Tsmc ha deciso di aprire il suo primo stabilimento sul suolo europeo
Se nella corsa ai semiconduttori l'Italia è ancora alle prese con questioni di ordine burocratico, in Europa c'è chi non perde tempo accaparrandosi tutti gli investimenti delle migliori aziende sul mercato.
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Se nella corsa ai semiconduttori l’Italia è ancora alle prese con questioni di ordine burocratico, in Europa c’è chi non perde tempo accaparrandosi tutti gli investimenti delle migliori aziende sul mercato. Quel Paese è la Germania. Anzi, a voler essere precisi, la Germania orientale. Un’area geografica non a caso già rinominata la Silicon Saxony, perché la Sassonia si candida a diventare l’hub tecnologico dell’Unione Europea e il fulcro dell’European Chips Act. Per ora il Governo italiano resta a guardare, aspettando di capire cosa intende fare il colosso americano Intel riguardo all’investimento promesso per la costruzione di un sito di packaging e produzione ‘back-end’ di chip. Dove sorgerà è ancora un mistero, se in Piemonte o in Veneto, le due regioni che si stanno contendendo l’ipotetico impianto produttivo e la mole di investimenti annessi che si spera seguiranno. A giugno il Governatore piemontese Alberto Cirio ha riferito delle rassicurazioni ricevute dal ministro delle Imprese Adolfo Urso sul buon andamento del dialogo tra Palazzo Chigi e la multinazionale. Un passo avanti, ma solo di tipo normativo, è stato fatto la scorsa settimana con il via libera al Decreto Asset, nel quale si prevede che per grandi programmi d’investimento esteri sul territorio italiano il Governo potrà dichiarare “il preminente interesse strategico nazionale” e nominare un commissario straordinario responsabile della loro realizzazione, puntando così ad accelerare le procedure per i maxi progetti da almeno un miliardo di euro. È un segnale, ma non si è ancora ai risultati raggiunti ad esempio dalla Polonia, che si è già assicurata un investimento da 4,5 miliardi per la costruzione dello stabilimento di assemblaggio e test di semiconduttori di Intel a Miękinia, vicino Breslavia.

Ma chi ha davvero cambiato passo è la Repubblica federale tedesca e le ultime notizie ne sono la conferma. Il gigante di Taiwan Tsmc, il più grande produttore mondiale di chip in conto terzi, ha deciso di aprire il suo primo stabilimento sul suolo europeo. Un passaggio storico che delinea il ruolo sempre maggiore della Germania come custode europeo per la sicurezza degli approvvigionamenti di beni altamente strategici come i chip. Dal Consiglio di amministrazione è arrivato il via libera a un investimento di 3,9 miliardi di dollari a Dresda, in Sassonia, per dar vita a una sussidiaria europea, la European Semiconductor Manufacturing Company (Esmc). Il progetto verrà portato avanti attraverso una joint venture con altre imprese europee leader nei microchip. Sarà detenuta al 70% dal colosso taiwanese, mentre la parte restante sarà divisa in tre quote azionarie del 10% ciascuna tra la tedesca Bosch, la tedesca Infineon e l’olandese Nxp. 

Secondo i piani, saranno creati duemila posti lavoro di “alto livello tecnologico”, con l’obiettivo di una capacità di produzione mensile di 40mila wafer da 300 mm che contengono chip nella gamma di dimensioni da 22 a 28 nanometri e da 12 a 16 nanometri “per supportare le future esigenze dei settori in rapida crescita automobilistico e industriale”. L’obiettivo per la fabbrica European Semiconductor Manufacturing Company è iniziare i lavori nella seconda parte del 2024 e aprire la produzione nel 2027.”L’insediamento avrà un impatto su tutte le regioni della Sassonia”, ha commentato Michael Kretschmer, ministro presidente del Land. “A questo si associano miliardi di investimenti e tanti posti di lavoro, anche nel commercio e nelle medie imprese. Il grande investimento garantisce maggiore sovranità europea e indipendenza tecnologica in un settore chiave”. Il progetto dimostra che “la Germania è un luogo attraente per gli affari, un Paese in cui si investono miliardi in tecnologie all’avanguardia”, ha esultato il cancelliere Olaf Scholz. 

Tsmc è solo l’ultima multinazionale che ha deciso di investire in Germania. Sul fronte delle batterie, ad esempio, Tesla nel Brandeburgo è già presente con la Gigafactory europea inaugurata a marzo dell’anno scorso con un investimento complessivo da sette miliardi di dollari. L’azienda americana di Elon Musk prevede di assumere fino a 12 mila persone per produrre, inizialmente, 500 mila auto all’anno e batterie fino a 50 GWh. Un altro colosso, la cinese Catl, ha avviato la produzione di batterie a dicembre scorso, scegliendo come base la Turingia, segnando così un altro primato, perché si tratta del primo impianto di Catl al di fuori del territorio cinese. Con un investimento totale fino a 1,8 miliardi di euro, Cat prevede di raggiungere una capacità produttiva di 14 GWh e di creare in futuro fino a duemila nuovi posti di lavoro nella Germania orientale. A circa duecento chilometri da Erfurt, dove nel 2025 dovrebbe nascere uno stabilimento Svolt, sempre cinese. Il colosso svedese Northvolt procede invece con il suo progetto di una megafactory per le celle e tremila posti di lavoro a Heide, nelle brughiere dello Schleswig-Holstein. 

