Guai in vista per la privatizzazione delle Poste

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Solo due giorni fa l’Autorità per le Comunicazioni (Agcom) ha dato il via libera alla riforma proposta dall’amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio, ma da Bruxelles è già arrivata una lettera che mette in dubbio la legalità di uno dei suoi tasselli: il taglio della consegna della posta. Lettere e cartoline secondo il nuovo piano non verranno più recapitate tutti i giorni, come il servizio universale ha sempre previsto, ma ogni quarantotto ore sul 25% del territorio. Una misura giustificata dall’ad con la necessità di risparmiare su un servizio che, anche a causa dell’avvento delle e-mail, ha provocato alle Poste un calo dei ricavi di 300 milioni di euro.
La sforbiciata – insieme al taglio di 455 sportelli e all’aumento delle tariffe – è uno dei punti cardine del piano di risparmi messo nero su bianco da Caio per aggiustare i conti di Poste in vista della privatizzazione. Lo ha spiegato direttamente Caio in un’intervista pubblicata lo scorso venerdì dal Sole 24 Ore, lo stesso giorno in cui è arrivato il via libera dell’Agcom: la riforma del «settore recapiti è essenziale non solo per la privatizzazione, ma per la sostenibilità del business », ha affermato l’amministratore delegato.
Ebbene, la decisione di non portare più la posta in 4mila comuni italiani, escludendo dal servizio quotidiano circa 15 milioni di italiani, a Bruxelles non piace affatto. E la Commissione europea lo ha fatto sapere all’Agcom esattamente un giorno prima che questa approvasse (con la sola astensione del consigliere Antonio Preto) la misura dando il via alla consultazione pubblica di 30 giorni al termine del quale, se non ci saranno intoppi, il piano entrerebbe in vigore.
Ma difficilmente tutto andrà liscio, con l’esecutivo comunitario che ha scritto chiaramente che se il servizio giornaliero non sarà ripristinato l’Italia, e dunque le Poste, andranno incontro a una procedura di infrazione europea per violazione della Direttiva sui Servizi Postali. Un intralcio difficilmente superabile per Caio, determinato a quotare le Poste entro il 2015.
«Il servizio di posta universale – ricorda la Commissione europea nella lettera indirizzata all’Agcom – garantisce una consegna all’abitazione o alla sede di ogni persona naturale o giuridica ogni giorno lavorativo». Un obbligo, sottolinea Bruxelles, confermato nel 2008 quando le email avevano già impattato sul business postale proprio perché non si tratta di un servizio di mercato ma di un obbligo universale necessario «a garantire il diritto alla comunicazione tra cittadini e per assicurare la coesione sociale e territoriale in tutti i paesi dell’Unione».
La Commissione europea ricorda che si può derogare al servizio universale solo «in circostanze o situazioni geografiche eccezionali» molto limitate. Ad esempio, deroghe a una fetta di popolazione superiore all’1% sono state permesse solo alla Grecia vista l’impossibilità fisica di servire ogni giorno tutte le sue isole. E comunque nel caso ellenico si tratta di un’eccezione che tocca appena il 6,8% della popolazione, non il 25% come avverrebbe in Italia. Per questo la Commissione ribadisce che «la possibilità di derogare a questo obbligo deve rimanere limitata a circostanze e condizioni geografiche eccezionali e non deve essere applicata come eccezione ampia e generalizzata ». E conclude chiedendo all’Agcom di inviarle «una valutazione più dettagliata delle circostanze che potrebbero giustificare queste eccezioni». Un linguaggio felpato che si addice a una comunicazione tra Bruxelles e un’Autority nazionale per dire che o la norma sarà cambiata, oppure verrà bloccata da unaprocedura d’infrazione.
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