«In Carige è l’ora di nuovi soci stabili»

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«Ci auguriamo che alla fine dell’aumento di capitale si possa creare un nucleo di azionisti decisi a supportare la banca nel suo percorso di sviluppo. Anche insieme alla Fondazione, naturalmente». Il primo appuntamento in agenda è la ricapitalizzazione da 800 milioni, che «partirà nella seconda metà di giugno», ma in Carige il presidente Cesare Castelbarco e l’ad Piero Montani già pensano al dopo. Alla banca che verrà, «forse un po’ più piccola, ma molto più efficiente di oggi» grazie alla riorganizzazione delle strutture centrali e soprattutto della rete, ma anche agli azionisti che l’accompagneranno.
La Fondazione? «Senz’altro, ma non solo», dicono Castelbarco e Montani, alla loro prima intervista dopo il varo del maxi-cantiere del nuovo piano industriale. L’ente (si veda l’altro articolo in pagina) oggi in base agli ultimi dati Consob ha in mano il 46% della banca, ma ha chiesto al Mef l’autorizzazione a cedere fino al 6% per fare cassa e senz’altro in fase di aumento è destinato a diluirsi. Di qui la prospettiva di nuovi ingressi: magari parte dei 66 fondi che Montani nei giorni scorsi ha incontrato nel suo road show londinese, ai quali potrebbe anche aggiungersi qualche investitore italiano. Come Andrea C. Bonomi («Non mi dispiacerebbe», ammette Montani) o qualche altro esponente delle grandi famiglie genovesi (si è già fatto il nome dei Malacalza, ma non è il solo), ambiente che Castelbarco conosce da vicino: «L’interesse c’è, vedremo», ammette il presidente.
Sta di fatto che il vertice si dice «ottimista» sull’aumento in rampa di lancio. E non solo perché il clima sui mercati almeno per ora sembra positivo: «Qui non si parla soltanto del piano industriale di una banca, ma dell’occasione per avviare una fase di rilancio per tutta la Liguria», dicono Castelbarco e Montani. Una vera e propria «ambizione strategica» che, dicono i due al vertice di Carige, «sarà compresa e condivisa dal territorio».
Intanto, si lavora sulle azioni del piano, che al 2018 punta a 219 milioni di utile (dopo le perdite da 1,7 miliardi del 2013), per un rote del 9 per cento. L’aumento, «ci darà le risorse per tornare a crescere», poi si procederà con la riorganizzazione del gruppo. Che «vedrà fusa la neonata Carige Italia nella capogruppo nel 2014» (successivamente non è esclusa, nell’arco di piano, l’integrazione delle Casse di Carrara e Savona e della Banca del Monte di Lucca), mentre «Banca Cesare Ponti diventerà il polo del private banking, da cui ci si attendono contributi importanti sul fronte delle commissioni», spiega Montani. Varata la nuova organizzazione delle prime linee, con quattro figure apicali (un cfo, un coo, cro e un responsabile prodotto) al posto dei due condirettori generali e del vice direttore generale, ora ci si concentrerà sulla rete: più della chiusura delle 80-90 filiali, a liberare risorse sarà la riorganizzazione secondo il modello hub & spoke, che «vedrà alcune filiali “alleggerite” delle attività di cassa» e metterà a disposizione del gruppo 400 persone, attuali direttori di filiali, che saranno riposizionati sull’attività commerciale.
Capitolo a parte, le assicurazioni, che valgono 90 punti base ai fini del Common equity tier 1 di Basilea 3. Con l’aumento cash portato a 800 milioni, la cessione non è più un’urgenza, ma «speriamo di chiudere entro la fine del 2014», dice Castelbarco. D’altronde, con la chiusura dell’ispezione Ivass, i 92 milioni di ricapitalizzazione effettuati nel 2013 dalla capogruppo, la nuova valutazione commissionata a un esperto indipendente, «le condizioni sono radicalmente mutate rispetto a un anno fa». E gli interessati, si apprende, non mancano: una decina sarebbero i soggetti transitati per la data room, e di questi almeno tre starebbero valutando un’offerta non vincolante. Un buon segno, se accadrà. «Intanto, noi stiamo facendo tutto il necessario per riportare in sicurezza il gruppo», concludono Castelbarco e Montani. E una volta risanata, che accadrà a Carige in un mercato che in molti danno alla vigilia di un grande riassetto? «L’idea, in effetti, è quella. Noi vogliamo mettere la banca in condizione di giocare un ruolo da protagonisti».

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