Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps, ha dettato ieri i tempi dell’aumento di capitale da 3 miliardi per rimborsare gran parte dei 4 miliardi di aiuti di Stato ottenuti con i Monti bond: due i giorni possibili per l’avvio della ricapitalizzazione, il 19 o il 26 maggio. L’obiettivo è arrivare al 30 giugno con i soldi in cassa «e quindi poter evitare il pagamento da 329 milioni della cedola in azioni sui Monti bond», ha dichiarato al Sole 24Ore . «È nell’interesse di tutti gli azionisti evitare una nuova diluizione. Il nostro impegno è di pagare la cedola per cassa».
La determinazione di Viola si spiega anche con le condizioni che il consorzio di garanzia ha imposto all’istituto presieduto da Alessandro Profumo: mai lo Stato dentro la banca. Il contratto di garanzia sull’aumento (pre-underwriting) è stato rinnovato martedì 13 con le dieci banche che già a dicembre erano disponibili a coprire l’operazione in origine prevista per gennaio e poi spostata a non prima del 12 maggio su proposta della Fondazione Mps. Capofila dell’aumento sono Ubs, Citigroup, Goldman Sachs e Mediobanca con accanto Barclays, BofA Merrill Lynch, Commerzbank, Jp Morgan, Morgan Stanley e Société Générale (e Linklaters come advisor legale). Per concedere la garanzia — che rende già riuscita la ricapitalizzazione — hanno imposto anche il rinnovo di una condizione fondamentale: che Mps «abbia ottenuto le necessarie autorizzazioni per far fronte agli oneri correlati al coupon 2013, pagabile nel 2014, relativo ai Nuovi strumenti finanziari (i Monti bond, ndr) senza procedere all’emissione di ulteriori azioni» a favore del Tesoro. Per questo i tempi sono stretti: sforare la data del 1 luglio — giorno in cui vanno pagati gli interessi — complicherebbe ulteriormente la situazione; mentre avendo i soldi in cassa, Mps ottempererà alla regola del commiss ario Ue alla Concorrenza di concludere l’aumento entro il 2014 (a certe condizioni, entro il primo trimestre 2015).
L’incognista è nei sottoscrittori dell’aumento, atteso in forte sconto: i banchieri puntano a «vendere» Mps come se fosse una ipo. E se la Fondazione Mps riuscisse a cedere gran parte del suo 29,9% a uno o più investitori di medio-lungo termine — come ha annunciato di voler fare entro breve — sarebbe un bene per Mps: «È indispensabile avere rapidamente chiarezza sui futuri soci stabili della banca. È decisivo avere azionisti stabili con cui interloquire», ha detto Viola.
Intanto il mercato ha apprezzato la pulizia dei conti che ha portato Mps a chiudere il 2013 con una perdita di 1,44 miliardi: ieri il titolo ha chiuso a 0,227 euro (+1,57%) anche per i giudizi favorevoli di Deutsche Bank (con prezzo obiettivo a 0,24 euro) e di Natixis (obiettivo a 0,17 euro). E sempre ieri l’ex presidente Giuseppe Mussari ha rotto il silenzio durato un anno per reagire a Profumo che martedì lo aveva criticato perché «ha sbagliato tutto» anche nel trattare con un solo sindacato, confondendo i vari ruoli. «Ho sempre svolto il ruolo di presidente di Mps nel pieno e puntuale rispetto delle disposizioni di vigilanza», ha detto Mussari, senza svolgere «né indirettamente né surrettiziamente» compiti non propri. E ha precisato di avere incontrato i sindacati «senza eccezione alcuna» solo quando richiesto dai dirigenti della banca. Mussari ha incaricato i legali di valutare le dichiarazioni di Profumo.