Bonus cuneo fiscale: ecco il codice tributo per i datori di lavoro
Bonus cuneo fiscale al via dal 1° luglio 2020: con la pubblicazione del codice tributo da indicare nel modello F24 l’Agenzia delle Entrate fissa le ultime regole per l’avvio della nuova agevolazione.
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Bonus cuneo fiscale al via dal 1° luglio 2020: con la pubblicazione del codice tributo da indicare nel modello F24 l’Agenzia delle Entrate fissa le ultime regole per l’avvio della nuova agevolazione.

Il bonus erogato in busta paga dal 1° luglio dovrà essere recuperato dal datore di lavoro in compensazione, presentando il modello F24 ed indicando il codice tributo 1701.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E del 26 giugno 2020 fornisce le nuove istruzioni per il recupero del bonus cuneo fiscale, denominato trattamento integrativo per lavoratori dipendenti ed assimilati.

Bonus cuneo fiscale dal 1° luglio 2020: ecco il codice tributo per i datori di lavoro

La risoluzione n. 35/E del 26 giugno 2020 segna l’ultimo passo per l’avvio del nuovo bonus sul cuneo fiscale. Il documento dell’Agenzia delle Entrate fornisce le istruzioni per il recupero in compensazione della somma riconosciuta dal datore di lavoro.

Il meccanismo è sostanzialmente lo stesso previsto già per il pensionando bonus Renzi: bisognerà presentare il modello F24, in modalità telematica, senza tuttavia dover sottostare al limite relativo alla preventiva presentazione della dichiarazione di riferimento.

Il codice tributo per la compensazione del bonus cuneo fiscale è il seguente:

  • “1701” denominato “Credito maturato dai sostituti d’imposta per l’erogazione del trattamento integrativo – articolo 1, comma 4, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3”.

In sede di compilazione del modello F24, il codice tributo “1701” è esposto nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”.

Nei campi “rateazione/regione/prov./mese rif.” e “anno di riferimento” sono indicati, rispettivamente, il mese e l’anno in cui è avvenuta l’erogazione del trattamento integrativo, nei formati “00MM” e “AAAA”.Agenzia delle Entrate – risoluzione n. 35/E del 26 giugno 2020Istituzione dei codici tributo per l’utilizzo in compensazione da parte dei sostituti d’imposta, tramite i modelli F24 e F24 “enti pubblici” (F24 EP), del credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo ai lavoratori dipendenti e assimilati, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3

Bonus cuneo fiscale: codice tributo compensazione modello F24 EP

Diverse le istruzioni per chi usa il modello F24 EP.

In tal caso, per il recupero in compensazione del bonus cuneo fiscale bisognerà indicare il codice tributo:

  • “170E” denominato “Credito maturato dai sostituti d’imposta per l’erogazione del trattamento integrativo – articolo 1, comma 4, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3”.

In sede di compilazione del modello F24 EP, il codice tributo “170E” è esposto nella sezione “Erario” (valore F), in corrispondenza delle somme indicate nel campo “importi a credito compensati”.

Nei campi “riferimento A” e “riferimento B” sono indicati, rispettivamente, il mese e l’anno in cui è avvenuta l’erogazione del trattamento integrativo, nei formati “00MM” e “AAAA”.

Bonus cuneo fiscale al via dal 1° luglio 2020: 600 euro in busta paga per i dipendenti

A partire dal 1° luglio 2020 a lavoratori dipendenti ed assimilati sarà riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a 600 euro per l’anno 2020 e a 1.200 euro a decorrere dall’anno 2021.

I datori di lavoro riconosceranno in automatico il nuovo bonus in busta paga, riparametrandolo tra le retribuzioni erogate dal 1° luglio 2020 ovvero entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio.

Ai fini del recupero in compensazione, la risoluzione n. 35/E dell’Agenzia delle Entrate ricorda che il modello F24 dovrà essere presentato esclusivamente in modalità telematica.

L’utilizzo in compensazione, invece, non deve essere preceduto dalla presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito.

Premi di risultato: nuovi chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate29 GIUGNO 2020

L’Agenzia delle Entrate torna sul tema dei premi di risultato con la risoluzione numero 36/E

Regime fiscale dei premi di risultato: l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 36/E del 26 giugno 2020 ha fornito alcuni importanti chiarimenti in materia.

