Su Alitalia abbiamo tre offerte
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Mentre sta finendo il 2017, e di riflesso anche la legislatura, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ne approfitta per spronare all’urgente risoluzione di due importanti dossier, strategici per l’Italia. Anzitutto il destino della compagnia aerea che fu di bandiera, quell’Alitalia in cerca di acquirenti, e poi la siderurgica Ilva di Taranto, la cui situazione è comunque più intricata. Il ministro lo ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera, quasi un “promemoria” a uso dei vari attori in gioco su ambedue gli scacchieri.

“Su Alitalia abbiamo tre offerte – dice Calenda – e il nostro obiettivo è raggiungere un accordo prima delle elezioni. Oggi è gestita meglio e finisce l’anno avendo lasciato sostanzialmente intatto il prestito ponte. Ma è un’azienda fragile che non può sopravvivere da sola attingendo illimitatamente al denaro pubblico”. Infatti per la compagnia aerea tricolore sono in ballo, come noto, contatti con la compagnia tedesca Lufthansa, quella britannica Easyjet e il fondo d’investimenti americano Cerberus, questi ultimi due, si dice, potenzialmente alleati. Il ministro vorrebbe che entro marzo, se possibile già in gennaio, i commissari chiudano le trattative individuando l’offerta migliore, che dal punto di vista operativo potrebbe essere quella di Easyjet, mentre Lufthansa tenderebbe a far gravitare più la compagnia italiana attorno a Roma-Fiumicino, prendendosi il Nord.

Di certo c’è che Calenda invita a muoversi in fretta e a non guardare come scadenza fino a settembre 2018, data in cui scadrà il prestito ponte da 900 milioni che tiene in piedi la compagnia, soldi per la maggior parte ancora intatti, essendo disponibili ancora 800-850 milioni.

Quanto all’Ilva di Taranto, permane lo scontro fra il Ministero dello Sviluppo e l’asse Comune di Taranto-Regione Puglia, che mantiene per ora il ricorso presentato in tribunale (Tar di Lecce per la precisione) contro il decreto governativo che abbina un piano ambientale alla vendita dell’acciaieria ad ArcelorMittal, il gruppo franco-indiano che però ha chiesto garanzie al governo con una sua lettera spedita già il 21 dicembre ai commissari straordinari di Ilva, Enrico Laghi, Piero Gnudi e Corrado Carrubba.

Calenda commenta: “Spero davvero che prevalga quella responsabilità invocata da tutti i sindacati, oltre che da Gentiloni. ArcelorMittal ha chiesto garanzie sugli investimenti dallo Stato per tutelarsi nel caso in cui i ricorsi al Tar invalidino tutto, magari fra due anni. È inaudito: 5,3 miliardi di euro per un investimento industriale nel Sud non si vedevano da 40 anni. Ma la cosa incredibile è che nel merito del piano ambientale non ci sono osservazioni rilevanti”.

Il ministro ribadisce di aver accettato molte richieste del governatore della regione Puglia, Michele Emiliano, e del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, sebbene il loro ricorso non sia ancora ritirato, e promette: “Nel giro di poco più di 24 mesi Ilva potrebbe diventare la migliore acciaieria europea, liberando una città ostaggio del dilemma salute/lavoro che non è degno di un Paese civile. Il sindaco mi ha chiesto garanzie per ritirare il ricorso. Gli ho proposto di firmare con istituzioni, investitore, parti sociali un accordo di programma”.

Dal canto suo, però, Melucci ribatte: “Con un protocollo d’intesa, il Governo ha imboccato la strada giusta ma non chieda più il ritiro del ricorso prima di aver predisposto garanzie formali”. Per ora Comune e Regione sono venute incontro al governo solo ritirando una richiesta di sospensiva del decreto governativo, ma non il ricorso, non ritenendo ancora sufficienti le garanzie formali.

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