Tornando ai chip, i progetti non mancano. Sempre a Dresda, infatti, il gruppo tedesco di semiconduttori Infineon ha avviato l’espansione del suo impianto, Smart Power Fab, grande come quattro campi da calcio e che dovrebbe essere pronto nel 2026. Attualmente già ci sono più di tremila dipendenti ma il nuovo investimento da circa cinque miliardi complessivi dovrebbe aggiungere altri mille posti di lavoro. 

Non è finita: un mese fa Intel e il Governo federale tedesco hanno trovato l’accordo per dar vita a un complesso produttivo a Magdeburgo, Sassonia-Anhalt, al termine di un negoziato complesso ma che spiega bene qual è la posta da mettere in gioco: un enorme quantità di risorse pubbliche. A giugno infatti il cancelliere Scholz ha annunciato l’intesa con il gruppo di Santa Clara dopo aver ceduto alle richieste di aumentare le sovvenzioni statali messe a disposizione dal suo Governo. Berlino offriva 6,8 miliardi di euro sotto forma di sussidi, l’azienda ne voleva di più. Il compromesso è stato trovato a 9,9 miliardi presi direttamente dalle casse federali. In cambio Intel ha accettato di aumentare la sua spesa dai diciassette miliardi iniziali a circa trenta. 

Tradotto: per assicurarsi i finanziamenti dei colossi stranieri in ambiti strategici come i chip, serve mettere sul piatto una discreta somma. Nel caso dell’investimento di Tsmc a Dresda, l’eventuale finanziamento da parte di Berlino dovrebbe ammontare a cinque miliardi di euro, presi dal Fondo tedesco per la trasformazione e il clima. La decisione finale d’investimento è “in attesa della conferma del livello di finanziamento pubblico per questo progetto”, che è previsto “nell’ambito dell’European Chips Act”.  “Siamo molto soddisfatti della decisione di Tsmc di investire, insieme a tre grandi aziende di semiconduttori dell’Ue, nella costruzione di una nuova fabbrica per semiconduttori nell’Unione Europea”, ha commentato il Commissario Ue al Mercato interno Thierry Breton. La storia si ripete anche nel caso di Infineon e del suo progetto di Smart Power Fab a Dresda, dove al Governo viene richiesto di stanziare almeno un miliardo per agevolare l’investimento dell’azienda tedesca. Stessa somma che l’esecutivo di Olaf Scholz potrebbe autorizzare per il piano di una gigafactory Northvolt nel land di Schleswig-Holstein. 

Stando a questa incompleta rassegna, la mole di sussidi pubblici stanziata da Berlino negli ultimi mesi supera i diciassette miliardi di euro. Soldi che verranno “sottratti ad altri scopi, un’enorme scommessa sul futuro con un esito incerto”, ha commentato Marcel Fratzscher, presidente dell’Istituto tedesco per la ricerca economica Diw. In passato anche il Leibniz Institute for Economic Research Halle (IWH) aveva avanzato critiche dopo che il Governo aveva accordato dieci miliardi di euro a Intel per convincerla a investire in Germania orientale. Gli economisti perciò non sono tutti concordi sul fatto che assecondare le enormi richieste di sovvenzioni statali dei colossi dei chip, dietro la velata minaccia di spostare altrove i propri progetti, sia un modo corretto di impiegare i soldi dei contribuenti. 

Resta il fatto che la Repubblica federale, a differenza di altri Paesi, può mettere mano alla tasca e finanziare direttamente i colossi dei chip per non perdere terreno nella corsa dei semiconduttori, in particolare quelli necessari alla sua industria automobilistica su cui si regge buona parte della manifattura tedesca. Poiché le procedure rapide per i semiconduttori sono fondamentali per gli investimenti, il Governo federale ha già rilasciato un permesso di esenzione in modo che l’azienda possa iniziare i lavori di costruzione più rapidamente. Con la decisione di investimento di Tsmc, le richieste formali di aiuti e sussidi possono quindi andare spedite. Il progetto dovrà comunque essere valutato dalla Commissione Europea che tuttavia a marzo ha allentato le norme in materia di aiuti di Stato per gli investimenti green, per quanto riguarda le batterie, e per gli investimenti nei semiconduttori con l’adozione del Chips Act. Decisioni ragionevoli e ben accolte ma che hanno sollevato più di un dubbio sui rischi di frammentazione del mercato unico, visto che solo pochi Paesi membri hanno la capacità fiscale per attrarre i player stranieri. Germania e Francia, per citare i numeri forniti dalla Commissione, rappresentano rispettivamente il 53 e il 24% degli aiuti di Stato notificati a Bruxelles dal marzo 2022, quando le regole sugli aiuti di Stato furono allentate dopo la guerra in Ucraina.

Molti di più rispetto all’Italia, che ancora aspetta di sapere quando e dove sorgerà il tanto corteggiato impianto di Intel, un progetto  da 4,5 miliardi e circa 1.500 posti di lavoro oltre ad altri 3.500 posti di lavoro tra fornitori e partner. Quantomeno sulla carta. La realtà, invece, racconta come già prima della decisione di Tsmc di sbarcare sul suolo tedesco, un chip su tre prodotto in Europa venga prodotto in Sassonia. O meglio, nella Silicon Saxony, eldorado dei microchip del futuro targati Ue.

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