Con una circolare l’Inps conferma l’esiguo adeguamento per il 2014 delle pensioni al costo della vita. Tutti gli importi dell’assegno mensile diviso per fasce e calcolato secondo le ultime novità sulla perequazione automatica contenute nella Legge di Stabilità

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Per  il 2014 i pensionati debbono accontentarsi di un aumento di appena l’1,2%. L’ha reso noto l’Inps recentemente con la circolare n. 7. Da tempo l’adeguamento delle pensioni al costo della vita (la cosiddetta perequazione automatica) è sotto accusa.

Ma la proposta  di individuare un nuovo paniere (elenco delle voci più ricorrenti di spesa)  per l’effettivo potere di acquisto dei pensionati e dei cittadini con redditi per ora non ha ancora trovato accoglimento.

La situazione resta aperta assieme alla speranza di tanti pensionati che si confrontano con un sistema pensionistico iniquo per tanti privilegi e deroghe che coesistono e resistono. Ma vediamo cosa succede quest’anno.

La percentuale è dell’1,2% ed è calcolata  in via provvisoria tenendo conto dell’andamento del costo della vita nel periodo 1° gennaio – 30 settembre 2013. Quella definitiva si conoscerà nel corso del 2014.

Se  risulterà più elevata, con la rata di gennaio 2015 i pensionati recupereranno la differenza.
Ogni anno sia l’Inps che gli altri enti previdenziali lavorano su un valore provvisorio di inflazione. Se aspettassero il dato definitivo di dicembre non sarebbero in grado di mettere in pagamento gli aumenti con l’inizio dell’anno.

Minimo e trattamenti sociali
Con l’incremento dell’1,2% il trattamento minimo sale da 495,43 a 501,38 Euro al mese, seguendo un progressivo mensile di 5,94 Euro.
Allo stesso modo si procede ad adeguare anche le prestazioni assistenziali a favore dei cittadini in stato di bisogno.
L’assegno sociale, cioè la prestazione introdotta dalla Riforma “Dini” per tutti coloro che hanno compiuto 65 anni (dal 2013 65 e 3 mesi) dopo il 31 dicembre 1995, passa da 442,30 Euro a 447,61 Euro al mese. Mentre la pensione sociale, prevista per gli ultrasessantacinquenni che hanno raggiunto l’età prima del dicembre ’95, sale da 364,51 a 368,89  Euro al mese (vedi Tab. A).

Pensione al milione
Chi ha ottenuto la maggiorazione fino ad un milione di lire al mese può contare dal 2014 su un assegno di  637,82 Euro. La cifra si ricava sommando all’importo del trattamento minimo di 501,38 Euro la maggiorazione di 136,44 Euro prevista dalla legge n. 127/2007 che ha aumentato le pensioni basse.

La maggiorazione spetta ai pensionati meno abbienti dai 70 anni in su (60 anni se invalidi totali). Nel 2014 ne possono beneficiare coloro che hanno un reddito personale annuo non superiore a 8.291,66 Euro o cumulato con quello del coniuge, se sposati, che non vada oltre 14.110,59 Euro (vedi Tab. B). Si considerano tutti i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli esenti o tassati alla fonte come gli interessi bancari e postali, i rendimenti di Bot  e altri titoli.

Nel computo rientrano le rendite Inail e gli assegni assistenziali.
Bisogna denunciare tutto tranne i redditi provenienti da:
✓    la casa di abitazione;
✓    le pensioni di guerra;
✓    l’assegno di accompagnamento;
✓    i trattamenti di famiglia;
✓    l’importo aggiuntivo di 154,94 Euro previsto dalla legge 388/2001;
✓    i sussidi erogati da Enti pubblici senza carattere di continuità;
✓    l’indennizzo a favore di danneggiati da vaccinazioni, trasfusioni e emoderivati.

Pensioni superiori al minimo

In questi ultimi 15 anni di vita la perequazione, per i pensionati con importi superiori al “minimo”, è stato oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore che ha rivisto le regole allo scopo di aggiustare i conti pubblici (v. riquadro con provvedimenti di legge).

