Gros Pietro: «Le banche puntano sul risparmio degli italiani»

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Nel presentare e commentare L’indagine 2013 sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, prima di entrare nel dettaglio dei numeri e delle tendenze,Gian Maria Gros Pietro, presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, sottolinea uno snodo fondamentale: che se gli italiani, nonostante la crisi e tutto quello che la crisi ha portato, stanno continuando a fare il loro dovere di avveduti risparmiatori, anche le banche faranno al meglio il loro dovere. Puntare sul risparmio – faticoso, come dimostra la ricerca – e far sì che diventi veicolo di sviluppo. «Il risparmio è un elemento fondamentale della libertà», ha sottolineato infatti Gros Pietro, «perché consente di separare il momento della produzione del reddito dal momento del consumo. Dobbiamo uscire dalla crisi non solo per far ripartire questo strumento di libertà che è il risparmio, ma anche per ridare nuovi orizzonti agli italiani e soprattutto ai giovani». Facendo il mestiere della banca, ovvero «sostenere le attività produttive per la crescita».
Una linea d’indirizzo positiva, sulla spinta di numeri che positivi ancora non sono (nel 2012 solo il 39% delle 1.044 famiglie intervistate è riuscita ad accantonare un risparmio), ma cresce la voglia di ricominciare a pensare al futuro: il 66% del campione vede ancora nel risparmio un obiettivo fondamentale della propria gestione economica domestica. Giunta alla sua 29esima edizione, l’Indagine promossa da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, con il supporto statistico dell’istituto di ricerca Doxa, racconta infatti che rispetto al 2011 qualcosa è cambiato. Che gli italiani ricominciano – pur tra mille difficoltà – a guardare avanti. Cala infatti, se pur di pochissimo (55,6% contro il 59,3% dello scorso anno) il numero di coloro che prevedono per la propria famiglia nel corso del 2013 un aggravamento del reddito corrente, ed emerge, dopo gli scossoni del 2010 e 2011 dovuti alle riforme in atto sul fronte pensionistico, una maggiore propensione a cercare forme integrative di entrate negli investimenti assicurativi e pensionistici per chi comincia a guardare al post-impiego.
«Nel 2012 a preoccupare non erano soltanto il peggioramento delle condizioni reddituali delle famiglie e la conseguente maggior difficoltà di risparmiare. Era, soprattutto, il dramma di una quota crescente di capifamiglia profondamente sfiduciati e sempre meno in grado di guardare con serenità al futuro. La contrazione del reddito disponibile e il deterioramento delle aspettative rendevano praticamente certa la conferma di un quadro recessivo per l’anno in corso», osserva Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo. «Le indicazioni moderatamente positive raccolte da Doxa in febbraio stanno trovando conferma nell’andamento più recente delle variabili economiche. Tra gennaio e marzo, il reddito disponibile reale delle famiglie è tornato a crescere dopo otto trimestri di contrazione, pur rimanendo in calo su base annua. La propensione a risparmiare è aumentata di circa un punto al 9,3%, da un minimo di 7,7% a metà del 2012. Da aprile, il calo dell’inflazione ha riportato in territorio positivo le retribuzioni contrattuali reali, per la prima volta dopo due anni e mezzo. Anche il clima di fiducia dei consumatori evidenzia qualche segnale di ripresa, legato più alle aspettative e alla valutazione della situazione economica nazionale che ai giudizi sul clima corrente e sui bilanci personali degli intervistati, ancora preoccupati delle prospettive del mercato del lavoro».
Ma, stante il fatto che si tratta di risparmi ancora modesti, in che cosa investono gli italiani? L’orientamento prevalente è la ricerca di sicurezza e la grandissima prudenza. L’impiego preferito (o sarebbe meglio dire il non impiego) è stata la liquidità: il 25,4% mantiene liquidi – cioè non investe in nessuna forma – almeno il 50% dei propri averi, «atteggiamento tipico quando non si sa cosa fare», osservano i ricercatori. Ancora troppo limitato il ricorso al risparmio gestito, scelto solo dal 10%, e nonostante il mercato del mattone sia statico se non in vera e propria recessione l’attenzione degli italiani per l’investimento nella casa come bene di accumulo si conferma anche in tempo di crisi (il 32,1% mette lì i propri risparmi; una percentuale che potrebbe essere anche maggiore se non ci fosse il freno dell’eccessiva tassazione sugli immobili).
Molla decisiva per la propensione al risparmio, e anche in questo numero esce il “cuore” degli italiani, è la tutela dei figli, data come prima ragione dal 14,5% degli intervistati, complessivamente è la prima motivazione; al secondo posto, con il 12,7%, si risparmia per integrare la pensione e essere pronti ad affrontare eventuali problemi di salute della vecchiaia: comunque un modo per non gravare sui figli a posteriori….
Quale direzione emerge per il sistema-Paese da questi numeri? Quali le strade da percorrere? De Felice prova a indicare i prossimi step: «Nel breve termine, uno stimolo immediato all’economia potrà essere offerto dall’accelerazione del processo di smaltimento dei debiti arretrati della Pubblica Amministrazione, un retaggio d’inefficienze e, talvolta, di meccanismi clientelari che dovremo presto dimenticare. Parallelamente, dovrà essere riavviata con decisione la stagione delle riforme. Le direzioni d’intervento sono note: il potenziamento delle infrastrutture, la riduzione dei tempi della giustizia civile, l’abbattimento del carico fiscale sulle imprese e sul lavoro, il contenimento del costo dell’energia, la lotta all’evasione e all’elusione fiscale. È un percorso impegnativo, ma indispensabile per riportare stabilmente l’economia sul sentiero dello sviluppo».
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