Dal primo luglio è attivo in Italia un nuovo fondo di venture capital
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L’undicesimo. E’ il secondo veicolo di Oltre Venture (Oltre 2), e ha raccolto finora 25 milioni di euro (obiettivo 30). Lo hanno lanciato Luciano Balbo e Lorenzo Allevi. Il primo è uno dei padri del private venture in Italia. Il secondo è tra i primi in Italia e in Europa ad occuparsi di venture capital sociale. Ed è quello di cui si occupa Oltre Venture. Investimenti in progetti di innovazione sociale. Che abbiano un impatto positivo sulla vita delle persone. Che le aiuti a vivere meglio. Non con la distribuzione di grant, ma con investimenti in aziende, che producano utili, ritorni agli investitori. Uno strumento finanziario, finalizzato al profitto, ma che abbia uno scopo sociale. Se pensate che le due cose siano in contraddizione, beh dovreste ricredervi.

I 25 milioni del fondo vengono in parte dal Fondo europeo di investimento (10 milioni) e in parte dal Fondo italiano di investimento. Il resto da investitori privati (circa la metà). «Il nostro primo fondo l’abbiamo lanciato nel 2006. L’abbiamo chiamato fondo ma in realtà ha più le caratteristiche di un club deal» spiega Allevi. «Siamo tra i precursori di questo genere di investimenti in Italia, ma anche in Europa. Noi investiamo in progetti di innovazione sociale. Idee che possano avere un impatto positivo sulla maggior parte delle persone». Nato a Caravaggio, ma milanese, Allevi ha 54 anni e una lunga carriera che da JPMorgan lo ha portato al venture filantropico. Nel 2002 lancia con Balbo la Fondazione Oltre.Con l’obiettivo di investire in un mercato che forse al venture classico interessa poco, finora. «E’ il settore dove storicamente investe lo Stato. Il Welfare».

Ma questo genere di investimenti sta cominciando ad allettare l’investitore privato. Solo per citare gli ultimi, JP Morgan e Rockfeller Foundation che in diversi studi hanno raccontato del perché si tratta di un business miliardario. Dove lo Stato, il pubblico, non può arrivare, ci pensano i privati. Filantropia, certo, perché è un business finalizzato a colmare un gap creato dalla mancanza del pubblico. Ma pur sempre business, anzi venture business. Quello che conta sono i ritorni per gli investitori.

In Italia si spendono circa 792 miliardi di euro l’anno di spesa pubblica. Quarto paese in Europa (dopo Francia, Germania e Regno Unito, che spendono circa mille miliardi) distaccando di 300 miliardi circa il quinto che è la Spagna. Il 27% di questa spesa se la mangiano le pensioni (221 miliardi di euro). Il 14,4% è destinato alla salute. L’8% circa all’istruzione. Ecco, in questo quadro fornito dai dati Eurostat 2015 si inseriscono gli investimenti del venture filantropico. Se questa spesa, raccontano i trend, è destinata a diminuire, gli investimenti privati cominciano a diventare un sostituto funzionale alla minor presenza del pubblico.

«Noi investiamo in un’area che sta a metà tra il mercato e il welfare. Ma per colmare questo gap, non ci vogliono solo i soldi di investitori privati. Investimenti mirati in innovazione. E l’innovazione la fanno gli imprenditori. Nel 2002, quando abbiamo iniziato, c’era pochissimo in questo settore.

Adesso ci sono gli imprenditori e l’interesse delle istituzioni, specie europee che ci hanno aiutato coprendo il fondo con 10 milioni» spiega Allevi. Ma cosa finanzia, per l’esattezza, un fondo di venture sociale? «Oltre 1, il nostro primo fondo, ha permesso la creazione nel 2009 di Società e Salute che ha sviluppato una rete di poli-ambulatori denominata Centro Medico Santagostino.

