A Milano sono state ritirate tre auto come effetto delle sentenze del giudice di pace, il quale ha ritenuto inammissibili i ricorsi degli autisti, a cui la polizia locale aveva sequestrato le auto a partire dallo scorso autunno.
Uber è una applicazione che consente ai cittadini privati di fare da autisti, improvvisandosi tassisti, e a chi cerca un taxi nelle vicinanze di trovare un’auto disponibile grazie alla geolocalizzazione e avere un passaggio sempre a pagamento ma a un prezzo più economico dei taxi gialli canonici.
Tale servizio è stato osteggiato aspramente dai tassisti in regola, che contestano proprio il fatto che Uber faccia concorrenza sleale.
Gli avvisi di ‘acquisizione coattiva senza indennizzo’ sono in corso di notifica in questi giorni agli ormai ex proprietari delle auto. Si tratta di mezzi di fascia media, immatricolati dopo il 2007.
In totale le vetture per cui è stato ordinato il sequestro tra quelle iscritte al servizio UberPop sono 62 al momento e tutti i proprietari e conducenti delle auto hanno presentato ricorso al giudice di pace. Le sentenze sono state sette sinora.
Di queste sei dichiarano inammissibile il ricorso e, citando l’articolo 86 comma 2 del Codice della Strada, definiscono quello di UberPop un “servizio di taxi senza essere in possesso del prescritto titolo”, ossia la licenza. Una sola sentenza accoglie il ricorso, annullando il sequestro. In questo caso sarà il Comune a chiedere appello in Tribunale.
È una prima vittoria importante per gli autisti, insomma, ma Uber non si vuole dare per vinta. La manager della società Arese Lucini ha definito i sequestri “un passaggio obbligato”.
“Continueremo a lavorare insieme sia sulla mobilità che dal punto di vista normativo per cercare di aggiornare il sistema rispetto a servizi innovativi come i nostri”.