Carte di credito «Usatele di più». Ma salgono i costi

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CartaSi fa sapere che non farà pagare la commissione sulla benzina ai consumatori (ai benzinai sì, circa lo 0,5% — sperando che questi non la ribaltino sui clienti): è quella cancellata due anni fa, che per legge potrà essere reintrodotta a fine mese (77 centesimi su ogni rifornimento). «Vorremmo dare un segnale, l’Italia è in una situazione drammatica per i pagamenti con le carte — dice l’amministratore delegato, Laura Cioli —. Vorremmo che per i consumatori la carta di credito diventasse normale, non una cosa che evoca le palme o le borse di Louis Vuitton».
La cattiva notizia è che i costi delle carte di credito, in generale, restano alti e a volte poco trasparenti.
Prelevare contante con la carta di credito costa oggi il 3,5% (con minimo di 2,5 euro, media di 18 emittenti, vedi tabella), come dire 10,5 euro ogni 300 ritirati allo sportello automatico (l’operazione è sempre sconsigliata, quindi: la carta di credito va usata per pagare, punto); il canone medio annuo è salito a 33 euro dai 31,8 dell’anno scorso; e la commissione per le operazioni in valuta è stimabile in media intorno all’1,5% (ma qui il calcolo è complicato perché ai costi della banca si sommano spesso quelli dell’emittente della carta: trasparenza zero o quasi).
Calcoli e leggi
I calcoli sono dell’Università Bocconi per CorrierEconomia (équipe del prorettore Stefano Caselli) e, uniti alla commissione sulla benzina che pende come una spada di Damocle sugli automobilisti (non è tutte le emittenti seguiranno l’esempio di CartaSi), rivelano la contraddizione: da un lato si predica la riduzione del contante, dall’altro salgono i costi per la moneta elettronica.
Per le carte di credito sono giorni caldi. Il 29 luglio entrerà in vigore il «decreto Mef», quello ministeriale del 14 febbraio, numero 51. Prevede due cose. In antitesi. Primo: viene reintrodotta, appunto, su base volontaria, la commissione sulla benzina sui rifornimenti sotto i 100 euro. Norma che scoraggia l’uso delle carte. Secondo: le commissioni che i commercianti pagano all’emittente della carta saranno trasparenti (cioè affisse ai muri) e variabili (più basse, per esempio, per importi sotto i 30 euro). Questa norma dovrebbe invece incoraggiare l’uso delle carte.
Si somma al fatto che già dal 30 giugno negozianti, artigiani e professionisti devono accettare i pagamenti elettronici e dotarsi di Pos, il lettore di carte (proteste degli interessati). E a un’altra legge, europea, in arrivo (ma deve ancora essere approvata dal Parlamento Ue e non è scontato). È il regolamento della Commissione Ue che limita le commissioni interbancarie, cioè quelle che le banche (i gestori dei Pos) versano alle società che emettono le carte (a volte i due soggetti coincidono): massimo lo 0,3% di ogni transazione per le carte di credito e lo 0,2% per i Pagobancomat (oggi queste commissioni sono più alte e incidono parecchio sul costo finale che i negozianti sostengono: l’1,2%-4% per le carte di credito, lo 0,7% per il Bancomat). Una mano insomma pone ostacoli alla diffusione delle carte, un’altra li leva. Schizofrenia.
Oggi l’Italia è ancora il fanalino di coda nella diffusione delle carte di pagamento: 31 operazioni all’anno per abitante (dati Bce 2013). È meno della metà della media europea (72), quasi la metà della Spagna (52), un quarto della Francia (130). Siamo al 22mo posto su 26, dopo di noi solo Ungheria (27), Romania e Grecia (7), Bulgaria (4).
«In Italia il 90% delle transazioni è eseguito con denaro contante, la media europea è dell’80% — lamentava un anno fa Angelo Barbagallo, direttore centrale per la vigilanza bancaria della Banca d’Italia, in audizione al Consiglio nazionale consumatori e utenti —. Tutto ciò ha costi notevoli per l’economia». E calcolava: «I costi di distribuzione e accettazione del contante presso i punti vendita incidono per lo 0,5% del Pil» (come dire sette miliardi nel 2013). Inoltre «l’uso del contante favorisce fenomeni che hanno un costo per la collettività come l’evasione fiscale e il riciclaggio», proseguiva.
Eppure l’infrastruttura c’è. Siamo fra i Paesi che hanno più sportelli automatici e terminali Pos, dice l’ultima Relazione annuale Banca d’Italia: 50,7 milioni nel 2012 (scesi a 50 l’anno scorso, ma poco cambia), in linea con Francia (58,5) e Spagna (56,3) — la Grecia, per dire, ne ha un sesto, 8,3 milioni. Malgrado ciò, le operazioni sono al lumicino: 990 per ogni terminale all’anno, contro le 4.663 della Francia. I costi delle carte, congelati all’insù, non aiutano.
Chi chiede di più
Dall’indagine Bocconi emerge che il canone annuo — azzerato nelle banche online Ing Direct e Iw Bank, di soli 23 euro alle Poste — tocca gli 80 euro con American Express, i 50 con il Santander. Le carte della grande distribuzione — Carrefour, Auchan — restano alte, sfiorando i 40 euro. Unicredit e Credem hanno anche un costo ulteriore, «d’emissione», rispettivamente 10 euro e 5 euro (qui «per alcune versioni con particolari vesti grafiche»). La commissione per anticipo contante — costosa perché ritenuta un’operazione di finanziamento— arriva al 4% quasi ovunque (l’ha abbassata al 3% solo Bpm): si salvano Findomestic, che non fa pagare nulla, e le due online, che applicano un prezzo fisso (2 euro Ing Direct e 2,75 Iw Bank). La commissione carburante, in compenso (quella consentita fino adesso, sopra i 100 euro di rifornimento), la fanno pagare soltanto quattro emittenti su 18. Ma ora tutto può cambiare. «Reintrodurre le commissioni sulla benzina sarebbe un passo indietro nella lotta al contante», avverte Antonio Longo, presidente del neonato Iepc (Italian epayment coalition), consorzio fra quattro associazioni di consumatori.
Idee per uscirne? «Le banche diano i Pos ai commercianti in comodato d’uso», dice Longo, che valuta il costo per i terminali in 40-50 euro al mese (ma secondo CartaSi, che gestisce due miliardi di transazioni all’anno, è molto meno, 14 euro fra canone e costo di attivazione). Già. Ma se poi nessuno li usa, i Pos? «Serve un incentivo pubblico al consumatore perché paghi con la carta», propone Cioli, per esempio un’Iva ridotta sui prodotti così acquistati. Ma così, addio piani di riduzione del debito pubblico. Non resta che confidare nel botto dell’ecommerce: su Internet i contanti non si possono usare.

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