I banchieri popolari sul piede di guerra “Decreto ingiustificato, di tutto per fermarlo”

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banche-popolariDoveva essere l’occasione per discutere della vendita dell’Istituto centrale delle banche popolari (l’Icbpi) ma lo tsunami del decreto legge di riforma del settore ha fatto la sua violenta irruzione sulla riunione quasi di routine. Passato in second’ordine il tema (si è «solo ragionato senza decidere nulla», ha detto Vincenzo Consoli, direttore generale di Veneto Banca, e non risulta nemmeno scelto l’advisor del venditore, che tutti si aspettavano fosse Mediobanca) mentre è cambiata la sede milanese dell’appuntamento, spostata dall’Icbpi agli uffici meneghini di Bper, il cui presidente Ettore Caselli è anche presidente di Assopopolari.

Il cuore della discussione è stata tutta sul decreto, definito «ingiustificato e ingiustificabile» in una nota della potente associazione di categoria (Assopopolari), «gravido di conseguenze negative su risparmio nazionale e su credito delle famiglie e delle pmi». Ovvie e concordi le dichiarazioni dei banchieri all’uscita (i presidenti degli istituti, non i capi azienda). «Volete che non siamo critici?», ha detto Francesco Venosta, presidente della Popolare di Sondrio, lasciando l’incontro di Assopopolari. «Verranno studiate delle iniziative», ha aggiunto; ma ha anche detto: «Ci vuole tempo per fare le cose seriamente sennò si fa un decreto legge». Linea comune dunque («Le banche popolari sono molto d’accordo», ha detto Gianni Zonin uscendo dalla riunione) e contrarietà altrettanto diffusa: «E’ una riforma strutturale che naturalmente le banche popolari non condividono », ha dichiarato Piero Giarda, presidente del consiglio di sorveglianza di Bpm. Ma se le iniziative da prendere non sono ancora state deliberate nei dettagli, la linea politica è chiarissima e illustrata nella lunga nota diffusa a fine riunione. Verrà fatto tutto il possibile: «Le banche popolari non lasceranno nulla di intentato perché il decreto legge venga meno». Ancora più pesante l’affondo sugli intenti della manovra: «Non deve esserci una politica economica finalizzata esclusivamente a trasferire la proprietà di una parte rilevante del sistema bancario italiano alle grandi banche internazionali». Secondo Assopopolari dunque c’è un delitto, trasformare le popolari in spa, ma c’è anche una motivazione da parte del governo, sebbene Giarda ha escluso che la mossa sia stata fatta per salvare Mps e Carige: «Non credo», ha dichiarato. Su Bpm l’intervento lecreto peraltro si intreccia con un’autoriforma di cui si parla da tempo e che avrebbe dovuto approdare in assemblea, il prossimo aprile. Sulla riforma della governance di Bpm «stiamo un po’ ragionando su cosa fare», ha detto Giarda. E’ possibile che non se ne faccia niente, in attesa che il deto compia il suo (accidentato, c’è da scommetterci) percorso parlamentare.
Assopopolari rimanda al mittente anche l’accusa di rappresentare un sistema troppo frammentato: le banche popolari hanno vissuto un «processo di concentrazione che hanno dimostragislativo di saper praticare in passato in misura più elevata rispetto al resto del sistema». E se ora il processo segna il passo, è colpa «dell’avvento di regole e prassi di sorveglianza europee particolarmente avverse alle attività di finanziamento di famiglie ed imprese». Dal canto suo l’associazione si impegna, in caso di vittoria – nel fermare il decreto – a «perseguire una ulteriore evoluzione del proprio ordinamento cooperativo».
Opposto il giudizio del mercato (anche ieri le banche a Piazza Affari sono salite) sintetizzato dall’ad di Borsa spa, Raffaele Jerusalmi: «La riforma delle banche popolari rappresenta un elemento molto positivo per il mercato» mentre secondo il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, «è una mossa che va nella direzione giusta» per quanto si auguri che «non sottragga credito alle imprese».
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