L’Agenzia delle Entrate, in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, aveva già fornito chiarimenti nell’ambito di un’istanza d’interpello, ma viste le numerose richieste da parte delle Scriventi ha deciso di intervenire nuovamente fornendo ulteriori indicazioni.

In particolare, l’Agenzia ha chiarito che nel caso in cui il contratto preveda che il raggiungimento dell’obiettivo incrementale è effettivamente incerto alla data della sua sottoscrizione, in quanto l’andamento del parametro adottato è suscettibile di variabilità, l’azienda, sotto la propria responsabilità, può applicare un sistema di tassazione agevolata con imposta sostitutiva del 10% al “premio di risultato” erogato al dipendente qualora al termine del periodo congruo sia conseguito il risultato incrementale.

Regime fiscale dei premi di risultato: gli effetti della Legge di Stabilità

Nella risoluzione n. 36/E pubblicata il 26 giugno 2020, l’Agenzia delle Entrate chiarisce innanzitutto che l’agevolazione, prevista dalla legge di stabilità 2016 ha reintrodotto, a decorrere dal 2016, la tassazione ridotta con un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, pari al 10%, per i premi di risultato corrisposti ai dipendenti del settore privato.

Il documento evidenzia che il beneficio fiscale presenta peculiari novità e non riguarda più la “retribuzione di produttività” ma i soli premi di risultato “di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti”, come definiti dal decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il Mef del 25 marzo 2016 e indicati nel contratto aziendale/territoriale.

Dal 2016, quindi, non possono godere dell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento singole voci retributive quali, a titolo esemplificativo, le maggiorazioni di retribuzione o gli straordinari corrisposti a seguito di un processo di riorganizzazione del lavoro, essendo l’agevolazione in esame da riconoscersi ai soli premi di risultato come precedentemente definiti.

Regime fiscale dei premi di risultato: l’agevolazione dipende dall’ipotesi di contratto

Nella risoluzione n. 36/E l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il riferimento alla variabilità delle somme non deve essere inteso tanto come gradualità dell’erogazione in base al raggiungimento dell’obiettivo, ma come aspetto futuro e incerto dal cui raggiungimento dipende l’erogazione del premio.

In particolare, in forza della funzione incentivante del quadro normativo, l’Agenzia ritiene che l’imposta agevolata possa essere applicata quando il raggiungimento degli obiettivi incrementali alla base della maturazione del premio, e non solo la relativa erogazione, sia successivo alla stipula del contratto. Ne consegue che, i criteri di misurazione devono essere determinati con ragionevole anticipo rispetto all’eventuale produttività futura non ancora realizzata.

Di fatto, la norma ha voluto evitare di attribuire il riconoscimento dell’agevolazione a una precisa voce retributiva, ovvero il premio di risultato ampliandone così la portata.

Una volta stipulato un contratto che rispecchia tali condizioni, l’ammontare del premio di risultato agevolabile, fissato nell’accordo, non subisce alcuna rideterminazione in sede di erogazione, o meglio, la data di sottoscrizione del contratto non interferisce in alcun modo sull’importo agevolabile.

Nel caso in cui invece, il contratto non preveda il premio di risultato conformemente alla relativa disciplina e qualora intervenga un successivo contratto integrativo che lo renda conforme, il beneficio si applicherà soltanto sulla parte di premio riferibile al periodo successivo al contratto integrativo. In questa ipotesi dovrà essere riparametrato l’ammontare del premio agevolabile.

In particolare, la risoluzione ribadisce che il regime fiscale reintrodotto dalla legge di Stabilità 2016, non riservando il beneficio fiscale alla cosiddetta “retribuzione di produttività”, impone che il raggiungimento dell’obiettivo incrementale risulti incerto al momento della sottoscrizione del contratto aziendale/territoriale.

Questa circostanza è da intendersi in senso assoluto, non necessariamente ancorata ad uno specifico riferimento temporale, in ragione del quale si presumerebbero incerti gli obiettivi individuati nei contratti aziendali/territoriali sottoscritti entro una certa data del periodo congruo.

Per queste ragioni, l’Agenzia ha chiarito che qualora nel contratto venga attestato che il raggiungimento dell’obiettivo incrementale è (anche per circostanze eccezionali) effettivamente incerto al momento della sua sottoscrizione, essendo in tale sede suscettibile di variabilità, l’azienda, sotto la propria responsabilità, possa applicare l’imposta sostitutiva del 10% se al termine del periodo congruo sia stato raggiunto il risultato incrementale.

