globale e anche in Europa, sta lentamente riprendendo. Rimangono tuttavia alcuni rischi. “Siamo molto positivi sui mercati per questo inizio di 2013. Il grande processo di normalizzazione del rischio, iniziato la scorsa estate, è ancora nella sua fase iniziale; se la crescita riprende anche moderatamente, come generalmente atteso, una fase di mercato molto positiva ci accompagnerà per i prossimi 6 – 9 mesi”, ha commentato Erik F. Nielsen, capo economista dell’istituto.

UniCredit stima una crescita del Pil mondiale nel 2013 di circa 3,5 punti percentuali. L’Asia (Giappone escluso) e gli Stati Uniti dovrebbero contribuire a fare ritornare il commercio mondiale a tassi di crescita più normali. Nell’area Euro, gli economisti di Unicredit si attendono una ripresa più modesta, con un’espansione del Pil pari allo 0,1%. Oltre all’accelerazione delle esportazioni, un minor consolidamento fiscale e condizioni monetarie più accomodanti aiuteranno a uscire dalla recessione. L’attività economica si dovrebbe stabilizzare nei primi mesi, con un tasso di crescita che raggiungerà l’1,2% annualizzato verso la fine dell’anno.

Verso la metà del 2013 anche Italia e Spagna torneranno a registrare una crescita trimestre su trimestre, seppure marginale, mentre su base annua il Pil rimarrà negativo in entrambi i paesi (-0,7% in Italia e -1,4% in Spagna). Nelle previsioni degli economisti di Unicredit Research, il 2013 sarà caratterizzato dalla prosecuzione del grande processo di normalizzazione dell’asset allocation, poiché gli investitori continueranno il loro graduale ritorno verso un più fisiologico livello di rischio. Il processo di normalizzazione era partito lo scorso agosto con la decisione della Bce, resa più incisiva dal sostegno del Governo tedesco, di introdurre l’Omt (Outright Monetary Transactions). E’ proseguito con il restringimento degli spread dei paesi periferifci dell’Eurozona e il ritorno degli acquisti sui titoli dei paesi emergenti, compresi quelli dell’Europa centro orientale, nonché su obbligazioni corporate e azioni.

La durata e l’esatta composizione dell’atteso rally dipenderà in larga misura dalla velocità e dalla distribuzione del ritorno alla crescita a livello globale, così come dalla efficacia delle politiche adottate. Il rally contiene il potenziale rischio di un surriscaldamento dei prezzi, verso la fine del 2013, dato che l’abbondanza di liquidità trova sbocco nelle attività finanziarie. Ma il team di Unicredit Research è convinto che per l’Eurozona il rischio di inflazione rimanga molto basso per il prevedibile futuro. La sovra-capacità produttiva è troppo grande e il canale del credito ancora “inceppato” perché si possa generare pressione inflazionistica. Gli economisti di Unicredit continuano quindi a considerare improbabile un forte incremento della domanda per titoli che forniscono protezione dall’inflazione.

Il rischio di breve termine sulle prospettive economiche globali e sui mercati finanziari, grazie principalmente al programma OMT è stato spostato dall’area Euro agli Stati Uniti, dove il tetto del debito e i tagli alla spesa rappresentano le prossime impegnative sfide. Anche le tensioni in Medio Oriente e tra alcuni Paesi asiatici comportano rischi per la crescita globale nel 2013. Rischi che non sono esclusivamente orientati al ribasso. Dato che miglioramenti nella domanda sono in corso negli Stati Uniti, in Cina ed Europa, diverse imprese si sono trovate con le scorte ridotte e stanno ora accelerando per soddisfare la domanda. Dato lo shock per l’economia globale generato dalla crisi e dalle politiche adottate per contrastarla, i rischi di medio termine sono insolitamente alti.

L’area Ocse ha vissuto un incremento nei livelli del debito pubblico mai sperimentata in precedenza, e le politiche di rientro rimangono ancora poco chiare in molti grandi paesi, Stati Uniti compresi. I dettagli delle manovre fiscali, e quindi il loro impatto sulla crescita, sono ancora in larga misura sconosciuti, così come le possibili conseguenze inflazionistiche. Mentre questi sono prevalentemente temi che riguarderanno gli Stati Uniti, le azioni dei policy makers avranno un impatto significativo sul dollaro e quindi presumibilmente anche sul prezzo delle materie prime espresso nelle altre valute.

Questo porta incertezza sulle reazioni da parte di numerosi grandi paesi emergenti, che potrebbero essere tentati da politiche protezionistiche. Oltre a questo, il settore finanziario, soprattutto in Europa, andrà incontro a un ulteriore deleveraging, che a sua volta produrrà probabilmente altra volatilità nella crescita. Se la crescita dovesse essere insoddisfacente nel medio termine, il rischio politico in alcuni dei paesi più deboli dell’Eurozona aumenterebbe, sollevando nuovi dubbi sulla possibilità di mantenere l’impegno verso una più ampia e forte integrazione.

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