Green bond: numeri e previsioni sulla Finanza sostenibile
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Con un record di collocamenti di oltre 84 miliardi nel mondo, il 2016 ha registrato lo straordinario successo dei green bond, obbligazioni destinate a finanziare progetti ambientali che, fino a tre anni fa, erano considerate prodotti di nicchia.

Oggi, questi prodotti di creazione relativamente recente (10 anni) godono di una crescente popolarità sia fra gli investitori sia fra gli emittenti.

Un settore che, inizialmente, era prerogativa di grandi entità sovranazionali (Banca Mondiale, Bei) oggi interessa le grandi aziende del campo energetico ma anche colossi come Toyota Finance, Edf e TenneT Holding.

La tendenza è destinata ad autoalimentarsi: più cresceranno le emissioni, più il mercato mostrerà un interesse sempre più elevato per i titoli green.

 

Green bond: obbligazioni amiche dell’ambiente

Sono in tutto e per tutto obbligazioni, emissioni di prestiti a scadenza con un loro tasso di mercato, ma l’obiettivo è diverso: lo scopo finale è associato a progetti legati al clima ed all’impatto ambientale.

L’International Capital Markets Association (associazione delle entità operanti sui mercati dei capitali) ha stabilito i 4 principi dei green bond che li rendono, appunto, verdi:

  • uso dei proventi (da destinare in categorie di investimenti predefiniti);
  • valutazione dei progetti con criteri effettivi per la loro validazione;
  • tracciabilità dei proventi con rendiconti separati che consentono di mostrarne chiaramente l’impiego;
  • reporting (divulgazione sull’attività prima e dopo l’emissione).

 

A cosa si deve il successo delle obbligazioni green?

Al di là del rispettabile obiettivo sostenibile e climatico, per loro natura sono meno volatili di altri titoli obbligazionari, perciò attirano l’interesse anche di investitori tradizionali e di lungo termine (come il colossale asset manager Black Rock).

Insomma, chi si chiede se sono rischiosi o poco remunerativi deve necessariamente ricredersi.

Rispetto ai project bond, il rischio del green bond non è legato al successo del progetto sostenibile finanziato ma al merito di credito dell’emittente: in sostanza, se il progetto non va a buon fine, il valore dell’obbligazione verde non viene intaccato se la società che lo ha emesso è solida.

Ciò li rende più sicuri considerando, oltretutto, che il rating delle società emittenti è mediamente superiore allo standard del mercato corporate (AAA 38%, AA 17% e junk bond 3%).

 

A che punto siamo in Italia

Nel nostro Paese, il pioniere è stato il gruppo Hera: nel 2014, l’azienda bolognese ha aperto la strada ai green bond collocando 500 milioni con scadenza decennale ad un tasso del 2,37%.

E’ stata però Enel ad attirare maggiormente l’attenzione del mercato quando, all’inizio del 2017, ha collocato obbligazioni green per 1,25 miliardi a sette anni destinate ad investimenti in tecnologie pulite e rinnovabili: la domanda degli investitori ha sfiorato i 3 miliardi.

L’obbligazione green Enel è quotata anche su ExtraMOT PRO, segmento di Borsa italiana dedicato ai green social bond.

Di recente, il 16 giugno, Intesa Sanpaolo ha lanciato un green bond da 500 milioni di euro raccogliendo ordini per oltre 1,8 miliardi: con questo titolo (un senior unsecured a 5 anni, con guidance iniziale di 95 punti base sopra il midswap) assistiamo alla prima emissione green lanciata da una banca italiana che partecipa al programma Emtn da 70 miliardi di euro destinato a progetti ed iniziative di sostenibilità ambientale e climatica (efficienza energetica ed energie rinnovabili).

Intesa Sanpaolo ha in programma di redigere un Green Bond Report annuale (fino alla scadenza quinquennale del titolo) per tracciare i relativi benefici ambientali.

Lo scorso anno, le erogazioni hanno raggiunto circa 1,7 miliardi di euro mentre, nell’ultimo triennio, ammontano a circa 3,9 miliardi.

 

Il primo green bond emesso dalla Francia

E’ recente l’emissione da parte del governo francese del suo primo green bond: con l’obiettivo iniziale di raccogliere almeno 3 miliardi, considerando la richiesta di ben 23,5 miliardi di euro ha assegnato agli investitori obbligazioni per 7 miliardi.

