Il papello di Ligresti non è un patto

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Il papello contenente i desiderata di Salvatore Ligresti e dei suoi figli nell’ambito della cessione del gruppo Premafin-FonSai a Unipol e sul quale l’amministratore delegato diMediobanca Alberto Nagel ha apposto la propria sigla, non può essere «considerato un diritto di credito» della famiglia nei confronti della banca d’affari e di altri soggetti e «a ben vedere, nemmeno un diritto contenzioso». È quanto ha stabilito il giudice civile di Milano Angelo Mambriani nel provvedimento con cui ha disposto il sequestro di 120 milioni di euro a Salvatore, Giulia e Jonella Ligresti e a due ex manager di FonSai, Antonio Talarico e Fausto Marchionni, accogliendo in modo parziale la richiesta avanzata dal commissario ad acta del gruppo assicurativo, Matteo Caratozzolo, e promossa dalla nuova FonSai targataUnipol. I legali dei Ligresti nell’ambito del procedimento civile si erano opposti alla richiesta di sequestro di circa 440 milioni, offrendo in garanzia i presunti impegni offerti daMediobanca e contenuti nel cosiddetto papello in cui sarebbero stati offerti alla famiglia 45 milioni come buonuscita dal gruppo. La decisione del giudice, che ha sciolto la riserva dopo quasi due mesi dall’udienza del 22 ottobre, è importante anche perché per la prima volta un tribunale si esprime sulla validità del papello. Il giudice ha comunque ritenuto solo in parte esistenti le esigenze del commissario, accogliendo invece alcune delle eccezioni opposte dall’avvocato di Jonella Ligresti, Marco Benito Salomone, secondo il quale si possono sequestrare solo le somme già indicate come danno nella causa principale: in questo caso 120 milioni circa e non i 440 vantati. La decisione è importante anche per la valutazione data dal tribunale all’altro punto contestato dai Ligresti: la manleva. Secondo il giudice questa è inefficace rispetto al sequestro

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