Deutsche Bank non supera gli stress test della Federal reserve

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Deutsche Bank: Usa e Giappone insegnano, Bce fallirà miseramente La Banca centrale statunitense, la Federal reserve, ha verificato attraverso gli stress test lo stato di salute degli istituti di credito, compresi quelli stranieri operanti negli Stati Uniti: non sono andati male, visto che 34 su 35 li hanno superati.

Due rimandati e un bocciato

O meglio a due, Goldman Sachs e Morgan Stanley, sono stati congelati dividendi e buyback (con quest’ultimo termine si indica il riacquisto delle proprie azioni da parte di un’azienda allo scopo di scongiurare crolli) ai livelli del recente passato per evitare che cadano sotto i requisiti minimi di solidità richiesti, mentre una è stata bocciata per la terza volta in quattro anni (2015, 2016, 2018): è Deutsche Bank, il primo istituto di credito tedesco e il secondo in Europa che sta attraversando, non soltanto nella sua divisione americana, il periodo più difficile della sua storia recente.

A cosa servono i test?

Gli stress test annuali della Fed hanno lo scopo di determinare se le grandi banche sono abbastanza forti da sostenere un’eventuale recessione economica. Finiscono, così, sotto la lente capitale, azioni e dividendi. I test sono stati introdotti sulla scia della crisi finanziaria del 2008 e ogni anno la Fed mette alla prova le banche del paese, comprese le filiali estere che operano nel paese.

Il caso di Goldman Sachs e Morgan Stanley

Nel caso dei due istituti statunitensi, il problema rilevato dalla Fed potrebbe dimostrarsi occasionale: è dovuto soprattutto alla riforma fiscale, che ha generato nel breve periodo un onere straordinario in grado di indebolire i livelli di capitale di entrambi gli istituti. Ma le prospettive a medio termine sono più ottimistiche. È per questo che la Fed non ha bocciato ma soltanto rimandato le due banche.

Promosse le principali banche Usa

Complessivamente, le 32 banche su 35 che hanno ricevuto il via libera ai piani di capitale potranno versare il 95% dei loro utili previsti. Percentuali lontane da quel 60% fissato nel 2013 per consentire alle banche di risanare le loro finanze scosse dalla crisi. Promossi senza indugi i principali istituti Usa: JP Morgan Chase, Bank of America, Citigroup e Wells Fargo. Randal Quarles, il governatore della Fed nominato da Donald Trump quale vicepresidente responsabile della supervisione bancaria, ha affermato ieri sera che “le più grandi banche americane hanno robusti livelli di capitale e dopo aver effettuato le approvate distribuzioni di capitale manterrebbero la loro abilità di concedere prestiti anche durante una severa recessione”. Voleva rassicurare sulla solidità del sistema bancario domestico o il messaggio indiretto è che non si ripeterà un’altra crisi, come quella del 2008, perché la lezione è stata assimilata?

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