In mezzo a mille polemiche il Jobs Act è arrivato in porto
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E nell’ampio scenario di cambiamenti, c’è spazio anche per le novità che toccheranno da vicino i professionisti che dovranno gestire il nuovo quadro normativo. I decreti legislativi di riforma del lavoro prevedono infatti diverse novità che vedono coinvolti consulenti del lavoro ed avvocati nel ruolo di assistenza delle aziende e dei dipendenti.
Oltre alla tipica attività professionale e di consulenza, sono chiamati a svolgere anche la funzione di garanzia e legittimità di taluni istituti e ad occuparsi dell’assistenza delle parti.
«Il legislatore ha voluto ancora una volta riaffermare la centralità di un professionista terzo nel rapporto di lavoro — spiega Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro —. Un riconoscimento che premia l’impegno dei 28 mila consulenti da sempre in prima fila nell’attuare le riforme del lavoro con senso di responsabilità».
Tutele crescenti
L’articolo 6 del nuovo testo, per esempio, ha introdotto l’offerta di conciliazione nel caso di licenziamento di lavoratori assunti dal 7 marzo 2015. L’obiettivo è quello di evitare che tra le parti possa insorgere una lite che si trascini in Tribunale. A tal fine è previsto che il datore di lavoro possa offrire al dipendente un indennizzo pari a una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio fino a un massimo di diciotto. Con l’accettazione della somma, che è esente sia ai fini fiscali sia previdenziali, non sarà più possibile impugnare il licenziamento. Per garantire la genuinità e consapevolezza delle conseguenze della scelta, è previsto che la conciliazione debba essere conclusa esclusivamente presso una delle sedi cosiddette «protette» (consulenti del lavoro, avvocati, conciliatori).
Collaborazioni
In compenso il decreto sulla disciplina dei contratti di lavoro e revisione delle mansioni prevede all’articolo 2 l’abrogazione del contratto a progetto e l’applicabilità, dal 2016, della disciplina del lavoro subordinato a tutte quelle prestazioni personali e continuative che siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
La finalità è quella di superare gli abusi che scaturivano da questo tipo di contratti che spesso sfociavano in cause di lavoro. Le nuove norme non porteranno alla cancellazione delle collaborazioni effettivamente autonome, ma dovrebbero consentirne la stipula, legittimandole, solo a quelle effettivamente autonome. A verificarne la genuinità sono chiamati avvocati e consulenti del lavoro, i quali possono certificare l’assenza dei requisiti che invaliderebbero l’autonomia del rapporto di lavoro.
Mansioni
L’articolo 3 del decreto numero 81, contenuto nel Jobs Act, invece, ha introdotto e regolato il cosiddetto «patto di demansionamento» che è consentito in uno dei seguenti casi: conservazione dell’occupazione; acquisizione di una diversa professionalità; miglioramento delle condizioni di vita.
Si tratta di un accordo dal quale consegue la modifica delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione. Questo demansionamento è consentito nell’interesse del lavoratore e deve essere stipulato presso le Commissioni di certificazione. Anche in questo caso è consentito al dipendente di farsi assistere da un consulente del lavoro o da un avvocato nel corso del procedimento di certificazione.
Part time
Infine l’articolo 6 del decreto vede in prima linea le commissioni di certificazione, questa volta nella stipula della clausola elastica del contratto part time. Si tratta della possibilità di modificare per il datore l’orario stabilito nell’accordo individuale.
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