Volano i crediti deteriorati (+17%)

Ancora nessun commento

Quella zavorra è sempre più pesante. E più passano i mesi più il suo carico si fa quasi insopportabile. La zavorra che immobilizza le mani dei banchieri e tiene sotto scacco la redditività degli istituti italiani è quella dei prestiti “cattivi”. Quelli di difficile rientro. A partire dalle sofferenze, i più problematici, passando per gli incagli fino ad arrivare alle esposizioni ristrutturate e scadute. Quel fardello di crediti deteriorati lordi vale solo per le prime 4 banche italiane la bellezza di 166 miliardi di euro.
I primi due big del credito, UniCredit e Intesa, fanno ovviamente la parte del leone in questa speciale classifica. Lo stock di crediti deteriorati lordi per UniCredit ha toccato a fine settembre 2012 la cifra di 80,4 miliardi; Intesa Sanpaolo ne ha per 47,5 miliardi. Mps vanta uno stock di crediti dubbi per un valore di 28,2 miliardi e Ubi ne ha per 10,3 miliardi. Si aggiungano i 15,8 miliardi del Banco Popolare e le prime 5 banche del paese arrivano ad avere in pancia prestiti a rischio per oltre 181 miliardi. Certo non è detto che tutti questi prestiti siano andati persi. Qualche credito ristrutturato o scaduto sarà alla fine ripagato; e qualche incaglio tornerà riscuotibile. Più difficile il recupero delle sofferenze, le più problematiche, che contano comunque per i primi 5 istituti la cifra ragguardevole di 100 miliardi.
L’onda lunga della crisi
Il fardello pesante è figlio della crisi e dell’epoca del credito facile degli anni dal 2003 al 2007. Imprese e famiglie vanno in difficoltà e non ripagano i crediti contratti. Le banche subiscono il colpo a posteriori. La prova? L’accelerazione violenta delle sofferenze lorde dell’intero sistema che sono raddoppiate dalla fine del 2009 a oggi. E che solo dall’inizio dell’anno sono aumentate del 9,5%, passando da 93 a 102 miliardi per i primi sei istituti italiani: in pratica un miliardo al mese.
Ed è proprio la dinamica della crescita vertiginosa dei crediti a rischio nelle banche a impressionare. Solo nell’ultimo trimestre la progressione è stata del 5% e su base annua l’incremento è stato del 17%. E pare che dopo più di due anni di crescita esplosiva ancora non si veda la fine. Ma più si accumulano i prestiti di difficile incasso più le banche incamerano perdite.
Ogni trimestre infatti rettifiche e accantonamenti sui crediti tendono a salire. E se per il 2012 gli analisti del Credit Suisse stimano per le prime 4 banche (UniCredit, Intesa, Mps e Ubi) accantonamenti per perdite su crediti per 14 miliardi, il quadro non cambia per il 2013 e gli anni fino al 2015. Per l’anno prossimo infatti le stime parlano di accantonamenti su crediti per 13 miliardi e per quasi 11 miliardi anche nel 2014.
Gli effetti
E così quella zavorra non solo ha fermato gli utili delle banche, ma è destinata a tenerli compressi anche per i prossimi anni. I ricavi, con i tassi ai minimi storici, e i volumi del credito in contrazione sono declinanti. L’unica voce che sale nei conti delle banche è quella del trading finanziario sui BTp e i propri titoli. Non proprio l’attività tipica di un banca tradizionale, ma piuttosto quella di una merchant bank. Tuttavia questo è l’unico modo che gli istituti italiani hanno per tenere in piedi i conti. Già sotto la linea della gestione ordinaria le banche devono mettere in conto le perdite su sofferenze e incagli. Il risultato finale è che la redditività sul capitale della media degli istituti è al lumicino da anni. Le stime per il 2012 di Credit Suisse indicano un Roe tra il 2,5 e il 4% e anche per il 2013 i livelli di redditività resteranno compressi sotto il 5%.
Questo pone un problema in prospettiva agli investitori. Con un costo del capitale assai più pesante, una regulation sul fronte patrimoniale sempre più stringente e uno scenario macroeconomico a tinte fosche, la bassa profittabilità futura delle banche è più che una certezza. Se a questo si aggiunge l’effetto spread, che svaluta i titoli di Stato in pancia agli istituti, si capisce perchè gli investitori rimangano scettici sul futuro degli istituti. Nonostante le violente oscillazioni giornaliere, i prezzi di borsa sul medio termine dei titoli del comparto rimangono di fatto fermi. Segno inequivocabile della cautela degli operatori sulle sorti borsistiche del settore.

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
Reddit
Tumblr
Telegram
WhatsApp
Print
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ALTRI ARTICOLI

Più di 4 milioni i cittadini che vivono nei Comuni senza credito ne finanza

L’assenza di sportelli bancari sul territorio e l’abbandono da parte delle banche delle zone più periferiche è un problema per le persone, per i professionisti, per i risparmiatori, ma anche per le imprese: perché un minor numero di banche e di filiali, si traduce, concretamente, anche in meno credito, con conseguenze facilmente immaginabili sull’economia, sugli investimenti, sulla crescita.

Leggi »