Esclusi dall’ imposta sul valore aggiunto le sostituzioni e i ricambi di prodotti difettosi
Esulano dal campo di applicazione dell’Iva, per carenza del presupposto oggettivo, le sostituzioni dei prodotti difettosi, e il richiamo degli stessi, in esecuzione di specifici obblighi contrattuali e senza la corresponsione di un corrispettivo, in quanto il prezzo è già stato assoggettato ad Iva all’atto della precedente vendita.
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Esulano dal campo di applicazione dell’Iva, per carenza del presupposto oggettivo, le sostituzioni dei prodotti difettosi, e il richiamo degli stessi, in esecuzione di specifici obblighi contrattuali e senza la corresponsione di un corrispettivo, in quanto il prezzo è già stato assoggettato ad Iva all’atto della precedente vendita.

È quanto affermato dall’Agenzia delle entrate nella risposta ad istanza di interpello n. 304 del 24 aprile scorso, in cui si conferma altresì che se i beni sostituti sono destinati in altro Paese Ue l’operazione non configura una cessione intracomunitaria e non sussiste nemmeno alcun obbligo ai fini Intrastat (circolare 13/E/1994).

Nell’istanza di interpello la società istante fa presente di aver proceduto alla vendita a clienti (privati e imprese, in quest’ultimo caso tramite dealers) di alcuni impianti incorporando nel prezzo di cessione eventuali prestazioni manutentive/sostitutive del prodotto rivelatosi difettoso/pericoloso.

Tra il 2011 ed il 2013 alcuni modelli di tali impianti hanno evidenziato l’esistenza di alcuni difetti strutturali da cui potevano derivare potenziali pericoli in capo all’utilizzatore-consumatore.

La società ha quindi promosso una campagna di richiamo dei prodotti con contestuale sostituzione degli impianti con nuovi beni dello stesso tipo e senza alcun esborso per il cliente.

L’Agenzia delle entrate, ha innanzitutto ricordato che, per configurarsi il requisito oggettivo ai fini Iva (di cui agli articoli 2 e 3 D.P.R. 633/1972, rispettivamente riferito alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi), è necessaria la presenza di un sinallagma contrattuale, che nel caso di specie non è ravvisabile.

Già con la risoluzione 11.11.1975, n. 503563, il Ministero aveva chiarito che «le sostituzioni dell’intero prodotto o di parti difettosi non costituiscono cessioni o prestazioni imponibili ai fini dell’Iva, nella considerazione che le stesse sono effettuate in esecuzione di un’obbligazione prevista contrattualmente e per la quale non sussiste un corrispettivo in quanto il prezzo di vendita del bene, già assoggettato al tributo è comprensivo anche di eventuali cessioni in sostituzione o prestazioni».

Inoltre, anche nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, il richiamo/sostituzione del bene siano avvenuti in un periodo successivo alla scadenza dell’obbligo di garanzia, la circolare 345753/1984 ha chiarito che non sono da assoggettarsi le prestazioni poste in essere in quanto dovute per precisi di obblighi normativi.

Pertanto, secondo l’Agenzia delle entrate, non rilevano ai fini Iva i richiami e le sostituzioni di beni, sia entro i termini di garanzia che oltre gli stessi, in presenza delle seguenti condizioni:

  • l’intervento deve avvenire in esecuzione di specifici obblighi normativi che impongono al produttore di sostituire il prodotto difettoso con uno idoneo e non pericoloso all’uso;
  • nel prezzo di vendita del prodotto originario devono essere ricompresi gli oneri e le spese inerenti le operazioni di sostituzione a seguito delle descritte circostanze.

Nel caso di specie sono ravvisate le condizioni descritte, ragion per cui le cessioni sostitutive dei beni sono da considerarsi fuori campo Iva, tenendo altresì conto che la campagna di richiamo dei prodotti difettosi è stata eseguita in ottemperanza agli obblighi gravanti sui produttori ai sensi degli articoli 104 e 107 del Codice del consumo di cui al D.Lgs. 204/2005.

L’Agenzia ha anche affrontato la questione della distruzione dei beni ritirati dal produttore allo scopo di vincere la presunzione di cessione di cui all’articolo 1 D.P.R. 441/1997, affermando che il valore di euro 10.000, quale limite fino al quale la distruzione dei beni può avvenire con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, deve essere calcolato sulla base del prezzo di acquisto riferito al costo dei beni distrutti in ogni singola operazione di smaltimento, non trattandosi di un limite annuale.

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