Viola la normativa antiriciclaggio l’impiegata che non identifica il diretto beneficiario del prestito
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La Cassazione, con la sentenza 46415, accoglie il ricorso del pm contro da decisione della Corte d’appello di assolvere, perché il fatto non costituisce reato, due impiegate delle Poste Italiane Spa che, nella loro funzione di intermediari finanziari, non avevano rispettato gli obblighi di identificazione della clientela previsti dalla normativa antiriciclaggio (articolo 18 del Dlgs 231/07).
Alla base della “clemenza” della Corte, l’assenza del dolo. Secondo i giudici di merito, mancava la prova dell’elemento soggettivo del reato: le due imputate si erano fidate della professionista che chiedeva il finanziamento per i propri clienti, perché era accreditata nella zona ed aveva presentato tutta la documentazione compresi i documenti identificativi dei beneficiari.
In realtà, la consulente, condannata per truffa, batteva cassa, all’insaputa dei diretti interessati. Secondo la Cassazione, per l’intermediario che omette intenzionalmente di procedere all’identificazione del titolare effettivo della prestazione scatta il reato. A meno che non ci sia una valida causa di giustificazione, che non può essere la fiducia. I giudici di appello avevano ammesso che le due addette della Posta, pur consapevoli del loro dovere, lo avevano disatteso. E, malgrado l’esistenza del dolo generico che integra il reato, avevano considerato l’omissione una “irregolarità”. Per la Cassazione, l’obbligo di identificazione è invece proprio il “cuore” della normativa antiriciclaggio il cui mancato rispetto è punito con pene pecuniarie (articolo 55). Scopo del decreto legislativo è, infatti, proprio quello di conoscere i soggetti che muovono i capitali e, al tempo stesso, di impedire, creando un ostacolo da parte di chi riceve denaro, comportamenti fraudolenti in cui si spenda il nome altrui, proprio come avvenuto nel caso esaminato. Va ricordato che proprio l’articolo 55 rientra in uno dei due decreti depenalizzazione approvato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri (si veda il sole 24 ore del 17 novembre). Il reato non resterà impunito ma la sanzione sarà amministrativa e non più penale.

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