Lipe primo trimestre 2020 in scadenza il 30 giugno: ecco le istruzioni per la compilazione del quadro VP.

Lipe 2020: come compilare il rigo VP9 del modello per la comunicazione delle liquidazioni IVA? Facciamo il punto su regole e istruzioni.

Il rigo VP9 è quella parte delle comunicazioni trimestrali IVA in cui occorre riportare l’eventuale credito IVA relativo alla dichiarazione dell’anno precedente.

A questo proposito, infatti, il contribuente può optare per due diverse modalità di utilizzo del credito IVA:

  • la compensazione “esterna” all’interno del modello F24;
  • la detrazione interna alle liquidazioni IVA periodiche dei periodi successivi.

Riportiamo di seguito le istruzioni ministeriali per la compilazione del rigo VP9, proponendo poi qualche ragionamento in merito.

Rigo VP9 – Credito anno precedente: istruzioni compilazione delle Lipe 2020

Ecco cosa prevedono le istruzioni ministeriali alla compilazione del rigo VP9 delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA (Lipe):

 Rigo VP9 – Credito anno precedente

Indicare l’ammontare del credito IVA compensabile, ai sensi del D.Lgs. n. 241/1997, che viene portato in detrazione nella liquidazione del periodo, risultante dalla dichiarazione annuale dell’anno precedente, al netto della quota già portata in detrazione nelle liquidazioni dei periodi precedenti dello stesso anno solare.

Nella particolare ipotesi in cui il contribuente intenda “estromettere” dalla contabilità IVA (per la compensazione tramite modello F24) una parte o l’intero ammontare del credito IVA compensabile risultante dalla dichiarazione dell’anno precedente, già precedentemente indicato nel rigo VP9 e non ancora utilizzato, deve compilare il rigo VP9 della presente Comunicazione riportando l’importo del credito da estromettere preceduto dal segno meno.

Nel presente rigo va indicato anche il credito chiesto a rimborso in anni precedenti per il quale l’Ufficio competente abbia formalmente negato il diritto al rimborso per la quota dello stesso utilizzata (a seguito di autorizzazione dell’Ufficio) in sede di liquidazione periodica (vedasi il d.P.R. 10 novembre 1997, n. 443 e la circolare n. 134/E del 28 maggio 1998).

Si evidenzia che il rigo non può essere compilato dai soggetti che hanno partecipato alla liquidazione dell’IVA di gruppo di cui all’articolo 73 per il periodo di riferimento (VP1)”.

Rigo VP9: esiste un “obbligo di riporto” del credito IVA dell’anno precedente nel rigo VP delle Lipe?

Uno dei dubbi più ricorrenti che i lettori hanno segnalato alla redazione di Informazione Fiscale riguarda un eventuale obbligo di riportare nel rigo VP9 del modulo relativo al periodo considerato l’intero ammontare del credito IVA dell’anno precedente destinato all’utilizzo in compensazione/detrazione.

Ebbene occorre evidenziare che tale obbligo non sussiste.

Il contribuente, infatti, non è tenuto ad indicare nel rigo VP9 del mese o trimestre considerato l’intero ammontare del credito IVA dell’anno precedente se non intende utilizzarlo nella relativa liquidazione periodica.

Tale credito potrà, eventualmente, essere indicato, in tutto o in parte, nel rigo VP9 dei mesi successivi, nel momento in cui il contribuente intenderà utilizzarlo nelle liquidazioni periodiche.

Resta inteso che il credito dell’anno precedente utilizzato in compensazione mediante modello F24 non dovrà mai essere esposto nel rigo VP9.

Le Lipe possono essere inviate anche con zero operazioni nel trimestre?

Le cd Li.pe. – Comunicazioni IVA delle liquidazioni periodiche – devono essere inviate anche a zero ovvero senza operazioni rilevanti nel trimestre?

Si tratta di un dubbio che spesso si pongono professionisti e imprese alle prese con questo problematico invio telematico.

Problematico per quale motivo? Per esempio a causa delle modalità di visualizzazione e stampa delle ricevute di invio telematico con esito positivo (ES01) ovvero proprio del caso della comunicazione trimestrale delle liquidazioni periodiche IVA senza operazioni e quindi con liquidazione a zero.

Con particolare riferimento a quest’ultima fattispecie, come comportarsi?

Occorre inviare le comunicazioni delle liquidazioni IVA quando il trimestre di riferimento non presenta operazioni attive e quindi la liquidazione (risultato) del trimestre è a zero?

