Intelligenza artificiale, nel 2022 crescita del 22%: 700 milioni nel 2025
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In Italia il mercato dell’Intelligenza artificiale ha raggiunto nel 2022 un volume di circa 422 milioni di euro (+21,9%) e, tra il 2022 e il 2025, è previsto che l’IA raggiunga i 700 milioni nel 2025 con un tasso di crescita medio annuo del 22%. Lo rilevano i dati di Anitec-Assinform, l’associazione di Confindustria che raggruppa le aziende delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’intelligenza artificiale, insieme ad altri abilitatori del mercato (digital enabler) come ad esempio cybersecurity, big data e cloud, sarà un elemento di traino straordinario per lo sviluppo del mercato digitale italiano.

IA poco usata dalle pmi

Nonostante le sue potenzialità, l’intelligenza artificiale è ancora scarsamente utilizzata dalle imprese italiane, in particolare quelle di minori dimensioni: secondo dati Istat del 2021, solo il 6,2% delle imprese ha dichiarato di utilizzare sistemi di IA, contro una media dell’8% nell’Unione europea; in particolare, la percentuale di piccole imprese si attesta al 5,3%, contro il 24,3% delle grandi imprese. Positivo però l’aumento che, secondo dati Ocse, continuano a registrare gli investimenti in capitale di rischio, la ricerca e il numero di talenti riferiti all’intelligenza artificiale, pur se, anche in questo caso, molto inferiori a paesi limitrofi come Germania o Francia.

Verso standard Esg

«L’intelligenza artificiale applicata all’impresa, nell’immaginario comune, è spesso associata ad attività legate ai giganti del settore tech», ha spiegato Giovanni Baroni, presidente Piccola Industria di Confindustria: «È invece importante comprendere come questa disciplina sia alla portata di tutte le imprese. Infatti, può essere applicata in ogni realtà industriale, a prescindere dalla dimensione, e assicurare benefici in termini di minori costi e maggiore efficienza, contribuendo anche al raggiungimento di criteri Esg sempre più richiesti dal mercato e dagli investitori. Per cogliere questa opportunità è necessario però supportare le nostre Pmi nella transizione digitale. Si tratta di un processo complesso, elaborato attraverso tecnologie interdipendenti e soprattutto competenze, attitudine mentale e capacità di trasformarsi».

La questione delle competenze

Ha aggiunto poi Baroni: «In questo quadro, poi, il ritardo italiano in termini di professionisti e studenti in materie Stem è un gap che non possiamo più permetterci e che rischia di pesare sempre di più sullo sviluppo e la crescita del Paese, sottraendo alle imprese il capitale umano necessario per essere competitive».

Gli investimenti necessari

Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, ha commentato: «Gli investimenti negli abilitatori di trasformazione digitale, come l’intelligenza artificiale, sono vitali per l’innovazione, per sostenere la resilienza delle imprese e abilitare nuovi modelli di business nonché trasformare filiere ed ecosistemi in tutti i settori. I digital enabler, da un lato, consentono alle imprese di conoscere e monitorare al meglio i processi e, dall’altro, di produrre prodotti evoluti e con nuove funzionalità grazie a una profonda integrazione tra fisico e digitale. Le pmi rappresentano il 99% del nostro tessuto imprenditoriale, ma investono ancora troppo poco nel digitale, con una crescita inferiore rispetto ad altri segmenti business: dobbiamo cogliere questo momento e le opportunità del Pnrr per spingere l’acceleratore sull’innovazione, per recuperare punti di produttività, rafforzare le nostre filiere industriali e restare leader industriali nel mondo. Siamo convinti che partendo dal territorio, dal confronto diretto e concreto tra e con le piccole e medie imprese si possa fare la differenza e incoraggiare un’adozione consapevole dell’IA».

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