Per il biennio 2012/2013, già chiuso, la Manovra “Monti/Fornero” del 2011 aveva stabilito che la rivalutazione andasse riconosciuta esclusivamente alle pensioni d’importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, cioè nella misura del 100 per cento sulla quota di pensione non superiore a 1.443 Euro mensili lordi.
Per  il 2013, in particolare, poiché il trattamento minimo Inps del 2012 è stato pari a 481,00 Euro mensili, la perequazione provvisoria al tasso del 3 per cento:
•    È stata applicata per intero (100%) sulla quota di pensione non superiore a 1.443,00 euro mensili;
•    Non è stata applicata sulla  quota superiore a 1.443,00 euro (salvo il correttivo previsto dalla “clausola di salvaguardia”).
In altre parole, il correttivo ha funzionato così: le pensioni d’importo compreso tra 1.443,00 euro (tre volte il trattamento minimo Inps) e 1.486,29 euro (tre volte il trattamento minimo Inps più la rivalutazione del 3 per cento) hanno ottenuto una rivalutazione d’importo tale  che ha garantito una pensione di 1.486,29 euro.

Dal 1°gennaio 2014 la situazione dei pensionati riguardo la perequazione sarebbe dovuta ritornare alle regole ordinarie, stabilite con la legge finanziaria del 1999, cioè in base ai seguenti scaglioni:
•    sulla quota di pensione fino a tre volte il trattamento minimo Inps con il tasso di aumento pieno, cioè il 100% (per il 2014 – 1,2%);
•    sulla quota di pensione superiore a tre volte e fino a cinque volte il minimo Inps con il tasso al 90% (per il 2014 – 1,08%);
•    sulla quota di pensione superiore a cinque volte con il tasso del 75% (per il 2014 – 0,90%).

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, comma 483) ha sostituito, invece, questo criterio con un altro a cui ha dato validità di un triennio, cioè per gli anni dal 2014 al 2016.

A partire da quest’anno, dunque, la rivalutazione si applica per ogni singolo beneficiario in funzione dell’importo complessivo ad un tasso unico individuato dalla classe (o fascia) a  cui appartiene la pensione (o la somma di più trattamenti).

In altre parole, una volta individuato in quale classe ricade il beneficiario (considerando tutte le pensioni di cui sia titolare), è al relativo tasso che viene applicata la rivalutazione.

Il prospetto (vedi Tab. C) che si riporta indica le cinque fasce di importo mensile e la relativa rivalutazione spettante per il 2014.

Il blocco delle pensioni  e la riduzione all’adeguamento del costo della vita sono  la parte più grave, iniqua e dolorosa introdotta dal legislatore.
Sono misure decisamente impopolari. La semplice fissazione di una soglia legata al minimo Inps determina uno “scalone” tra chi riesce comunque ad ottenere una rivalutazione “piena” e chi, ricevendo qualche euro in più, si vede ridotti o azzerati gli incrementi.
Non si tratta di un prelievo una tantum ma di un taglio che sta producendo effetti permanenti e crescerà nel tempo.
Tale sistema di adeguamento delle pensioni non ha mai tutelato concretamente il reale potere di acquisto dei pensionati, che, negli ultimi 15 anni ha subìto oltre il 30% di perdita.
Questi provvedimenti stanno comportando un duro sacrificio, per i pensionati.
Sono in molti a pensare che le esigenze di contenimento della spesa pubblica, della salvaguardia del bilancio dello Stato, di tenuta finanziaria del sistema previdenziale, possono essere salvaguardati con una seria lotta all’evasione, agli sprechi di spesa, alla corruzione e alle tante ruberie. Il blocco e/o la riduzione del costo della vita sulle pensioni sono soluzioni (6 volte in 15 anni) non assolutamente ispirate a criteri di ragionevolezza.
E’ evidente  che a tali inique misure, di dubbia legittimità costituzionale, nei confronti dei pensionati, va data una risposta. E’ per questo motivo che la nostra Associazione 50&Più sta intraprendendo tutte le possibili azioni in sede legislativa e giudiziaria, senza escludere alla fine di adire anche la Corte di Giustizia Europea.

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