All’esame il nuovo piano salva banche

Un piano per salvare le tre banche italiane Banca Marche, Carife e Popolare dell’Etruria, attraverso la creazione di una holding, finanziata dagli altri istituti di credito italiani, attraverso un aumento di capitale in contanti per 1,5 miliardi. Tale piano è ora all’esame del board del Fondo Interbancario per la tutela dei depositi.

Prevista, anche la conversione delle obbligazioni subordinate delle singole banche in dissesto (circa 700 milioni di euro di bond) in azioni degli istituti in difficoltà.

Quelle attuali sono dunque settimane di lavoro intenso nonostante il periodo estivo: dal primo gennaio 2016, infatti, a livello europeo diventerà operativo il nuovo meccanismo del bail in (il salvataggio forzoso delle banche a opera di azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100 mila ero), e l’intenzione di tutti è quella di risolvere tutto prima, definendo il piano, individuando gli aumenti di capitale necessari e convocando le assemblee. Lo auspicano in particolare Banca d’Italia, il Mef e Il Fondo interbancario di tutela dei depositi, ma anche le stesse banche, conscie che l’alternativa è comunque peggiore.

Un eventale bail in, soprattutto per istituti di dimensioni non piccole, costerebbe caro in termini di reputazione per tutto il sistema ma anche di coperture, visto che i depositi sotto i 100.000 euro vanno comunque garantiti dai fondi appositi, sempre finanziati dalle banche sane.

Si prevede pertanto la creazione di un veicolo ad hoc, il cui capitale complessivo sarà pari a 1,5 miliardi circa. Finanziato interamente dalle banche italiane del sistema – che verseranno il capitale in maniera proporzionale alla quota di mercato posseduta -, il veicolo ricapitalizzerà le tre banche in dissesto, riportandole in bonid. Di fatto le banche italiane sane diventeranno così socie delle banche in crisi. La scommessa è che, a fronte di un esborso cash immediato, una volta risanate e rilanciate da nuovi vertici, con Cda eletti da nuove assemblee, le tre banche vengano riportate sul mercato e vendute, permettendo così agli istituti di registrare, se non una plusvalenza, quanto meno una riduzione della perdita”.

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