È iniziato con il vento in poppa il 2015 di Mediolanum

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Il gruppo del risparmio gestito ha infatti chiuso il primo trimestre dell’anno con un utile netto consolidato pari a 137,4 milioni, in rialzo del 70% rispetto allo stesso periodo del 2014, registrando al tempo stesso una raccolta netta positiva per 1,041 miliardi di euro (+21%) che ha permesso al totale delle masse gestite e amministrate di salire fino a 69,7 miliardi (+18% negli ultimi 12 mesi e +8% da inizio anno).
I risultati sono stati accolti con evidente soddisfazione dal management, tanto da provocare una revisione al rialzo degli obiettivi di crescita. «Il fatto di essere partiti ancora meglio rispetto a un 2014 già da record – ha sottolineato l’amministratore delegato, Massimo Doris – fa aumentare le nostre ambizioni: l’obiettivo ora è di chiudere sopra i livelli già straordinari dello scorso anno sia in termini di raccolta netta, sia per quanto riguarda i risultati economici nonostante le spese per investimenti in tecnologia pari a 60 milioni già programmate». Mediolanum ha chiuso il 2014 con un utile netto di 144 milioni e una raccolta complessiva di 4 miliardi (4,8 miliardi per i fondi).
Scendendo nel dettaglio della trimestrale, vale la pena di notare il balzo delle commissioni di performance, più che quadruplicate a 132,9 milioni di euro. «L’andamento del mercato ci ha aiutato, così come è stata importante la performance del dollaro visto che i nostri fondi hanno un’esposizione significativa al biglietto verde, ma questo significa che anche i nostri clienti hanno portato a casa ottimi guadagni», ha spiegato Doris a Il Sole 24 Ore.
Di contro, occorre rilevare un sensibile aumento sia delle rettifiche di valore sui crediti (più che raddoppiate a 5 milioni), sia degli accantonamenti rischi (24,9 milioni da poco più di 7 milioni). Sul primo elemento ha pesato, oltre al generale incremento degli impieghi (+18% rispetto al 31 marzo 2014 a 5,6 miliardi), anche un accantonamento su un singolo credito non andato a buon fine. «I dati sulla qualità del credito – ha rassicurato l’a.d. – restano però eccezionali: l’incidenza delle partite deteriorate lorde è all’1,4% contro il 17,1% medio delle banche italiane a fine 2014; al netto degli accantonamenti siamo allo 0,7% contro il 10,5%».
Il balzo degli accantonamenti è invece legato in gran parte agli ulteriori 11 milioni messi da parte per fronteggiare una causa relativa a un evento risalente al 1993 legato a Fibanc, la società spagnola acquisita in seguito dal gruppo (ora Banco Mediolanum). «Dopo anni siamo stati condannati a rimborsare cifre a clienti che non avevano neppure denunciato le irregolarità, ma faremo ricorso contro questa sentenza», ha aggiunto Doris.
Nessuna novità infine né sul versante del contenzioso con l’Agenzia delle Entrate per la vicenda della retrocessione delle commissioni dalla controllata irlandese, nè su un eventuale riassetto dei soci per la possibile cessione di parte della quota di azioni in mano a Silvio Berlusconi. «Difficilmente avremo risposte entro fine anno sul fronte del contenzioso», ha sottolineato Doris, che riguardo alla questione delle partecipazioni Fininvest si è limitato ad attendere il verdetto del Tar e ad auspicare che «non siano necessari cambiamenti nell’azionariato».

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