Giudicare l’amministrazione è come amministrare
riconoscimento

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L’art. 23 del Codice delle comunicazione elettroniche è fedele a questo principio nel momento in cui istituisce una giurisdizione non obbligatoria grazie alla quale l’AGCOM può essere investita di contenziosi che riguardino l’interpretazione del Codice o i suoi stessi regolamenti.

Dico “non obbligatoria” perché in qualsiasi momento le parti possono rivolgersi al giudice ordinario.

Ora, si dà il caso che la Corte di giustizia abbia espresso l’avviso che quando un’autorità nazionale di regolamentazione decide su questioni di accesso o interconnessione, anche se in sede contenziosa, debba notificare la propria decisione alla Commissione ai sensi dell’art. 7 bis della Direttiva quadro.

In perfetta buona fede l’AGCOM, su impulso del commissario Antonio Preto, ha fatto proprio questo: ha notificato un progetto di decisione di una controversia tra un MNO e un MVNO, nella quale decideva la tariffa di terminazione di quest’ultimo in quella terra di nessuno di pochi mesi che precede la qualifica di detentore di significativo potere di mercato (SPM).

Una volta definito titolare di SMP l’operatore è obbligato ad attenersi alle tariffe simmetriche stabilite con analisi di mercato. Ma appunto la controversia non è un surrogato dell’analisi di mercato e la Commissione non sembra averlo afferrato.

Ha infatti aperto una fase II rimproverando all’AGCOM di non aver applicato da subito all’MVNO la tariffa simmetrica, in anticipazione della sua imminente declaratoria come operatore detentore di significativo potere di mercato sul segmento della terminazione mobile.

Ora alla buona fede dovrebbe corrispondere il buon senso.

Il punto è che una controversia non obbligatoria riguardante una tariffa valida per pochi mesi non è assolutamente assimilabile a un procedimento di analisi di mercato. Giustamente pertanto l’AGCOM ha ritenuto di non potere applicare retroattivamente la tariffa di terminazione simmetrica a un periodo nel quale l’MVNO era libero di contrattare secondo lo standard dell’equità e della ragionevolezza.

Il ragionamento non fa una piega e c’è da augurarsi che alla fine persuada anche Bruxelles.

La posta in gioco è alta: proprio perché quella dell’AGCOM non è una giurisdizione obbligatoria, se gli operatori scoprissero che non vanta un minimo di prevedibilità regolamentare finirebbero invariabilmente per rivolgersi al giudice ordinario. Il quale non è tenuto a notificare niente a nessuno.

Scontato il plauso per la solidità argomentativa dell’AGCOM, ci auguriamo pertanto che la Commissione ritorni sui suoi passi vista la portata sistemica della sua decisione.

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