Banche italiane: crediti deteriorati oltre 80% capitale e riserve

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“Il ritmo di esplosione delle sofferenze e dei crediti deteriorati del sistema bancario, benché migliorato negli ultimi mesi, rimane comunque a livelli di massimo allarme”.

È quanto si evince dall’ultimo bollettino mensile dell’Abi.

Con una congiuntura economica che appare ancora lontana da un’inversione di tendenza, se nel prossimo futuro non si dovesse assistere ad una ripresa robusta e duratura (ipotesi assi improbabile allo stato attuale), è verosimile che le banche, scrive il banchiere privato Paolo Cardenà, “si troveranno a dover affrontare significativi peggioramenti dei volumi delle sofferenze e dei crediti deteriorati”.

L’effetto immediato sarebbe un peggioramento netto anche del rapporto con il capitale e le riserve. Ciò è tanto più vero se si considera che, allo stato attuale, i crediti deteriorati, pari a 333 miliardi di euro, rappresentano oltre l’80% del capitale e delle riserve.

Per quanto riguarda il numero dei soggetti insolventi, la cifra supera il milione e duecento mila unità, e Cardenà ricorda che si tratta di “soggetti ai quali è inibita la possibilità di accesso al credito”.

La somma si ingrandisce ancora se si tiene anche conto di tutti i soggetti titolari di posizione incagliate, ristrutturate o scadute. È difficile immaginare, scrive il banchiere sul suo blog “Vincitori e Vinti”, che “le banche possano tornare a concedere credito, stante la fragilità del contesto economico e il deterioramento della qualità del credito in ampi strati di soggetti già alle prese con alti livelli di indebitamento”.

Osservando i dati sul debito privato dell’Italia, si scopre che dal 1999 al 2012 è aumentato di circa 52 punti di Pil. E in rapporto al PIl si è attestato al 126%, ossia circa 1900 miliardi di euro. Sono inclusi nei calcoli prestiti a famiglie e a imprese non finanziarie.

Sebbene il debito privato italiano sia cresciuto meno rispetto ad altre economie, è anche vero che i redditi reali disponili si sono contratti molto di più.

“Il debito si ripaga con il reddito prodotto da chi lo ha contratto, a meno che non si dispongano di altre sostanze che debbono essere comunque smobilizzate per far fronte al  puntuale pagamento dei debiti”, ricorda Cardenà.

“La crisi che si protrae dal 2009 ha prodotto un drammatico ridimensionamento del reddito reale disponibile della famiglie. I motivi sono molti e sono tutti noti: aumento della pressione fiscale, perdita del potere di acquisto per via dell’inflazione (quando c’era), esplosione della disoccupazione e della sottoccupazione che hanno avuto l’effetto di comprimere i redditi per via di una maggiore offerta di lavoro  non compensata  da altrettanta domanda, ecc ecc. Fatto è che la drammatica situazione della caduta del reddito disponibile delle famiglie è rappresentata nel grafico che segue”.

“Si osservava che il reddito reale disponibile delle famiglie (posto nel grafico come base 100 nel 2001; linea blu scala sinistra), è tornato ai livelli del 1995, quando, a quell’epoca, anche il debito privato era notevolmente più basso intorno al 66% del PIL”.

Reddito reale famiglie è tornato ai livelli del 1995. Allora anche il debito privato era notevolmente più basso intorno al 66% del Pil.

Ciò significa che “le famiglie italiane (e in questo caso anche le imprese)  sono molto più indebitate rispetto ad allora, ma con redditi disponibili drammaticamente più bassi, ai livelli di quelli del 1995, quando ancora non erano così indebitate”.

“Essendo, questa, anche e sopratutto, una crisi da debito, con i redditi reali ai livelli del 1995 e con l’indebitamento quasi raddoppiato rispetto ad allora, le alternative sono sostanzialmente due:

1) Si contraggono i consumi e gli investimenti per pagare i debiti, con ovvie ricadute sulla tenuta del Pil, che finisce per provocare l’avvitamento dell’economia e quindi l’ulteriore esplosione delle sofferenze bancarie che, a loro volta,  finiscono per determinare un ulteriore stretta creditizia che deprime ulteriormente l’economia.

2) Si sostengono i consumi e gli investimenti, non ripagando i debiti. Il che genera ugualmente un effetto dirompente sui fragili bilanci bancari, che continuano a imbarcare incagli e sofferenze con gli effetti descritti sopra”.

“Se l’Italia, nel prossimo futuro (immediato), non dovesse agganciare qualche forma di ripresa robusta, vigorosa e duratura (assai improbabile, nelle condizioni attuali), non rimane  difficile immaginare una triste sequenza di fallimenti privati e pubblici, assai difficili da arginare e controllare”.

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