Questi ambulatori rispondono al bisogno sempre più diffuso di prestazioni ambulatoriali e diagnostiche di alta qualità a tariffe accessibili. L’investimento del fondo è stato di 2,5 milioni di euro e oggi in questa rete si possono avere visite specialistiche private di primo livello con tariffe di 50, 60 euro». Più del ticket, meno di una visita privata.

O ancora un altro investimento è stato quello da 875 mila euro Permicro. fondata nel dicembre 2007 «è oggi la prima società italiana di microcredito per dimensioni e per distribuzione geografica». PerMicro, spiega Allevi, vuole «aiutare l’inclusione finanziaria e l’auto-imprenditorialità». Ha distribuito finora 85 milioni di microcredito in Italia. Quest’anno andranno in pareggio per la prima volta.

Se finora il venture philanthropy in Europa si era caratterizzato soprattutto per la distribuzione di grant, il passo in aventi di Oltre Venture è investire milioni e puntare a ritorni. Raggiungiamo Allevi mentre è di ritorno da Orvieto. Dove ha portato a termine il suo primo investimento con Oltre 2. 150 mila euro (altri due milioni sono previsti nei prossimi mesi, se il piano sarà convincente) in Sfera Waterfood. Una serra idroponica. Uno speciale tipo di serra dentro la quale si produrranno ortaggi utilizzando il 10% dell’acqua e il 10% del suolo, ma con una resa 15 volte superiore rispetto al campo aperto, nella totale assenza di pesticidi.

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«Racconta un po’ qual è la nostra strategia di investimento. Il tema dell’acqua e del suo consumo sarà centrale nei prossimi anni. Forse non lo sai ma l’Italia importa una quantità enorme di pomodori dall’Olanda, dove questa tecnica di coltivazione è avanzatissima. Questa tecnologia sviluppata da Sfera, che in paesi come l’Olanda è una realtà da anni, è una possibile soluzione e per noi anche una possibilità di business» spiega Allevi.

Che difficilmente avrebbe pensato a questo genere di carriera. Nel 1987. Quando appena laureato alla Cattolica di Milano ha cominciato a lavorare come analista finanziario per JP Morgan. «Ho lasciato quel genere di lavoro perché volevo fare qualcosa di innovativo. A un certo punto, nella finanza, ti accorgi che ci sono mondi da esplorare. E’ una sfida, anche professionale». Il mondo nuovo Allevi lo ha trovato nel venture. «E’ nuovo nel senso che non si sa ancora bene dove potrà portare. Ma perché non provare? Quello che mi piace nel mondo del business è creare nuovi modelli e nuovi processi. In questo settore c’è un’opportunità pazzesca di farlo, perché nascono realtà con un fortissimo radicamento nella comunità che però permettono dei business scalabili»·

La filosofia di Oltre Venture è un po’ tutta in questa frizione tra bene della comunità e scalabilità di mercato. Se un prodotto, un’azienda, un processo nasce da una comunità e nella comunità si radica (pensate alla rete degli ospedali privati ma con prezzi accessibili, al social housing, alla stessa serra idroponica) la forza e la credibilità nate nella comunità diventano un biglietto da visita perfetto per le altre comunità. Perché la comunità ne ha trovato giovamento. E’ questo che alla fine rende scalabile il business. Utilità e fiducia.

«Noi per ora usciamo dai nostri investimenti con piccoli ritorni, ma sappiamo di essere dei pionieri in questo settore» continua Allevi. Dalle piccole exit però ha cominciato a creare un buon giro di investimenti. E un fondo da 25 milioni in Italia è comunque qualcosa che al venture nostrano non può che fare bene. Come non può che non piacere l’idea che l’Italia in questo settore ha dei pionieri che in realtà hanno già una track record europea. «Oggi non mancano i soldi, né in Italia né in Europa. Se uno ha una buona idea i soldi li trova. Manca invece la voglia di sfidare, di fare progetti complessi, che hanno una scalabilità importante. E’ questa la grande sfida all’Italia oggi. Avere buone idee, sono convinto che chi ne ha i soldi riuscirà a trovarli».

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