Analizziamo insieme questa particolare situazione ed il da farsi.

Comunicazioni trimestrali IVA delle liquidazioni periodiche (Lipe) quando il trimestre di riferimento è senza operazioni ed il saldo è pari a zero

Una delle domande più ricorrenti in questi pochi giorni che ci separano dalle comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA è la seguente:

Occorre inviare le comunicazioni trimestrali delle liquidazioni periodiche dell’IVA quanto il trimestre di riferimento non presenta operazioni ai fini IVA e quindi il risultato è pari a zero?

La risposta è negativa: non occorre inviare le comunicazioni trimestrali IVA anche quando la liquidazione chiude con risultato pari a zero e non ci sono operazioni ai fini IVA nel trimestre.

Per quale motivo?

Lo spiega l’Agenzia delle Entrate nelle faq pubblicate in materia di comunicazioni IVA:

L’obbligo di invio della Comunicazione non ricorre in assenza di dati da indicare, per il trimestre, nel quadro VP (ad esempio, contribuenti che nel periodo di riferimento non hanno effettuato alcuna operazione, né attiva né passiva).

L’obbligo, invece, sussiste nell’ipotesi in cui occorra dare evidenza del riporto di un credito proveniente dal trimestre precedente.

Pertanto, se dal trimestre precedente non emergono crediti da riportare, in assenza di altri dati da indicare nel quadro VP, il contribuente è esonerato dalla presentazione della Comunicazione.

Si tratta, ad esempio, di un contribuente che effettua liquidazioni mensili e non possiede dati da indicare nel quadro VP per i mesi di aprile, maggio e giugno; in tal caso, in assenza di un credito da riportare dal mese di marzo, non è tenuto a presentare la Comunicazione con riferimento al secondo trimestre.

Analogamente, per un contribuente con liquidazioni mensili è possibile non includere nella Comunicazione da inviare i moduli relativi ai mesi in cui si versa nella situazione sopra descritta, salvo il caso in cui sia necessario dare evidenza del riporto del credito proveniente dal mese precedente.”

Attenzione: ovviamente le comunicazioni delle liquidazioni IVA devono essere inviate nel caso in cui:

  • il risultato sia a credito (vedi comma 3 articolo 4 D.L. 193/2016);
  • si debba riportare in liquidazione un credito da periodo precedente.

Comunicazioni liquidazioni IVA 2020 a periodicità trimestrale: i casi di esonero

Proprio a questo proposito ricordiamo che il comma 3 dell’articolo 4 del DL 193/2016 prevede esplicitamente la causa di esonero dall’obbligo di invio telematico delle comunicazioni trimestrali delle liquidazioni IVA ovvero:

Sono esonerati dalla presentazione della comunicazione i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale I.V.A. o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, sempre che, nel corso dell’anno, non vengano meno le predette condizioni di esonero

La cancellazione dal registro delle imprese e l’estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado compromette la sua capacità processuale. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 12307 del 23 giugno 2020.

Nel processo tributario, l’estinzione della società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese prima della notifica dell’avviso di accertamento, e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della capacità processuale della stessa.

Il principio è stato enunciato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza numero 12307/2020.Corte di Cassazione – Ordinanza numero 12307 del 23 giugno 2020Nullo l’avviso di accertamento notificato alla società estinta. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 12307 del 23 giugno 2020.

La sentenza – Il caso attiene ad un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate ad una società, quando la contribuente era già stata cancellata dal registro delle imprese.

La CTR, dopo aver respinto l’appello dell’ufficio, annullava in toto l’atto impositivo perché lo stesso era stato notificato a un soggetto inesistente e, per l’effetto, condannava l’amministrazione finanziaria al rimborso delle spese a favore della cancellata Società contribuente.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, peraltro, nei confronti del solo ex socio e ultimo legale rappresentante della cancellata Società.

L’Ufficio rimproverava alla CTR di aver erroneamente annullato in toto l’avviso, senza tenere in considerazione il giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione della sentenza di primo grado.

La Corte di cassazione ha rigettato in via definitiva il ricorso e annullato l’atto impositivo.

In merito agli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese la Corte di Cassazione ha richiamato il consolidato principio per cui “nel processo tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto sia della capacità processuale della stessa sia della legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore”.

Da qui, non sussistendo alcuna possibilità di prosecuzione dell’azione, il collegio di legittimità ha sancito che la decisione impugnata mediante ricorso per cassazione dovesse essere annullata senza rinvio.

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