«Banche solide, ma manca il credito»

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Un Paese ancora in declino, dove però la recessione sta diventando via via meno aggressiva e i conti pubblici sono migliorati. Il disegno dell’Italia, fatto ieri dagli economisti della Banca d’Italia nel Bollettino economico non si discosta troppo da quello presentato, il giorno prima, dagli esperti del Fondo monetario internazionale.
Il calo del Prodotto interno lordo non si è fermato nel primo trimestre del 2013 anche se è rallentato rispetto ai terribili ultimi tre mesi del 2012 in cui si è visto l’accentuarsi del calo di consumi (ridotti del 5% dalla seconda metà del 2011) e reddito e l’aumento delle entrate tributarie, rileva il Bollettino di Palazzo Koch che segnala anche il proseguimento inesorabile della contrazione dell’occupazione soprattutto per i giovani. Mentre sembra essersi fermata con il 2013 la discesa della produzione industriale. Il tutto in un quadro di incertezza politica che se finora «ha avuto effetti limitati», potrebbe rappresentare se non risolta un macigno sulla crescita.
Di previsioni questa volta Bankitalia non ne fa ma c’è il riconoscimento dell’efficacia dei provvedimenti presi dal governo per migliorare i saldi della finanza pubblica cosa che, assieme «alla credibilità dell’impegno delle istituzioni europee nel sostenere l’Unione economica e monetaria», ha consentito all’Italia di beneficiare della relativa stabilità dei mercati finanziari a tutto vantaggio della riduzione degli spread e dei tassi di emissione dei titoli pubblici. Inoltre «l’ulteriore aumento dell’avanzo primario atteso nel 2014 permetterà la stabilizzazione del rapporto tra il debito e il prodotto anche qualora la crescita di quest’ultimo fosse modesta».
La situazione resta dunque difficile: occorre proseguire con politiche economiche «efficaci e credibili», che «interrompano la spirale recessiva in atto nel nostro Paese quasi ininterrottamente dal 2008; è necessario evitare che incertezze nel quadro interno e il riemergere di turbolenze nell’area dell’euro minaccino le prospettive di ripresa».
La crescita è essenziale, dicono e ripetono Bankitalia e Fmi, ma c’è da risolvere il problema del credito che non riesce ad arrivare all’economia reale. Nei primi mesi del 2013 — rileva il Bollettino — è proseguita la flessione dei prestiti alle imprese, pur se a un ritmo inferiore rispetto alla seconda metà del 2012, e alle famiglie. Dopo il lieve rialzo dello scorso autunno, il costo del credito alle imprese si è stabilizzato, ma resta — rileva Bankitalia — di circa un punto percentuale più elevato rispetto alla media dei Paesi dell’area dell’euro. Alla fine del 2012, infine, il tasso di ingresso in sofferenza dei prestiti alle imprese — e la quantità di finanziamenti non rimborsati è diventato il principale motivo del restringimento del credito — si è riportato in prossimità dei livelli massimi osservati nella recessione dei primi anni ’90.
«Il credito si sta contraendo rapidamente in Italia come in Spagna», hanno ieri avvertito con preoccupazione gli economisti dell’organizzazione di Washington presentando il loro terzo rapporto primaverile, quello sulla stabilità finanziaria. I prestiti continuano a diminuire «con il risultato di affamare il vitale settore delle piccole e medie imprese e di bloccare la ripresa economica» afferma lo studio del Fmi che sottolinea come invece le Pmi siano «una priorità» nell’area dell’euro. Così il Fondo sollecita di ridurre i costi dei finanziamenti alle aziende minori «allargando la gamma di finanziamenti che possono essere usati come collaterali presso la Bce» ed anche «riducendo i pagamenti arretrati del governo», come deciso dall’Italia con lo stanziamento di 40 miliardi di euro per i rimborsi ad imprese e fornitori. Provvedimento questo promosso anche dalla Banca d’Italia. Sempre secondo l’analisi del Fmi, che rileva i pericoli dell’incertezza politica italiana, le banche europee, diversamente da quelle statunitensi, devono ancora completare il loro consolidamento. In particolare dovrebbero ridurre i propri asset di altri 1.500 miliardi di dollari oltre ai 1.300 già «tagliati» nel corso dell’ultimo anno.
Gli economisti del Fondo comunque promuovono le banche italiane. Il sistema «è solido» ha detto il capo del dipartimento mercati e capitali del Fondo, Josè Vinals spiegando che le aziende di credito hanno «un livello di capitale adeguato ad affrontare lo scenario peggiore degli stress test». I rischi, legati all’interconnessione tra i destini delle banche e quelli del debito sovrano, ci sono ed è per questo che secondo Vinals è importante andare avanti con le riforme in linea con la politica di rettifiche e accantonamenti attuata dalla Banca d’Italia: «Molto buon lavoro è stato fatto ma bisogna continuare», ha affermato.
Sulla necessità di far arrivare alle piccole aziende il credito necessario si è espresso anche il presidente della Bundesbank e membro del comitato direttivo della Bce, Jens Weidmann il quale, come il presidente di Eurotower Mario Draghi, ha chiamato in campo i governi. La Bce, ha affermato in un’intervista al Wall Street Journal potrebbe ridurre i tassi qualora le condizioni economiche lo richiedessero, ma una misura del genere non basterebbe a cambiare le sorti dell’economia continentale il cui destino rimane strettamente legato alla capacità delle classi politiche di trovare modi per rilanciare la crescita. Quella crescita che secondo Weidmann potrebbe anche impiegare dieci anni per ritrovare i ritmi pre-crisi.

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