La quota di Mediobanca e i tempi di Basilea

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La sistemazione della partita ceca giova non solo a Generali, ma anche a Mediobanca, che ieri ha brillato in Borsa chiudendo in rialzo del 2,49% a 5,1 euro, tra i migliori titoli dell’indice Stoxx bancario europeo (+0,24%). Il motivo? L’accordo con Petr Kellner su Ppf scongiura a questo punto il “rischio” di un aumento di capitale della compagnia triestina e di riflesso da parte del suo primo azionista. Il titolo di Piazzetta Cuccia non ha mostrato tentennamenti neppure alla prospettiva dell’appuntamento informale della Ue, previsto per domani, dal quale forse potrebbe uscire qualche lume sulla questione dei conglomerati finanziari che in Italia riguarda, e penalizza, in particolare proprio Mediobanca per i suoi rapporti partecipativi con Generali.

Le disposizioni, collegate alle regole di vigilanza di Basilea 3, sono rimaste sospese nel limbo del generale rinvio. L’ultima versione prevedeva la deduzione delle partecipazioni finanziarie ai fini del calcolo del tier 1 del 20% all’anno a partire dal 2014. Questo, tradotto per Mediobanca-Generali, significherebbe un ridimensionamento del parametro di 3-3,5 punti percentuali spalmato nell’arco di cinque anni, con la conseguenza che il core tier 1 dell’istituto calerebbe dall’oltre 11% attuale intorno all’8%. Per evitarlo Mediobanca dovrebbe ridurre la propria partecipazione in Generali del 2,5%-3%, scendendo dall’attuale quota del 13,24%.

Ma il punto è che Basilea 3 doveva partire dall’inizio di quest’anno e le disposizioni sui conglomerati, attese per luglio e poi per novembre del 2012, entrare in vigore dall’anno prossimo. Così non è stato e di fatto tutto slitta di un anno. Salvo che, nel frattempo, non è certo neppure che l’impianto originario sia confermato. A riguardo sono circolate le voci più disparate, dalla cancellazione tout court dell’obbligo di deduzione, alle modifiche del provvedimento a geometria variabile, fino all’ipotesi di applicazione drastica in unica soluzione. Tuttavia l’ammorbidimento e la dilazione concessa sui ratio di liquidità fa pensare che la lobby bancaria franco-tedesca sia riuscita a convincere i regolatori a non imporre vincoli troppo stringenti al settore per non soffocare l’economia. Non c’è due senza tre e la potente lobby continentale l’ha già spuntata su due dei tre fronti aperti: il rinvio al 2014 dell’unione bancaria e le regole sui ratio di liquidità. Resta appunto da verificare se le riserve sui conglomerati finanziari avranno sortito qualche esito. In Europa non c’è solo Mediobanca che avrebbe qualche problema a gestire i vincoli sulle partecipazioni assicurative. C’è anche, in particolare, il Crédit Agricole che, per evitare ricapitalizzazioni, sposterebbe le attività assicurative dalla holding quotata alle casse regionali che la controllano, rinunciando così a una parte degli utili che arrivano dalle polizze. Ma ci sono anche Ing, Ubs, Credit Suisse e le banche inglesi.

Se non se ne facesse più nulla sul fronte regolamentare, Mediobanca confermerebbe comunque la promessa di riduzione dell’esposizione all’equity anche in relazione a Generali, che resta un ottimo investimento, ma per alcuni versi penalizza il titolo della banca d’affari, al quale il mercato applica un holding discount e multipli inferiori a quelli del settore. Ma un conto è alleggerirsi secondo convenienza e un altro è dover ridimensionare una partecipazione in tempi e modi stabiliti che rischierebbero di tradursi in una svendita. La partita è aperta, si vedrà se l’appuntamento di domani servirà a ridimensionare, tanto per cominciare, l’incertezza.

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