C’è un pezzo di Silicon Valley a Torino in queste settimane
Chi sono le pmi innovative?

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Un vero plotone di investitori imprenditori e docenti di Standford e Berkeley che stanno formando alcuni dei più promettenti innovatori italiani nell’ambito della European Innovation Academy. Si tratta di una accademia informale a pagamento organizzata dall’omonima organizzazione europea in collaborazione con università, istituzioni e aziende di tutta Europa.

E’ la prima volta che l’iniziativa – avviata lo scorso 11 luglio e che terminerà a fine mese –  fa tappa in Italia in collaborazione con il Politecnico di Torino e imprese come Ferrero e FCA. Sono state messe a disposizione tramite la Camera di Commercio anche dieci borse di studio per consentire agli studenti dei licei torinesi di partecipare e acquisire i metodi di rilevazione, analisi dei dati e tutoraggio imprenditoriale nate in quell’area degli States.  Ma a che serve studiare innovazione? Per gli organizzatori, il training – che ha lo scopo di selezionare le migliori idee pronte a diventare startup e a portarle all’attenzione di investitori e venture capital – serve soprattutto a fare scouting di ecosistemi capaci di aiutare le medie e grandi imprese a innovare grazie a nuove idee e nuove risorse.

E così il presidente dell’EIA, Alar Kolk, durante la conferenza di presentazione spiega che nonostante abbia solo qualche lezione da svolgere resterà a Torino per tutte le tre settimane di percorso «perché voglio capire e vedere come innovate e come si svilupperanno le idee ammesse al percorso». Un’osservazione che deve far riflettere.

Tra gli esperti che in tre settimane devono far sbocciare la capacità innovativa di ciascuno dei neo-imprenditori c’è anche Ken Singer, amministratore delegato del Centro per l’Imprenditoria e la Tecnologia all’Università di Berkeley e membro del consiglio dell’EIA. Singer è un consulente di fama mondiale ed è già in Europa da diverso tempo. Ha come compito quello di studiare i luoghi in cui, anche senza soldi e con molti lacci burocratici, sorgono startup e i giovani danno vita a sistemi dirompenti per il mercato. Nonostante tutto. Ecco allora la domanda: è certo che i giovani trarranno beneficio dall’incontro con docenti e imprenditori che hanno una visione internazionale del lavoro e del business, ma cosa pensano di portare a casa invece professori e consulenti come Singer?

«E’ una gran bella domanda e sono felice di risponderle che il motivo per cui sono qui, a Torino in particolare, è che sono estremamente curioso di capire come voi italiani concepite e sviluppate l’innovazione», spiega a margine della conferenza stampa. Cos’è che attira così tanto l’attenzione, Singer ce lo racconta in questo modo: «non esiste più certezza del lavoro, nemmeno negli Stati Uniti. perché lavorare oggi significa adattarsi continuamente al cambiamento e al progresso e l’approccio accademico standard non è più sufficiente. Noi possiamo portare la nostra esperienza e le nostre competenze qui da voi e possiamo, e dobbiamo, formare le nuove generazioni insegnando loro a essere creativi e a sviluppare una mentalità che consenta di risolvere problemi per cui oggi non esistono in realtà soluzioni pronte. Ecco cosa vuole dire essere innovativi.  Ma l’innovazione è qualcosa che ha molto a che fare con i modelli culturali, più di quanto possiamo pensare. E anche se negli Stati Uniti abbiamo sviluppato un modello come quello della Silicon Valley, che sembra essere la giusta ricetta per noi, non è possibile esportarlo in modo diretto in Europa e certamente in Italia che invece ha un suo modo di sviluppare idee innovative».

C’è una sorta di curiosità e quasi incredulità, almeno questa è la sensazione, nel modo in cui la Silicon Valley studia i nostri ecosistemi. Secondo i dati del Registro delle Imprese abbiamo quasi 6 mila  startup innovative sul territorio e in generale il mondo startup da lavoro a qualcosa come 35 mila persone. Secondo i dati della Dealroom, società di analisi finanziaria, in Italia negli ultimi 6 mesi sono stati investiti circa 75 milioni e mezzo di euro da parte di VC e angels – molto poco rispetto ad altri contesti. Mancano i soldi, non le idee ma la visita dei cugini di San Francisco ci ricorda quanto non siamo in grado di apprezzare le capacità di sviluppo che abbiano in un Continente popolato da oltre 500 milioni di persone e con possibilità infinite di sperimentazione. Vista con gli occhi dei professori americani, insomma, l’Europa e l’Italia in particolare hanno elementi culturali così unici da consentire anche alle rose di sbocciare nel deserto e che per questo meritano di essere studiati. Insomma, la Silicon Valley vuole capire come diavolo facciamo a creare imprese di altissimo livello nonostante le mille difficoltà e il tappo alla creatività che spesso il sistema educativo,, politico e sociale  impongono.

Per il Rettore del Politecnico di Torino, Marco Gilli, la European Innovation Accademy è quindi una ricetta ideale per svegliare il territorio e «potenziare le soft skills e le competenze trasversali degli innovatori perché sono gli elementi che, accanto alla preparazione allo studio e all’esperienza, permettono oggi a un giovane di trovare lavoro».

Mettere insieme partner e istituzioni e creare il programma di tre settimane ha richiesto però ben 3 anni di lavoro come spiega l’organizzatore Emilio Paolucci. «In realtà le confesso che la difficoltà è stata solo mettere insieme tutti i pezzi dell’ecosistema innovativo, ma una volta spiegato ai partner lo scopo del progetto tutti hanno aderito con grande entusiasmo. Era il momento giusto». Sarà solo la prima di altre edizioni italiane e nel frattempo investitori e docenti ci osserveranno da vicino. «Ad esempio – continua Singer – Io sono molto colpito da come Torino faccia così tante cose, abbia così tanta innovazione eppure quasi non se ne vanti. Noi conosciamo per fama Roma e Milano ma questa città e questa regione in particolare sono state sempre fuori dai riflettori e invece ora che li abbiamo accesi vogliamo vedere e scoprire quanto più possibile. Se qui si riesce a innovare chissà quante altre realtà esistono in Italia che stanno facendo e che noi ancora non conosciamo». Già, chissà.

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