In primavera ci saranno le elezioni per il Parlamento Europeo

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ZIl PD, spinto da Renzi, ha rifiutato di discutere con il M5S la possibilità di formare congiuntamente un governo, e così è nato il Governo M5S – Lega.

Il PD ha rinviato il congresso al 2019, con la conseguenza che non ha ancora una leadership condivisa. Il resto della sinistra pratica una opposizione ambigua, vicina alla parte grillina e lontana da quella leghista, ma continuando a considerare il PD bersaglio principale della propria azione politica.

Salvini e la Lega, combattendo l’immigrazione, hanno assunto l’egemonia su di Maio e M5S, superandolo nel consenso popolare.

La sinistra nel suo complesso continua ad affrontare il problema dell’immigrazione su un piano di solidarietà etica, senza avanzare proposte concrete in termini di integrazione.

Il Governo gialloverde sviluppa un programma, chiamato “contratto”, che si basa su una spartizione delle risorse finalizzato alla attuazione delle rispettive promesse elettorali. Gli alti costi necessari determinano un aumento del deficit di bilancio e del debito pubblico.

 

Sul primo punto ritengo che il PD avrebbe dovuto accettare il dialogo con il M5S, ponendo dure condizioni per un accordo fondato su alcuni principi fondamentali come i diritti civili, la solidarietà ed eguaglianza sociale, la razionalizzazione-integrazione dei fenomeni immigratori, gli investimenti in infrastrutture, il lavoro e la fedeltà all’Europa. Non è stato fatto. Però, mancando un leader forte, difficilmente il PD sarebbe stato in grado di gestire la trattativa, e altrettanto difficilmente il M5S avrebbe rinunciato alle sue promesse elettorali di assistenza sociale, riduzione dell’età pensionabile e cancellazione di molti provvedimenti attuati dai governi di centrosinistra. Ma soprattutto difficilmente il M5S avrebbe considerato inviolabili i principi – anche economico-finanziari – che regolano l’Unione Europea.

 

Sulla leadership non mi sembra che il PD abbia fatto sostanziali passi avanti. Il congresso sembra fissato per gennaio 2019 con l’elezione del nuovo segretario attraverso le primarie. Nella situazione attuale non credo che le primarie possano avere il peso politico del passato, anzi potrebbero incrudelire il dibattito e non portare ad un segretario unitario. Non appena si apre una ipotesi di confronto, subito si spegne, mentre il ruolo di Renzi resta ingombrante ed ambiguo.

 

Sul terzo punto c’è poco da aggiungere. La patina di sinistra di una parte delle proposte del M5S si dissolve nel momento stesso in cui il Movimento condivide le scelte politiche del suo alleato di destra: che senso ha il reddito di cittadinanza, misura contro la povertà, se accompagnata da un condono fiscale e da una flat tax che premiano la ricchezza?

 

Sull’immigrazione i governi di centrosinistra hanno perso consenso non tanto per le scelte di Minniti orientate a ridurre le partenze (favorendo indirettamente la permanenza degli esuli nei lager libici), quanto perché non è stata fatta per anni alcuna reale proposta di integrazione dell’immigrato. Dopo essere stato accolto e coperto da una provvisoria assistenza, il richiedente asilo è abbandonato al suo destino. E’ mancato il coraggio di legiferare in proposito, creando specifici posti di lavoro entro apposite strutture (cooperative, ad esempio). Solo il lavoro può creare le basi per una reale integrazione, lo dimostra la vicenda di Riace. Vaganti geograficamente e dispersi socialmente, gli immigrati sono visti dalla gran parte della gente non solo come problema, ma come pericolo.

 

Poco sono in grado di aggiungere in merito all’ampliamento del deficit oltre gli accordi europei rispetto a quanto viene cupamente predetto da moltissimi economisti. Personalmente credo che, nei fatti, l’applicazione del reddito di cittadinanza tarderà ad essere attuata per svariate ragioni (centri per l’impiego, norme anti truffa, vincoli e conteggi complicati, ecc…) e la flat-tax applicata solo a piccole imprese e a lavoratori autonomi entro limiti di reddito.

 

Oggi è inutile rimpiangere gli errori o le occasioni perdute. Mentre i partiti di sinistra e di centro brancolano nella confusione e quelli di destra trovano riparo sotto le ali del successo leghista, si stanno costituendo decine e decine di movimenti ed associazioni di protesta sociale, volontariato laico o cattolico, indirizzo culturale o economico-finanziario, ecc… che, magari localmente o su temi ed occasioni specifiche, in ordine sparso e con distinzioni ideologiche, sembrano concorrere verso una rifondazione di alcuni valori civili prima ancora che politici. A primavera ci saranno le elezioni per il Parlamento Europeo. C’è il rischio di una vittoria delle destre nazionaliste e la conseguenze trasformazione dell’Unità Europea in una Europa di stati sovrani alleati. Che è una cosa ben diversa.

 

Così, radunando le idee e le forze in campo, liberando le energie e le intelligenze intrappolate in un liberismo estremo che sta divorando se stesso, sacrificando l’astrazione ideologica, ma non i valori, proprio la scadenza elettorale europea potrebbe essere l’occasione per la costruzione di una larga alleanza – Cacciari, Cuperlo, Bonino ed altri la chiamano “Nuova Europa” – fondata sulla memoria storica della democrazia e del socialismo europeo, spinta verso un riformismo che sappia ridefinire il concetto di “progresso” e di “modernità” e rendere il cambiamento sostenibile nel mondo del lavoro. Questa alleanza dovrebbe confluire nel gruppo del Partito Socialista Europeo. I partiti europei che vi aderiscono, però, dovrebbero unificare alcuni paradigmi fondamentali delle loro finalità politiche in almeno quattro campi: lo statuto dei lavoratori; il sistema fiscale; i diritti civili; i fenomeni migratori. Si andrebbe così a costituire non un semplice gruppo parlamentare, ma un embrione di quell’Europa alla quale per anni, dal trattato fondativo di Roma a quello di Maastricht, avevamo creduto e che, come punto di arrivo, avrebbe dovuto aspirare ad una reale unificazione politica.

 

Non dipende solo da noi, ma anche e soprattutto dalla politica che ci rappresenta e che dovrebbe interpretare la voce dei movimenti e delle associazioni. Ma se questa rappresentanza politica non lo capisce e resta frammentata ed ancorata alle diatribe interne o alle illusioni ideologiche, andrebbe incontro ad un ennesimo fallimento.

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