Piazzetta Cuccia e l’obiettivo di un patto sotto il 40%

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Patto in via di definizione con l’obiettivo di renderlo più snello fino al 35% a fronte di un maggior flottante, impegni «obbligati» per i riassetti delle partecipate, alle prese con rifinanziamenti e aumenti di capitale, e sullo sfondo un pacchetto strategico, quello nelle Generali, destinato a essere ridimensionato. Per Mediobanca è tempo di lavori in corso. E forse già martedì 26, quando è previsto oltre al cda anche il direttivo e l’assemblea del patto, si inizierà a parlare di alcune questioni.

In autunno scade il patto di sindacato che vincola il 42,13% del capitale di piazzetta Cuccia. Uno dei temi chiave da definire era il peso e la composizione del fronte francese guidato da Vincent Bolloré, oggi all’11%. Dopo l’uscita della famiglia Botin, il gruppo C vede come soci lo stesso Bolloré, al 6%, e Groupama, titolare del 4,93 per cento.

La compagnia transalpina, che naviga in cattive acque da tempo, era data per «dimissionaria» dal patto. Ma negli ultimi mesi, proprio Bolloré avrebbe portato avanti una trattativa con i partner francesi per convincerli a rivedere le loro posizioni. Un pressing che ha dato i risultati sperati. Anche perché la cessione del pacchetto si sarebbe tradotto in una perdita pesante per i conti della compagnia. Basti pensare che la quota è stata rilevata per 493 milioni ed oggi quello stesso pacchetto vale 230 milioni. Alla luce di ciò, Groupama, dunque, si prepara a rinnovare il patto, lasciando lo status quo nella composizione estera del capitale di Mediobanca.

Sistemato il gruppo d’Oltralpe, fermo all’11% e considerando che il gruppo A, quello dei soci finanziari (UniCredit e Mediolanum) difficilmente mollerà la presa sul 12,3% di piazzetta Cuccia, l’unica variabile su cui si giocherà la composizione definitiva dell’accordo è quella rappresentata dai soci industriali, il gruppo B. Titolare del 19,17% del capitale, la flotta di imprenditori storicamente vicini a Mediobanca sembra destinata a essere ridimensionata. Prima di tutto perché c’è già il 3,8% detenuto da FonSai ufficialmente in vendita. Come da obblighi assunti con l’Antitrust, la compagnia finita sotto il cappello di Unipol deve cedere il 3,8% di Mediobanca entro il 2013. La società ha infatti congelato la quota in attesa di definirne il futuro. Tecnicamente gli azionisti del patto appartenenti al gruppo B potrebbero esercitare il diritto di prelazione pro quota. Ma se invece la quota fosse collocata extra patto, Mediobanca potrebbe centrare l’obiettivo di un patto più leggero. Si vedrà.

In attesa di risposte, l’istituto guidato da Alberto Nagel ha un altro tema caldo sul tavolo. Che riguarda le partecipate. Da Rcs, dove Mediobanca detiene il 14%, a Telco, in cui la quota è dell’11% circa, fino a Sintonia (10%) alle prese con l’ops su Gemina, ci sono riassetti in corso e conseguenti impegni da parte della banca che spaziano dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale da 400 milioni della società del Corriere della Sera al rifinanziamento del veicolo a cui fa capo il 22,4% di Telecom Italia (2,8 miliardi tra prestito soci e linee). Infine, e forse il capitolo più delicato, è Generali dove la partecipazione è del 13,46 per cento.

Le disposizioni, collegate alle regole di vigilanza di Basilea 3, sono rimaste sospese nel limbo del generale rinvio. L’ultima versione, ma l’impianto originario deve essere confermato, prevedeva la deduzione delle partecipazioni finanziarie ai fini del calcolo del tier 1 del 20% all’anno a partire dal 2014. Questo, tradotto per Mediobanca-Generali, significherebbe un ridimensionamento del parametro di 3-3,5 punti percentuali spalmato nell’arco di cinque anni. Con la conseguenza che il core tier 1 dell’istituto calerebbe dall’oltre 11% attuale intorno all’9%. Per evitarlo Mediobanca dovrebbe ridurre la propria partecipazione in Generali del 2,5%-3%, scendendo dall’attuale quota del 13,24 per cento.

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