 

Apple punta sulla Finanza green

Mentre Trump volta le spalle all’Accordo di Parigi, il 15 giugno Apple risponde con l’emissione di un green bond che ha raccolto un miliardo di dollari da destinare alle energie rinnovabili ed all’ambiente.

L’obbligazione green di Apple con scadenza decennale garantisce agli investitori una cedola del 3% mentre lo yield (rapporto tra tasso d’interesse e prezzo di mercato) supera di 82 punti base i titoli di Stato americani a pari scadenza.

I tre maxi progetti prioritari presentati alle autorità da Apple prevedono l’incremento sull’utilizzo delle fonti rinnovabili, efficienza energetica, materiali più sicuri, riciclo, minore dipendenza alle terre rare: punta alla costruzione di nuove centrali solari, idroelettriche ed impianti di biogas in California, Arizona, Nevada, North Carolina ed Oregon.

Si tratta della seconda emissione: il primo green bond targato Apple (a 7 anni e cedola semestrale del 2,85%) è stato emesso a febbraio 2016 e rappresenta l’obbligazione dal valore più elevato tra quelle lanciate da aziende USA raccogliendo 1,5 miliardi di dollari. Ha finanziato 16 progetti tra cui il robot Liam per lo smantellamento e recupero dei componenti riciclabili di iPhone.

La sua intenzione di puntare alla finanza green non passa di certo inosservata: Apple è tra i firmatari di We are still in, iniziativa che urla il suo NO all’uscita degli USA dall’Accordo di Parigi annunciata dal presidente Donald Trump. A tale iniziativa aderiscono altre aziende colossali come Amazon, eBay, Facebook, Google, Microsoft, Allianz, Tesla, Nike.

 

Green bond: i numeri a livello mondiale

Secondo i dati dell’ultimo report di Climate Bonds Initiative, il 2016 si è chiuso con un record di emissioni pari ad oltre 84 miliardi di dollari a livello globale: record destinato ad essere superato considerando che, a metà giugno, il collocamento ha raggiunto 49 miliardi di dollari e la stima supera i 150 miliardi.

Finora, la cifra complessiva delle obbligazioni destinate ai progetti ambientali, sempre secondo Climate Bonds Initiative, ha raggiunto la cifra di 694 miliardi di dollari (96 miliardi in più rispetto al 2015).

I dati di Dealogic rivelano che negli USA sono state emesse obbligazioni green per 4,3 miliardi di dollari nel 2017 contro i 5,4 miliardi registrati nei primi 6 mesi del 2016: a livello mondiale ammontano a 45 miliardi contro i 31 dello stesso periodo registrato lo scorso anno.

 

Le previsioni sulle future emissioni di green bond

Lo studio redatto da Unicredit, a firma di Robert Vielhaber, riporta che, entro fine 2017, i green bond emessi a livello globale dovrebbero superare i 100 miliardi di dollari, specie considerando un’ulteriore crescita in Cina, che nel 2016 ha coperto 30,5 miliardi degli 84 complessivi registrati.

Il sito Renewables Now è ancora più ottimista: nel 2017, il mercato dei green bond potrebbe raggiungere quota 170-200 miliardi di dollari. Questa cifra potrebbe crescere se s’inseriscono le obbligazioni associate alla lotta al cambiamento climatico.

Le cifre previste sono sensibili di cambiamenti ma una cosa è certa: il boom del settore è ancora agli inizi.

Si attendono emissioni nei Paesi del Nord Europa come la Svezia.

In Italia, le utility coprono circa a metà delle emissioni (48%) e crescono i collocamenti da parte degli istituti di credito i cui fondi raccolti vengono destinati al finanziamento dei progetti ambientali.

Si attende il rifinanziamento delle obbligazioni green già emesse dalla Bei in scadenza nel 2019.

Se nel 2017 si stima un’emissione di nuovi bond per almeno 100 miliardi di dollari , nel 2020 questa cifra, in base alle stime di Bmo Global Asset Management, potrebbe raddoppiare.

Considerando l’iniziativa forte e chiara di Apple, l’agenzia di rating Standard&Poor’s è pronta a scommettere su una grande espansione di titoli destinati all’ambiente ed al clima.

 

 

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