Severino Oliva, presidente del Simedia: “La riforma doveva portare un po’ d’ordine nel settore, invece ha generato solo confusione. Ci aspettiamo un aumento del contenzioso”

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Il mediatore di oggi nel 95 per cento dei casi sarà il collaboratore di domani. È con questa convinzione che, nel 2008, è stato fondato il Simedia, il Sindacato dei mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria che aderisce all’Ugl, l’Unione generale del lavoro. Come le altre associazioni di categoria, in questa fase particolarmente delicata il Simedia è impegnato a trovare i numerosi bandoli necessari a dipanare la complicata matassa uscita dalla riforma della mediazione. Insieme al suo presidente Severino Olivadiscutiamo alcuni dei nodi più controversi del secondo correttivo al D. Lgs. 141 del 2010 appena approvato dal Consiglio dei Ministri.
Dopo anni di attesa, la riforma delle mediazione ormai è legge. Il testo approvato il 14 settembre, però è stato aspramente criticato dagli addetti ai lavori. Qual è la posizione del vostro sindacato?
La delusione è grande. Si erano riposte molte speranze nella possibilità che il correttivo riuscisse a raddrizzare alcune delle numerose storture presenti nel testo originario della legge sulla riforma della mediazione; queste aspettative, tuttavia, sono state evidentemente disattese. I numerosi incontri che nei mesi scorsi si sono svolti presso il ministero dell’Economia e delle Finanze alla presenza dei sindacati e delle associazioni di categoria sembravano il preludio a una serie di aperture da parte delle istituzioni che tutto il settore della mediazione auspicava. Erano stati compiuti sforzi importanti per avviare un dialogo costruttivo e improntato al confronto. Si erano formulate proposte e avanzati alcuni suggerimenti. E gli emendamenti che erano stati formulati dalle commissioni parlamentari incaricate di analizzare il decreto legislativo erano stati sottoscritti da tutti gli schieramenti, dal Pd al Pdl. Purtroppo di tutto ciò non si è tenuto conto neppure in minima parte. Non possiamo che prenderne atto di quello che considero una sconfitta, l’ennesima, della politica.

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